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Tecnologia

La sfida incredibile della digitalizzazione del cervello

Human Brain Project è un progetto per la costruzione di un cervello virtuale su un supercomputer, ma prima c'è bisogno di capire e integrare tutti i dati presenti nel nostro cervello.
Immagine: Shutterstock/wavebreakmedia

Magari le macchine stanno diventando più intelligenti, ma c’è ancora molta strada da compiere prima che riescano a emulare la sconcertante complessità del cervello umano. Anche perché non sappiamo neppure precisamente come il nostro cervello operi. Un progetto finanziato dall'Unione Europea inaugurato verso la fine del'anno scorso, lo Human Brain Project, ha in progetto di lavorare su questi due aspetti simultaneamente.

Questo progetto ambisce alla costruzione di un modello completo del cervello umano “in silico”, ovvero su un supercomputer, in modo da fornire ai neuroscienziati un nuovo strumento per comprendere le funzioni cerebrali e le sue patologie per mezzo di tecnologie informatiche che ne emulano la potenza computazionale. Secondo la dichiarazione di intenti, “L’obiettivo del progetto è quello di costruire un’infrastruttura ICT completamente nuova per le neuroscienze e per le ricerche mediche relative al cervello, catalizzando a questo scopo uno sforzo collaborativo globale.”

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In sostanza, l'obiettivo è la costruzione di un cervello virtuale.

Come parte del programma della London Tech Week, Sean Hill, uno dei coordinatori del progetto all’EPF in Svizzera, ha tenuto una conferenza al Data Science Institute dell’Imperial College. Questo perché, come ha spiegato Hill, il lavoro è un progetto di raccolta e analisi di dati e bisogna raccogliere tutto lo scibile per poter iniziare ad applicarlo su un modello al computer.

Hill ha insistito molto nel ribadire che “Human Brain Project non è un progetto di generazione di dati, è un progetto di integrazione di dati.” In altre parole, c’è un mucchio di dati sul cervello in giro, che sono utili soltanto se vengono messe insieme con cura e organizzati. Molti studi neuroscientifici sui cervelli di animali differenti, per esempio, non risultano replicabili e sono utili soltanto se integrati.

Sean Hill alla conferenza. Immagine dell'autore.

"L’attuale modello di pubblicazione su riviste scientifiche non pone abbastanza enfasi sui metodi usati per la raccolta di dati", mi ha detto Hill dopo la conferenza, "mentre Human Brain Project è molto specifico sui dati necessari, e sui controlli da eseguire."

“Abbiamo bisogno di molti dettagli sul metodo adottato e sulle misurazioni effettuate, sui dispositivi che compiono le misurazioni, sui protocolli sperimentali, tutto questo genere di cose,” ha spiegato. "Blue Brain Project, un progetto precedente rispetto a questa iniziativa, assomigliava molto a una Wikipedia accademica di nicchia. Gli articoli erano curati e potevano essere cercati, e si poteva cliccare sulle sezioni per leggere in dettaglio la metodologia utilizzata."

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Dopodiché, il problema è tradurre i dati che abbiamo in un modello al computer—il che è molto più complesso di quello che sembra. Nonostante le risme di dati, ricostruire ogni singola parte del cervello individualmente sarebbe impossibile: servirebbero un insieme di principi su come ogni bit di informazione si collega a tutto il resto.

“Abbiamo bisogno di capire la relazione tra i livelli differenti in dettaglio,” ha ribadito Hill. "Se, ad esempio, abbiamo una singola cellula con l’informazione trascrittomica (cioè le informazioni su quali geni sono stati espressi) del cervello di un topo, abbiamo bisogno di capire, come si collegano alla morfologia di un neurone, come si collegano alle sue proprietà elettriche e come governano le proprietà che esistono ad altri livelli."

Solo allora si possono tracciare dei principi che aiutano a capire cosa avviene, per esempio, nell'espressione di un determinato gene del cervello umano, per poter costruire di un modello funzionante e completo. Ed è necessario cercare di estrapolare certi principi dai cervelli animali perché, come ha detto Hill, “di cervelli umani, ce ne sono molti in giro, ma pochi sono accessibili.”

Nel corso della conferenza, ha proiettato le dimostrazioni del Blue Brain Project, che ha modellato parte del cervello di un topo: complesse reti di neuroni, assoni, e dendriti che scoppiettavano e lampeggiavano ogni volta che i neuroni sullo schermo venivano sollecitati. Per costruire un modello completo del cervello umano, comunque, servirà un computer molto più sviluppato di quelli attualmente in circolazione: un computer esascala in grado di compiere 10¹⁸ operazioni in virgola mobile al secondo. In poche parole, stanno sperando che una macchina di questo tipo esisterà entro l’obiettivo da loro previsto del 2023, il che non è soltanto un'illusione. Nel 2010, un progetto europeo si era prefissato di costruire un supercomputer esascala entro il 2019. (Aggiornamento: Hill mi ha anche informato che c’è una divisione del progetto dedicata a “specificare e procurare" il supercomputer richiesto.)

Nel frattempo, la prima distribuzione delle piattaforme dovrebbe essere disponibile ai partner del progetto entro un anno. L’accesso pubblico, previsto 18 mesi dopo, è parte dell’impegno del progetto verso un dialogo aperto. Ci saranno discussioni etiche da affrontare su come usare queste conoscenze quando avremo una comprensione migliore del cervello. Hill mi ha detto che potrebbero esserci grandi benefici per ambiti come l’educazione, dove saperne di più su come lavora il cervello potrebbe aiutare a insegnare in modo più efficace.

“Tuttavia,” ha ammesso, “potrebbe anche diventare motivo di discriminazione.”

Un’altra applicazione evidente di questa conoscenza è migliorare la computazione. Il cervello è un computer ad alta potenza e a consumo energetico incredibilmente basso, e i ricercatori stanno già provando a emularlo su hardware.

“Speriamo di apprendere dei principi che possano esserci utili nello sviluppo di funzioni simili a quelle del cervello,” ha detto. “Ma il nostro obiettivo principale non è sviluppare macchine intelligenti. È davvero la comprensione del cervello.”