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Illustrazione di Juta.
Salute

Prima avevo una vita normale—poi ho iniziato a soffrire di mal di testa cronico

La mia emicrania cronica è principalmente di origine ormonale e genetica. Non c'è una cura definitiva, ma dopo sette anni la gestisco così.
Alessandro Pilo
Budapest, HU

Secondo una ricerca condotta dal Censis nel 2019, l’emicrania colpisce circa l’11,6 percento della popolazione italiana, soprattutto donne nell’età giovane-adulta. Se moltissimi sottovalutano la patologia e aspettano a lungo prima di rivolgersi a un professionista, come spiega Innocenzo Rainero, professore di Neurologia all’Università di Torino, “sappiamo oggi che esiste un cosiddetto 'cervello emicranico', ovvero un cervello ipersensibile alle variazioni esterne ed interne al nostro organismo. In questi individui i cicli del sonno, l’alimentazione, l’attività fisica, lo stress e le variazioni ormonali possono portare a degli attacchi. In più entrano in gioco i fattori genetici.”

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Anche se è stata dimostrata l’efficacia di nuovi farmaci progettati per colpire una proteina che si è rivelata essere responsabile di questo dolore, non esiste attualmente una cura definitiva. Per questo l'approccio degli esperti è fondamentale, e la sensibilizzazione mai sufficiente. “Quando il ricorso al medico di famiglia non offre benefici, è consigliabile rivolgersi a un Centro Cefalee, dove lavorano professionisti dedicati specificatamente alla diagnosi e alla cura di queste patologie,” suggerisce Rainero. Da emicrania costante o ad andamento quotidiano (secondo l'esperto uno stato invalidante che riguarda quasi il 2 percento della popolazione generale), questi possono intervenire per provare a farla regredire a una condizione episodica, fatta di attacchi sporadici.

Ma per capire davvero come cambia la vita quando soffri di emicrania cronica, abbiamo raccolto la testimonianza di Rita* (nome di fantasia), dottoranda in Media Studies. Ha iniziato a soffrirne sette anni fa, e da allora le sue giornate e la sua vita sociale sono cambiate drasticamente.

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Ho iniziato a soffrire di emicrania cronica nel 2013, all’età di 27 anni. Rimasi quattro giorni a letto, per farla passare prendevo ibuprofene e aspirina come se fossero caramelle, ovviamente senza risultato. Alla fine della giornata mi addormentavo stremata, anche se non mi ero mossa dalla mia camera.

All’inizio provai a resistere, non volevo accettare che fosse ormai un problema cronico, ma quando arrivava il mal di testa buttavo via giorni interi. Mi rassegnai ad andare da un medico che mi prescrisse il mio primo antidolorifico d’emergenza. Era meraviglioso ottenere finalmente un sollievo immediato per qualche ora.

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Quando arriva, la mia emicrania prende una parte del cervello e mi provoca un dolore acutissimo concentrato attorno agli occhi; a volte si sposta da un lato all’altro del capo, altre volte non è localizzato ma cresce nella testa, comprimendola. Perlomeno non soffro di cefalea con aura visiva, quella che ti porta a vedere luci lampeggianti, o avere allucinazioni.

Prima avevo una vita normale, uscivo, bevevo e fumavo senza nessun problema. Poi tutto è cambiato: un bicchiere di vino o fumare un paio di sigarette possono causarmi crisi di 72 ore. Mi è stato spiegato che potrebbe dipendere dalla tiramina, una sostanza presente—tra le altre cose—negli alcolici, mentre il fumo diminuisce l'apporto di ossigeno e favorisce la vasodilatazione responsabile dell'emicrania.

Spesso mi chiedono qual è stato il mio momento peggiore. Magari fosse un tormento che ti stravolge ma poi scompare: a volte arriva un’emicrania che dura per due o tre settimane. Quando si placa il dolore, so che tornerà e vivo nell’ansia aspettandolo. Al mattino uno dovrebbe essere fresco e pronto a iniziare la giornata di slancio, ma se la prima sensazione al risveglio è sofferenza, tutto diventa più tenebroso. Spesso gli antidolorifici sono appunto l’unico modo per andare avanti, ma mi rendono lenta e confusa.

Il mio ragazzo mi ha fatto notare che quando ho un attacco improvviso di emicrania il mio volto diventa una smorfia silenziosa di strazio, ma chi non mi conosce può prendermi per una stronza poco amichevole. È già successo un paio di volte di essere fraintesa—secondo lui dovrei dire apertamente che sto male, così da non creare equivoci, ma non mi va di sentirmi commiserata costantemente o ispirare pietà.

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Nel mio caso l’emicrania è principalmente di origine ormonale e genetica. Mia nonna soffriva dello stesso problema, per questo in vita sua non ha mai potuto lavorare seriamente: lavoricchiava come sarta e passava la maggior parte del tempo in casa con le persiane abbassate, il sole e la luce potevano causarle dolori fortissimi. Malgrado l’origine genetica della mia patologia, alcune persone, le più salutiste solitamente, mi suggeriscono di mettere da parte le medicine e provare terapie alternative come meditazione, agopuntura o molto altro. Ai loro occhi la mia fiducia nella medicina tradizionale è da sciocchi. [Esistono vari trattamenti non farmacologici come le tecniche di rilassamento, la stimolazione magnetica ed elettrica transcranica, la terapia cognitivo-comportamentale e la psicoterapia, effettuate con l’ausilio di uno psicologo. Secondo il prof. Rainero pochi di questi approcci alternativi hanno avuto una seria validazione scientifica, oppure sono utili solo se complementari alle terapie farmacologiche.]

Tre anni fa mi hanno preso in cura in un centro per l’emicrania, che prima non conoscevo. Grazie a loro posso ricorrere a medicine di emergenza come il sumatriptan, un farmaco fortissimo che interrompe il dolore in venti minuti. La prima volta che l’ho preso il braccio sinistro e la lingua mi si sono parzialmente addormentati. Se ne sconsiglia l'assunzione in alte dosi, ma una volta arrivarono delle emicranie così forti che ne ho prese otto in dieci giorni. Era una guerra costante tra me e il mal di testa.

Un anno fa la dottoressa che mi ha in cura mi ha proposto un trattamento temporaneo a base di amitriptilina, che è fondamentalmente un antidepressivo. Alcune controindicazioni sono la perdita della libido, sbalzi profondi d’umore e pensieri suicidi. All’inizio non volevo fare questo passo, poi mi è capitato di lasciarmi col mio ex ed è arrivato un attacco che è durato per settimane. Mi sono arresa e ho iniziato a prenderla. Inizialmente ero paranoica e vedevo dappertutto i sintomi più temuti. Ma finora è andato tutto bene, e gli intervalli tra un mal di testa e l’altro si sono allungati significativamente. Da un lato temo che alla lunga questa cura potrebbe rivelarsi inefficace, dall’altro che potrei non fare più a meno degli antidepressivi.

L’emicrania non ti offre una lezione di vita, figuriamoci. Ma devo ammettere che questo disturbo mi ha portato a dare più valore al tempo: quando supero una crisi e mi sento al riparo per qualche giorno voglio godermi la vita e non sprecarla. Inoltre, se penso che un paio di generazioni fa avrei buttato la mia vita sdraiata sul letto al buio come mia nonna, mi sento miracolata.

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