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I commenti italiani contro Serena Williams sono sempre più imbarazzanti

Lo scorso sabato Serena Williams ha vinto il suo settimo Wimbledon, confermando il suo ruolo nella storia del tennis e dello sport. I commenti, però, sono stati un trionfo di razzismo e sessismo, e non fanno per niente ridere.

Lo scorso sabato, durante la finale di Wimbledon a conclusione di un torneo che ha praticamente dominato, Serena Williams si è imposta in un'ora e 21 minuti sulla tedesca Angelique Kerber aggiudicandosi per la settima volta il titolo.

Nonostante i vari spazi sportivi fossero monopolizzati dalla finale degli Europei di calcio, la notizia ha superato molto in fretta gli spazi di settore, arrivando anche a chi di solito non segue il tennis.

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Se è successo, è principalmente per due motivi. Il primo riguarda il traguardo storico ottenuto con questa vittoria: sabato, infatti, il palmarès di Serena Williams è salito a 22 tornei dello slam, gli stessi ottenuti da Steffi Graf. E dato lo stato di forma dimostrato durante il torneo, la Williams ha tutta la possibilità di andare ben oltre.

Per chi non parla il linguaggio tennistico, in pratica, Serena è a un passo dall'essere incoronata, a tutti gli effetti, come la migliore giocatrice di sempre—titolo che è già di gran lunga condiviso da molti appassionati di tennis.

Il secondo motivo è che si tratta di Serena Williams, la cui caratura mediatica fa sì che ogni notizia che la riguarda ottenga un'eco infinita.

Nel caso serva ricordarlo, Serena Williams—e mi sento di allargare il discorso anche alla sorella Venus, e alla loro famiglia in generale—è colei che ha completamente rivoluzionato il mondo del tennis, sia a livello di gioco che di impronta mediatica.

Chi ha seguito l'ascesa di Venus e Serena, anche solo di riflesso, non può non essersi interessato alla loro storia e non ricordarsi lo shock del mondo bianco del tennis di fronte all'irruzione, nel 2002, di due giocatrici di colore cresciute nei ghetti di Los Angeles e che hanno portato sul campo la moda, un'immagine innovativa, completi eccentrici e muscoli.

Per questi motivi, sarebbe completamente naturale che il successo di Wimbledon facesse notizia. Eppure, ogni volta, le vittorie di Serena riescono a stupirmi più che per il valore sportivo per l'ondata di commenti razzisti e sessisti che riescono a generare—gli stessi dal 2002, che affiorano puntuali a ogni suo risultato degno di nota.

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Come sempre, infatti, in seguito alla vittoria di Serena molte persone si sono sentite in dovere di ribadire l'ovvio, e di declinarlo in razzismo: sì, Serena Williams è afro-americana, sì ha un fisico obiettivamente imponente—e guardando i genitori chiedersi il perché risulterebbe anche fuori luogo—ha dei bicipiti enormi, e tira forte quasi quanto un uomo. Tutte banalità che sfociano, ovviamente, in commenti che la ritraggono come un gorilla che dovrebbe competere con gli uomini, brutta e troppo poco femminile per essere in televisione.

Se in generale questi commenti accompagnano spesso ogni atleta che fa parte di due minoranze, tale atteggiamento è ancora più vivido nel mondo del tennis, uno sport per tradizione maschilista (basta guardare la differenza dei monte premi, di sponsor e di spettatori) e tradizionalmente riservato ai bianchi, molto meglio se ricchi.

Anche per questo, l'intera carriera di Serena Williams è pervasa di ironie e cattiverie sul suo aspetto fisico, che spesso hanno risvolti pratici: si traducono infatti in un livello di popolarità più basso rispetto a quello che ci si spetterebbe nei confronti di un atleta di tale portata, ma anche di guadagni.

Come già è stato evidenziato, gli introiti derivanti dagli sponsor di Serena Williams— e di conseguenza il suo posizionamento nella classifica degli atleti più ricchi del 2015 di Forbes—non sono congruenti con i suoi risultati e "possono essere spiegati solo con il sessismo e il razzismo."

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A cadere in questo tipo di osservazioni, del resto, sono spesso anche personaggi interni al mondo del tennis. Uno degli ultimi casi che ha fatto discutere aveva per esempio come protagonista il Presidente della Federazione Russa, e risale al 2014. In quel caso Shamil Tarpischev, durante un programma televisivo si era riferito alle Williams come alle "Williams Brothers", aggiungendo che "facevano paura." Serena Williams aveva risposto dandogli del "sessista razzista e bullo", la WTA lo aveva costretto alle scuse ufficiali, e lui se l'era cavata con una multa e un anno di sospensione.

Il tema del sessismo e nei confronti di Serena Williams era poi tornato in auge la scorsa estate, in seguito alla vittoria al Roland Garros. In quel caso, ai commenti sessisti della rete—identici a quelli che venivano fatti fino a poche ore fa—era seguito un dibattito su un articolo del New York Times nel quale si parlava del rapporto, spesso complicato, che le tenniste hanno con il loro corpo.

"Per anni ho usato soltanto la corda elastica in palestra," dichiarava Serena "ma poi ho capito che devi imparare ad accettare quello che sei e ad amarti. Sono contenta e orgogliosa del mio corpo." L'intervista, ovviamente, non era passata inosservata. Tra chi aveva commentato, c'era stato anche l'editor dell"Atlantic, che aveva saccentemente attribuito i muscoli di Serena all'uso di steroidi.

Ultim'ora: Roberto Bolle bacia un uomo, quindi è gay; Serena Williams è incinta, quindi è donna. Una giornata ricca di conferme.

— Francesco Giamblanco (@cicciogia)28 ottobre 2015

Ieri, a poche ore dalla vittoria di Serena, si leggevano reazioni esattamente sulla stessa linea. Commenti di questo genere non sono certamente una novità, ma continuano a non far ridere e sono anzi sempre più tristi—ancora di più in questi giorni, dove è sempre più palese che sessismo e razzismo hanno risvolti reali.

Serena Williams è davvero un bel uomo — Simone Laurino (@SimoneLaurino_)30 gennaio 2016

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