Salute

Ho il disturbo dell'eccitazione sessuale persistente. Ecco in cosa consiste

Il PGAD provoca nei genitali uno stato di eccitazione del tutto indipendente dalla stimolazione sessuale.
Persistent Genital Arousal Disorder
Fabio Formaggio / EyeEm

Attenzione: questo articolo comprende riferimenti all’autolesionismo e al suicidio. Se tu o qualcuno che conosci è a rischio e ha bisogno di aiuto, contatta il Telefono Amico allo 02 2327 2327.

Il disturbo dell'eccitazione sessuale persistente (PGAD, o Persistent Genital Arousal Disorder) è una patologia che provoca nei genitali uno stato di eccitazione del tutto indipendente dalla stimolazione sessuale. Purtroppo, di solito questa condizione viene fraintesa, distorta e mal rappresentata sui media, dove viene illustrata e connotata con titoli da clickbait dedicati a donne dipinte come stranezze o tacciate di ninfomania.

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Tuttavia, come è facile immaginare, non c’è niente di divertente o erotico nell’eccitazione senza desiderio. Anche perché, quando si è eccitati troppo a lungo, quelle sensazioni finiscono per ribaltarsi e trasformarsi in una sorta di dolore caratterizzato da formicolio e prurito, bruciori e palpitazioni. La sofferenza, l’angoscia e il disagio sono proprio alcuni dei criteri e dei fattori utilizzati per diagnosticare questo tipo di patologia.

Alcune persone che hanno questo disturbo si masturbano o fanno sesso relativamente di frequente—ma non per una forma di ipersessualità. Al contrario, tentano di trovare un po’ di sollievo dai propri sintomi. Gli orgasmi però non risolvono quasi mai il problema per più di qualche minuto, e possono persino peggiorare le sensazioni provate. Alla fine, chi ha la PGAD inizia ad associare l’eccitazione e gli stimoli sessuali al dolore e alla paura, e molte volte finisce per evitare in toto di fare sesso.

La medicina ufficiale è riuscita a definire la malattia solo vent’anni fa, e tra l’altro non c’è un consenso unanime riguardo a quanto sia comune, cosa la provochi e come possa essere curata. Potrebbe trattarsi di un insieme di sintomi causati da diverse e distinte problematiche nascoste, ognuna delle quali potrebbe richiedere un approccio e un trattamento differenti e unici.

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La qual cosa in effetti spiegherebbe perché le persone hanno esperienze che variano anche drasticamente—c’è chi ha sintomi ben evidenti e chi riacutizzazioni periodiche, chi ha orgasmi spontanei e chi non riesce più a venire, chi lo riscontra solo nei genitali e chi anche nell’ano, nel seno o in tutta la zona pelvica. Tanto più che alcune persone, nonostante tutto, riescono a vivere la propria vita, mentre altre provano così tanto stress e dolore da ritrovarsi, dal punto di vista funzionale, con una condizione effettiva di disabilità.

Persino quando il personale medico è informato e aggiornato risulta molto complicato riuscire a trovare un’assistenza o una cura efficaci. Figurarsi poi quando si considera che la maggior parte dei dottori non ne sa niente, o addirittura risulta essere palesemente sprezzante con chi cerca un aiuto.

Questa mancanza di riconoscimento e di rispetto spesso contribuisce al senso di isolamento generale, alla stigmatizzazione e allo sconforto, aggiungendosi così ai sintomi fisici e finendo per scatenare o aumentare l’ansia e la depressione. La ricaduta sulla salute mentale può avere conseguenze molto serie anche sulle relazioni intime e personali.

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Nell’ultimo decennio, queste persone hanno formato gruppi di supporto online per combattere proprio il senso di solitudine, nonché per condividere nuove ricerche, esperienze o nomi di professionisti che conoscono la malattia e la trattano con il dovuto rispetto. In più, cercano di fare pressione affinché la condizione venga adeguatamente studiata e considerata.

Di recente, per esempio, hanno cercato di cambiare la definizione in favore di “disestesia genitopelvica,” che secondo loro comunica in maniera più efficace il tipo di disturbo medico ed evita l’eroticizzazione e una connotazione errata—ad esempio, sottolinea che non si tratta di una condizione piacevole o auspicabile. Alcune persone hanno anche condiviso pubblicamente le proprie storie, benché restino casi rari e isolati.

Ne abbiamo parlato con Selena*, diagnosticata PGAD diversi anni fa, e con suo marito Greg.

I nomi sono stati cambiati su richiesta, per proteggere la privacy delle persone intervistate. L’intervista è stata editata e ridotta per chiarezza.


