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Tecnologia

Amazon è troppo potente per non essere a rischio monopolio

Anche Amazon è un operatore postale autorizzato in Italia, quanto tempo ci vorrà prima che diventi di fatto il più potente?
Amazon Servizio Poste
Immagine: Shutterstock.

All’inizio di questa settimana due aziende del gruppo Amazon sono entrate ufficialmente a far parte della lista degli operatori postali autorizzati in Italia. Con questo annuncio, Amazon Italia Logistica e Amazon Italia Transport saranno in grado di consegnare posta sopra i 2 kg, pacchi tra i 20 e i 30 kg, svolgere il servizio di pony express e di spedizione di raccomandate urgenti.

In Italia, le spedizioni complete e molti altri micro-servizi sono esclusiva degli operatori postali autorizzati, cosa che Amazon fino a questa settimana non era. Appena pochi mesi fa, infatti, l’Agcom gli aveva inflitto una multa da 300.000 euro per “aver esercitato attività postale, vale a dire il servizio di consegna dei pacchi, senza la prevista autorizzazione.”

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Il copione è da manuale: una grossa azienda è così grossa da svolgere anche dei servizi che non è autorizzata a svolgere, le istituzioni evidenziano e multano l’abuso e la grossa azienda di tutta risposta decide di collaborare con le autorità fino ad ottenere l’autorizzazione e sottostare ai doveri della stessa (che in questo caso significa allinearsi al contratto nazionale ed essere monitorati dall’AGCOM).

Nonostante l’apparente logica del processo, credo che il Mise non avrebbe dovuto fornire l’autorizzazione ad Amazon in virtù del fatto che al momento la principale preoccupazione riguarda la possibile (direi ovvia) concorrenza con il servizio offerto da Poste Italiane.

Disintermediare per Amazon non significa necessariamente snellire all'atto pratico una serie di passaggi logistici imprescindibili, quanto più che altro ridurre le superfici di "attacco" con cui il cliente si interfaccia.

La versione radicale, antagonista e sintetica del perché è che boicottare qualunque entità che fa dell'accentramento del capitale e dei servizi il proprio piano sviluppo sul lungo termine dovrebbe essere prerogativa di qualunque essere umano che ha deciso di manifestarsi nella cosiddetta società. Aziende come Amazon lavorano su magnitudo di crescita largamente esponenziali e non sono, per definizione, compatibili con tessuti industriali e commerciali che agiscono su scala locale, regionale, nazionale — a volte perfino internazionale. Un esempio banale (ma mica tanto, dopotutto) è quando all'inizio di quest'anno il CEO di Airbnb ha affermato che la sua azienda agirà su un piano crescita basato su un "orizzonte temporale infinito.” Si tratta di semantiche e di approcci ai mercati incompatibili con le necessità e gli equilibri concorrenziali di uno stato nazionale.

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Amazon non gioca soltanto una partita completamente sbilanciata dal punto di vista delle risorse — visto che si tratta letteralmente di una delle multinazionali più potenti e ricche del mondo, possiede già una vastissima infrastruttura su suolo italiano, stimola una buona percentuale delle spedizioni nel paese e il suo CEO è, di nuovo letteralmente, l'uomo più ricco del mondo — ma sopratutto Amazon è una di quelle multinazionali globali che fa della disintermediazione un suo valore cardine.

Disintermediare per Amazon non significa necessariamente snellire all'atto pratico una serie di passaggi logistici imprescindibili (certo, Airbnb può chiedere al proprietario di dare le chiavi in mani all'affittuario, ma Amazon non può chiedere al cliente di andarsi a prendere il pacco nello stabilimento di stoccaggio in mezzo alla Pianura Padana), quanto più che altro ridurre le superfici di "attacco" con cui il cliente si interfaccia. Amazon compra Whole Foods negli Stati Uniti anche e soprattutto per potersi garantire l'infrastruttura necessaria a fare sì che ogni suo utente possa davvero fare la spesa direttamente su Amazon, giocando con prezzi davvero concorrenziali ed un'offerta davvero variegata.

