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Cosa ci insegna 'Game of Thrones' sul negazionismo climatico

La frustrazione di Samwell Tarly nell'ultimo episodio della serie ha un che di familiare.
Giulia Trincardi
Milan, IT
Immagine via HBO

ATTENZIONE: Questo articolo contiene spoiler relativi al quinto episodio della settima stagione di Game of Thrones, "Eastwatch."

La settima stagione di Game of Thrones è ormai a due episodi dalla conclusione e ognuno dei personaggi principali si sta preparando a quello che crede essere lo scontro decisivo — con l'unica differenza che per alcuni si tratta ancora di questioni prettamente politiche, per altri di sopravvivenza del genere umano tout court.

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Ma tra tutti i conflitti che la serie ha sviluppato nel corso degli anni e che stanno arrivando al proprio culmine nella stagione presente, nessuno appare concreto e verosimile come la difficoltà dell'apprendista Maestro Samwell Tarly nel convincere chi lo circonda — i grandi sapienti della Citadel e, di riflesso, le potenze politiche di Westeros — del cataclisma infernale che sta per abbattersi su tutto il regno.

A differenza di altri personaggi fondamentali alla narrazione — come Jon Snow, Arya Stark o Daenerys Targaryen, tutti dotati di poteri sovrannaturali — Samwell ha una capacità d'azione che è limitata al proprio intelletto e, di conseguenza, molto più simili alla nostra. Gli esseri umani che non appartengono al mondo fantasy creato da George R.R. Martin non cavalcano draghi, non fanno scampagnate telepatiche a bordo di stormi di corvi, non indossano maschere fatte di facce umane. Ci sono svariate parti di Game of Thrones che possiamo amare, ma con cui non possiamo — per ovvie ragioni — relazionarci. E va bene così.

Ma Samwell ha più in comune con un intero gruppo di persone a questo mondo di quanto abbia con i suoi compagni: ovvero, la frustrazione che prova nel doversi interfacciare con una classe dirigente che insiste a ignorare i dati e l'esperienza specifica che le viene sottoposta. Per gli scienziati che studiano il clima e i suoi cambiamenti si tratta di una costante quotidiana ben comprensibile.

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Ma cosa c'entra uno dei personaggi minori di una serie ambientata in un mondo di fantasia con chi combatte il negazionismo climatico sul pianeta Terra? Facciamo un passo indietro.

Qualche tempo fa, il sito Vox ha pubblicato un video in cui elaborava una teoria particolare, secondo cui Game of Thrones può essere interpretato come una metafora del cambiamento climatico. I paralleli, a ben vedere, ci sono tutti, spiega il video: l'arrivo del lungo inverno nella serie è un evento climatico di proporzioni catastrofiche, che mette a repentaglio la sopravvivenza della civiltà umana, mentre grossa parte delle potenze politiche si rifiuta di riconoscerlo o affrontarlo propriamente.

Certo, nella serie l'apocalisse climatica si presenta anche nella forma corporea di un esercito di soldati di ghiaccio inumani, mentre il cambiamento climatico con cui abbiamo a che fare sul nostro pianeta è, al contrario, legato soprattutto a un aumento delle temperature globali. Ma una conseguenza assodata di questi mutamenti è anche l'asprirsi generale di svariati fenomeni atmosferici, tra cui tempeste, tifoni, innondazioni, incendi e picchi di freddo estremo — tutto perché, di base, stiamo fottendo alla grande l'equilibrio climatico funzionale del pianeta.

