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Tecnologia

Questa retrospettiva di 40 anni di Computer Art è un trip in codice binario

Al Forte Prenestino di Roma una mostra che va dai primi esperimenti degli anni '60, alla rivoluzione dell'home computing degli '80 fino agli ASCII.

Tanto banale quanto vero, arte e tecnologia sono da sempre legate a doppio filo. Come ci hanno insegnato le professoresse del liceo, i colori a olio hanno favorito la rivoluzione espressiva della pittura dal Seicento in poi, così come l'invenzione della fotografia nell'Ottocento ha fatto sì che un gruppo di pittori francesi si ribellasse alla pretesa di rappresentare la realtà per dedicarsi all'impressionismo. Questo principio — ovvero: a nuovi strumenti corrispondono nuove possibilità espressive — è anche alla base della cosiddetta computer art, la cui storia viene ripercorsa in bin/art, una retrospettiva inaugurata la scorsa settimana al CSOA Forte Prenestino, uno dei centri sociali occupati più attivi di Roma.

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La mostra, visitabile fino al 30 maggio, è stata curata dal Museo Interattivo di Archeologia Informatica di Cosenza e dal Museo dell'Informatica Funzionante di Palazzolo Acreide, in Sicilia. Ripercorre la storia dell'arte digitale italiana e non, dai primi tentativi di Nanni Balestrini e Pietro Grossi negli anni Sessanta, alla rivoluzione dell'home computing degli anni Ottanta attraverso il fumetto elettronico Giovanotti Mondani Meccanici di Antonio Glessi e Andrea Zingoni, passando per un gioco per PlayStation ispirato al mindfucking LSD - Dream Emulator di Osamu Sato.

Tutte le opere, ove possibile, sono messe a disposizione su sistemi e supporti dell'epoca, oppure in una loro reinterpretazione attualizzata. Il filo conduttore della retrospettiva, concettualmente parlando, è il cortocircuito paradossale che si instaura nel rapporto artista-macchina: se il sistema binario è ordinato e matematico, l'incontro con la creatività umana lo modifica dall'interno, inserendo "elementi esterni, logiche oblique, quantità imponderabili, algoritmi onirici. In una parola, il caos." Allo stesso modo, noi ci modifichiamo nell'incontro con la macchina inglobando inconsciamente la sua logica. Fatevi un'idea di alcuni dei materiali della mostra dando un'occhiata qui:

Il quaderno a quadretti con i bozzetti di icone Macintosh Susan Kare, esposto al California design museum.

La prima scansione digitale di una fotografia (1967) a opera dei ricercatori Leon Harmon e Ken Knowlton.