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L’uomo ha raggiunto l’Artico 15.000 anni prima di quanto pensassimo

Il ritrovamento di un mammut lanoso visibilmente ucciso dall'uomo retrodatano l'arrivo della nostra specie in queste lande desolate.

Circa 26.000 anni fa, i ghiacci dell'Artico hanno registrato la loro massima estensione meridionale spingendosi fino alla Germania. Questa epoca è stata battezzata a ragione Ultimo massimo glaciale e coincide con lo stesso periodo in cui i primi umani hanno iniziato ad esplorare le regioni artiche. Le nostre conoscenze in merito alla presenza umana nell'Artico prima di quel periodo sono piuttosto confuse—esistono pochissime prove in merito.

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Ma contrariamente a quanto si è sempre creduto, una serie di scoperte avvenute negli ultimi vent'anni costituiscono l'indizio della presenza umana nell'Artico molto prima dell'Ultimo massimo glaciale. Le uniche prove a disposizione degli archeologi per ricostruire le prime esplorazioni dell'Artico erano alcuni reperti risalenti a 40.000 anni fa trovati nella zona del Circolo Polare Artico e tracce di attività umana un po' più a nord, risalenti a 28.000 anni fa. Recentemente, però, un team guidato dagli archeologi dell'Accademia delle Scienze Russa ha scoperto resti di mammut lanoso risalenti a 45.000 anni fa che rivelano in maniera evidente come l'animale sia stato ucciso dall'uomo: questi reperti suggeriscono che i nostri antenati avrebbero raggiunto zone ben più a nord del Circolo Polare Artico circa 15.000 anni prima di quanto creduto in precedenza.

I dettagli della scoperta sono stati resi noti dal team in un articolo pubblicato venerdì su Science: quasi al 72° di latitudine nord (molto sopra al Circolo Polare Artico, che è situato a circa 66° nord) è stata rinvenuta una carcassa di mammut lanoso con tracce di tagli sulle zanne e ossa molto simili a quelli rilevati sulle ossa di mammut di un sito siberiano meno antico, noto terreno di caccia. Secondo il team, la natura di queste lesioni è una prova sciacciante che la morte del mammut sia avvenuta per mano dell'uomo.

Con l'unica eccezione di una serie di resti umani risalenti a 45.000 anni fa scoperti recentemente in Siberia al 57°di latitudine nord, non sono mai stati trovati reperti umani antecedenti di più di 3000 anni l'Ultimo massimo glaciale, più a nord del 55°di latitudine nord. Ecco cosa rende questa scoperta così rilevante. Le ossa e i manufatti ritrovati nel sito del fiume Yana, in Siberia, si trovavano a circa la stessa latitudine di questa ultima scoperta ma sono più recenti di ben 15.000 anni.

In precedenza gli archeologi pensavano che i nostri antenati di 40.000 anni fa si fossero spinti al massimo al 55° di latitudine nord perché non avevano nessun modo di sopravvivere in ambienti così ostili. Eppure, i segni sui resti di questo mammut lanoso suggeriscono che l'uomo abbia toccato zone situate adirittura 1.700 chilometri più a nord del punto di ritrovo di questi resti.

"La capacità degli esseri umani di sopravvivere nell'ambiente dell'Artico e la loro diffusione nella regione già 45.000 anni fa, rappresenta un importante esempio di capacità di adattamento," conclude il team, "ipotizziamo che il genere di innovazioni che hanno assicurato la sopravvivenza dei nostri progenitori riguardino la caccia di mammut. Questa scoperta è una rarissima prova inequivocabile della presenza dei nostro antenati in questi luoghi, anche se per ora, non stati ancora ritrovati artefatti prodotti dall'uomo."