Samwell Tarly è come un ricercatore che ha appena passato mesi a fare lavoro sul campo, che torna a casa solo per trovare eletto un presidente determinato a buttare ai rovi decenni di ricerca scientifica

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In Game of Thrones, Samwell Tarly è l'erede ripudiato della casata nobile Tarly. Ha passato le precedenti sei stagioni al fianco di Jon Snow a congelarsi il culo sulla colossale barriera a nord di Winterfell costruita per tenere lontano dal mondo civilizzato (si fa per dire) popoli selvaggi e zombie. Alla fine della stagione precedente, Sam è stato congedato dal suo compito e dal suo voto come Corvo, per essere spedito a Oldtown con la speranza di trovare, tra i tomi custoditi dall'ordine dei Maestri, qualche informazione utile su come sbrinare una volta per tutte l'orda di non-morti che incombe su Westeros.

Ma come capita a molti neo ricercatori (o, più genericamente, a chi inizia un nuovo lavoro), Sam ha dovuto rimandare le proprie ricerche per gestire le valanghe di merda — in senso letterale e non —, assegnate al poveretto dai membri più anziani dell'accademia. Sam è come uno stagista il cui entusiasmo e ideali vengono rapidamente delusi dalla realtà banale del proprio incarico.

Nella puntata andata in onda lunedì scorso e intitolata "Eastwatch," Samwell cerca per l'ennesima volta — all'arrivo di un messaggio d'allarme da Winterfell — di convincere i suoi superiori a prendere sul serio la minaccia incombente.

Dopo aver confermato la validità della fonte dell'informazione appena giunta e ribadito la propria esperienza diretta oltre la barriera, si appella alla responsabilità morale della classe dei Maestri e al forte ascendente che esercita sui signori di Westeros: "chiunque a Westeros si fida di voi e vi rispetta," dice il personaggio. "Se spiegate alle persone che la minaccia è reale, ci crederanno. Se consigliate a tutti i potenti di inviare i loro uomini a nord per proteggere la barriera, lo faranno." Ma la sua preghiera viene rimbalzata da un muro di scetticismo. L'allarme potrebbe essere falso, in fondo, gli rispondono.

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Samwell Tarly, in pratica, non è molto diverso da un ricercatore che ha appena passato mesi (anni) a fare lavoro sul campo piantando sonde nel permafrost artico in disgelo o a monitorare con gli Inuit il ghiaccio pericolosamente sottile nel Canada del nord, che torna a casa solo per trovare eletto un presidente determinato a buttare ai rovi decenni di ricerca scientifica e che crede che l'oggetto della preoccupazione di molti sia solo una beffa ordita da un governo nemico — "potrebbe essere un trucco ordito dalla madre dei draghi," dicono i Maestri a Sam.

Se è vero che la quasi totalità della comunità scientifica è concorde nel riconoscere la gravità del cambiamento climatico causato dall'uomo e la necessità di studi e interventi concreti — per cui, se non altro, i Samwell del mondo reale non sono soli quanto il personaggio di finzione —, esiste un apparato più ampio e ramificato legato piuttosto al mondo dell'informazione, dell'educazione e della politica che rimanda il problema del cambiamento globale, lo sottovaluta o ne mette in dubbio i dati, seppellendo qualsiasi possibilità d'azione — per ridurre le emissioni, l'uso di carburanti fossili, la produzione di rifiuti — sotto un fitto strato di burocrazia e incostanza ideologica.

Alla fine della quinta puntata, Samwell decide di abbandonare i saggi di Oldtown per rendersi concretamente utile alla battaglia in arrivo. Ma prima di trafugare un paio di manuali dalla biblioteca e fuggire nel cuore della notte, si abbandona a uno sfogo di frustrazione con la compagna Gilly: evidentemente, le dice, a nessuno importa che il genere umano si estingua, purché rimanga memoria, in qualche libro, di ognuna delle 15.782 merde depositate da un alto sacerdote nel corso della sua vita.

La questione è capire quali sono le vere priorità, insomma, tanto per il mondo di Westeros nel dover affrontare un'orda di cadaveri congelati ambulanti, quanto per quello reale nel prendere provvedimenti contro il cambiamento climatico e smettere di negarne la realtà urgente.

L'unica differenza è che noi non disponiamo di draghi giganti che risolvano il problema al nostro posto.