Selena:  Una notte di molti anni fa sono andata a letto sentendomi bene. Poi mi sono risvegliata con un senso di eccitazione davvero fortissimo, una sensazione individuabile soprattutto al clitoride, e in particolare nel lato destro. Mi sembrava di trovarmi nel momento immediatamente precedente all’orgasmo. Non capivo cosa stesse succedendo.

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Mi sono infilata in doccia per cercare un po’ di sollievo. Dopo l’orgasmo, però, non è successo niente. Anzi, la sensazione è persino peggiorata. Ho provato 15, forse 20 volte, ma i vari orgasmi non hanno mi mai aiutata né hanno alleggerito la sensazione. In questi casi l’impulso a masturbarsi è intensissimo, ma di fatto è una specie di trappola.

Allora ho provato a usare del ghiaccio per fermare la sensazione, nonché dei cerotti di lidocaina che utilizzavo per il dolore alla schiena. Ma non mi sono stati d’aiuto. La sensazione continuava a essere implacabile e incessante. M’impediva di dormire e alla fin fine mi è rimasto solo il pianto.

Greg: Sapevo che Selena provava del malessere, ma all’inizio non mi ha rivelato di cosa si trattasse. Quindi non ci capivo granché.

Selena: Non sono credente, ma sono cresciuta in un ambiente fortemente religioso. Ho interiorizzato un sacco di senso di vergogna nei confronti di qualsiasi cosa abbia a che fare con il sesso e i genitali, e mi ha reso difficile parlarne.

Greg: Ho provato a chiederle cosa potessi fare per aiutarla e a farle avere tutto quello che mi chiedeva. Mi sono limitato a essere presente e a cercare di capire cosa stava succedendo.

Selena: Dopo diversi giorni in queste condizioni, senza mai una pausa, ho deciso di andare da un dottore. Mi ha risposto ridendomi in faccia e dicendomi che mio marito era un uomo fortunato, per poi aggiungere che avrebbe voluto anche sua moglie si beccasse quello che avevo io. Poi si è fatto serio e ha affermato che non avrei dovuto lavorare coi bambini, che ero un pericolo per loro. Ovviamente, non sono mai più tornata da quel dottore. In effetti, dopo quell’episodio, non ho più voluto farmi visitare da un uomo. È stata un’esperienza traumatizzante.

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Dopo qualche altro giorno con questa costante sintomatologia, ho seriamente considerato l’ipotesi di mutilare i miei genitali con un paio di forbici e ho indagato sulla possibilità di un suicidio medico assistito. Non avevo in realtà alcuna intenzione di morire, ma non volevo nemmeno vivere in queste condizioni. Da allora, ho scoperto che il suicidio è molto comune tra le persone che hanno questa malattia.

Greg: Non so quando Selena ha cominciato a spiegarmi la situazione. Ma quando ha iniziato a parlare di suicidio assistito ho capito la misura della sua sofferenza.

Selena: Due settimane dopo questa terribile esperienza mi sono fatta forza e ho chiamato una dottoressa. Nemmeno lei aveva mai sentito parlare di questo problema, ma mi ha promesso di trovare una persona adatta e che non avrei più dovuto subire simili umiliazioni. Tre giorni dopo mi ha richiamato e mi ha fornito un contatto utile. È stato allora che ho iniziato a parlarne con più franchezza insieme a Greg, raccontandogli quel che provavo, e dove lo provavo.

Greg: Sì, anche grazie al fatto che con l’aiuto medico è stato possibile spiegare quel che stava succedendo con dovizia di particolari.

Selena: Alla fine mi sono ritrovata con tre diverse persone che lavoravano in team. Ci sono voluti mesi, e hanno dovuto fare i salti mortali per accertarsi che la mia assicurazione coprisse tutti i costi. Ma alla fine sono riusciti a identificare la causa scatenante: l’uso prolungato di due antibiotici della classe dei fluorochinoloni, Cipro e Levaquin

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Greg: L’anno prima Selena aveva avuto delle diverticoliti e aveva passato due settimane non consecutive a sottoporsi a dosi di questi medicinali per via endovenosa. Dopo l’operazione le erano stati nuovamente somministrati per diversi giorni.

Selena: Il dottore che si era fatto beffe del mio problema aveva anche l’abitudine di prescrivere Cipro come fossero caramelle. Mi sono resa conto di aver avuto vari sintomi ed effetti collaterali derivanti dall’abuso di questi farmaci, come ad esempio la rottura del tendine, il deterioramento della visione, ascessi ai denti.

Mi è stato spiegato che i medicinali avevano distrutto la guaina mielinica che circonda il nervo pudendo, e in sostanza i miei nervi erano perennemente in fiamme.