Ciò non significa che il cliente si dimentichi che esistono altri servizi oltre Amazon per fare la spesa, o in questo caso per fare spedizioni, significa però che Amazon stenderà una nebbia di guerra progressivamente sempre più fitta sul settore, inglobando nel suo labirinto burocratico e logistico sempre più operazioni sotto il semplice nome 'Amazon' e stringendo sempre di più la corda attorno al collo di competitor fino a poco tempo fa assolutamente solidi a livello di percezione.

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Probabilmente nessuno si sognerebbe mai di dare per scontato una sostituzione di Poste Italiane ad Amazon, è molto più facile però immaginare un mondo in cui si preferisce Amazon a Poste Italiane perché il servizio clienti della prima funziona semplicemente meglio, e lo fa in virtù delle sue risorse smisurate. D'altronde non si fa spesso lo stesso quando si compra un libro online? O un videogioco? O un elettrodomestico?

Questa pratica non è un male per definizione: dopotutto il mercato è ahimé libero e la legge è tendenzialmente quella della giungla. L'ineguaglianza dal punto di vista delle risorse e del capitale umano intellettuale e umano è però senza pari e senza precedenti, e rende qualunque forma di concorrenza inutile. La stessa "lente dell'Agcom" menzionata da diversi lanci della notizia perde completamente di significato: cosa significa monitorare il rischio di monopolio da parte di un'azienda così smisuratamente grossa? Non c'è semplicemente la potenza di fuoco per poterlo fare: l'abilità di elusione legislativa e il leverage lobbystico è semplicemente troppo forte, e la fatica che negli Stati Uniti stanno facendo per veicolare istanze base di antitrust nei confronti di Amazon dimostra perfettamente questa condizione di impotenza.

Dare un via libera del genere ad Amazon ha perfettamente senso nel quadro legislativo e concorrenziale attuale: probabilmente (ma magari mi sbaglio) per diventare un operatore postale in Italia ci sono dei moduli da compilare, delle verifiche da superare, delle garanzie da dare — Non vi è dubbio che Amazon non solo abbia tutte le risorse per poter superare tutti questi step, ma non vi è nemmeno dubbio che abbia diritto a superarli. È un'azienda e ha le sue risorse, no?

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Quello per cui invece nutro forti dubbi è se la governance nazionale italiana sia in grado di reggere il ritmo di Amazon e sia in grado di agire sul rischio di monopolio (o perlomeno di concorrenza “sleale”) che il via libera alle operazioni postali abilita. I virgolettati rilasciati a Repubblica sono sufficientemente non chiari: “Non commentiamo i nostri piani futuri. Lavoriamo con una grande varietà di corrieri e ci aspettiamo di continuare a farlo, […] Il nostro obiettivo è consegnare pacchi ai clienti entro la data di consegna prevista. Valutiamo i corrieri in base a velocità, affidabilità, flessibilità, innovazione e costi. Abbiamo milioni di ordini da consegnare in tutta Europa ogni settimana e valutiamo tutte le opzioni che forniscono i corrieri per assicurarci che le consegne avvengano in tempo per soddisfare o addirittura superare le aspettative dei nostri clienti.”

La differenza, rispetto alla norma, è che la sua vittoria sugli altri concorrenti è letteralmente scontata — Della serie "too big to fail."

L'estremo distopico si sta consumando negli Stati Uniti, dove l'annuncio da parte di Amazon dell'apertura di un secondo headquarter nazionale ha inaugurato una corsa disperata ai posti di lavoro che avrebbe impiegato da parte delle città candidate, concludendosi con un pietoso versamento di tributi iniqui da parte della città di New York pur di assicurarsi la vittoria su un investimento che, essendo privato e vivendo a velocità di sviluppo completamente folli, è per definizione imprevedibile e il cui impatto sul tessuto urbano e industriale non è soltanto imprevedibile (e quindi troppo rischioso) ma anche molto, molto, molto probabilmente negativo.

Amazon non deve guadagnarsi il diritto di giocare su nuovi campi di gioco logistici in giro per il mondo perché il suo impeto colonialista sull'infrastruttura dei tessuti industriali e commerciali è monopolistico per definizione. Amazon è "too big to exist": andrebbe scorporato, o quantomeno pesantemente regolato. Il "libero mercato" non può essere la scusa per regalare soldi ad un'azienda già assolutamente (in senso letterale) ricca.

Segui Federico su Twitter: @nejrottif