Mi hanno prescritto la neurostimolazione midollare, alcuni farmaci, e mi hanno detto di utilizzare la lidocaina per uso topico per attenuare i miei sintomi. Ho cominciato a fare terapia riguardante il pavimento pelvico, in considerazione degli spasmi e delle contratture. Inoltre, ora non posso indossare vestiti troppo aderenti o andare in bicicletta, perché si tratta di cose che stimolano l’area pelvica e scatenano le fiammate. Greg mi ha aiutato a trovare un cuscinetto in gelatina che riduce il rischio di scatenare i sintomi mentre sono alla guida o rimango seduta per lunghi periodi. 

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Alla fin fine mi ci sono voluti otto mesi per trovare il giusto mix per passare da un 10 sulla scala del dolore a un gestibile 2. I dottori dicono che probabilmente dovrò convivere con la malattia per il resto dei miei giorni. Ma ora posso tenerla sotto controllo.

Tanto più che durante questo lungo periodo ero così concentrata sul dolore, e sul provare a fermarlo, da non pensare alle conseguenze sulla mia relazione con Greg e la nostra vita sessuale. Io sono una persona molto passionale, e prima che cominciasse tutto questo adoravo fare l’amore con lui. Quindi, appena i miei disturbi hanno cominciato a migliorare, ho ricominciato a pensare alla nostra intimità. A un certo punto abbiamo deciso di provare a fare sesso, ma io ero talmente terrorizzata all’idea che gli stimoli scatenassero di nuovo il dolore da non fare altro che starmene lì, rigida e distesa. Greg chiaramente se ne è accorto.

Greg: Mi sono sentito di dover prestare massima attenzione per non stimolarla troppo o più del necessario. Ma non è facile fare sesso con una persona in questo modo. In più, notavo le sue smorfie…

Selena: Per dirla brutalmente, a Greg deve essere sembrato come se mi stesse violentando. Non è stato un granché per nessuno di noi due.

Sono così tanto terrorizzata dal peggioramento della mia condizione da non riuscire a sopportare di essere toccata. Possiamo baciarci o coccolarci, ma non voglio mi sfiori il seno, né una mano tra le gambe o altro del genere. Questa malattia ha del tutto distrutto la mia capacità di trovarmi in intimità con mio marito, un uomo che amo profondamente.

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Ho imparato che posso fare a meno degli orgasmi nella mia vita, tuttavia prima avevamo una stupenda vita sessuale. Quando mi sono resa conto che non avrei più potuto fare sesso come eravamo abituati, la cosa mi ha sconvolta. E ho scoperto che per me l’idea di Greg che si masturba da solo nella doccia è quasi ributtante. Voglio ancora far parte della sua vita sessuale, in qualche modo.

Ne ho parlato con la straordinaria dottoressa che mi aiutato a trovare la cura. Le ho fatto presente che il sesso orale è fuori questione perché, be’… Greg è molto ben dotato, da film porno per intenderci. Ci abbiamo già provato in passato ma è semplicemente impraticabile per noi. Alla fine mi ha suggerito di comprare una vagina artificiale e il lubrificante.

Ora, quando vogliamo ricreare quella sensazione di intimità, mi avvicino a Greg, lui mi abbraccia e io uso la vagina artificiale. Non è una situazione perfetta o ideale, ma ci permette di avere una forma d’intimità senza essere terrorizzati dalla mia malattia. Mi sento molto fortunata, nonostante tutto, perché so che questo tremendo disturbo ha distrutto la vita e le relazioni di molte persone. Sono fortunata ad avere un compagno devoto, comprensivo e affezionato. So che mi accompagnerà per tutto il tragitto, e che è disponibile a sopportare qualsiasi cosa. Una vera roccia.

Greg: Immagino di essere bravo ad accettare le cose per quello che sono e a gestire e affrontare i problemi quando si presentano. Il mondo è quel che è. Se succede qualcosa, bisogna trovare il modo di adattarsi.

Selena: Vorrei soltanto non si stigmatizzasse così tanto questa malattia, in maniera da poterne parlare con più franchezza senza doversi scontrare con pregiudizi degli altri, la visione religiosa altrui, o simili. Se avessi il cancro mi sentirei libera di parlarne. Dato che qui si tratta di clitoride, invece, mi sento costretta a usare un nome falso per poter avere questa conversazione.

Greg: Sì, sarebbe fantastico poterne parlare di più e con altre persone, in maniera da avere altre idee e opinioni sul come gestirla.

Selena: Qualche anno fa ho trovato un gruppo di supporto su Facebook, che almeno mi ha aiutato a capire che non ero da sola—un problema comune per chi ha questa malattia. Tuttavia, il nostro gruppo era forzatamente un segreto e costretto a filtrare le domande d’iscrizione, visto che sin troppe persone banalizzano il problema e considerano sexy questa condizione. Pensano che siamo semplicemente alla ricerca di sesso, o che ne abbiamo bisogno per stare meglio.