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Italia

"Non è difficile vivere al sud, è difficile realizzarcisi" - Alcuni ragazzi sulla questione meridionale oggi

Abbiamo chiesto a cinque ragazzi meridionali di raccontarci cosa li ha spinti ad andarsene dal sud Italia, o cosa li ha convinti a restare.
Federico, intervistato sotto. Tutte le foto per gentile concessione degli intervistati.

Sono nata e cresciuta in una città del sud Italia, Catania, e per quanto questa possa vantare lo status di "Milano del sud", sempre di sud si tratta: perciò sono stata abituata a una condizione di perenne confronto e sconforto a priori rispetto al mondo al di sopra della linea immaginaria che definisce il Meridione. Appena varcata la soglia dell'età della consapevolezza, tutto ha cominciato a suggerirmi che prima o poi me ne sarei dovuta andare, che non ci sarebbero state possibilità per me in quel posto, che è tutto troppo difficile e che Cristo si è effettivamente fermato a Eboli.

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Del resto le statistiche ce lo ricordano continuamente. L'ultima risale a circa due mesi fa e parla di un divario crescente tra nord e sud, con un altissimo rischio di esclusione sociale e povertà per gli abitanti del Meridione.

Ma cosa vuol dire veramente essere un giovane nel sud Italia, al di là dei luoghi comuni e oltre le vacanze estive? Quali sono davvero le difficoltà che fanno da protagoniste nella vita di chi lo abita o da chi lo ha abitato per anni? Lo abbiamo chiesto a un po' di giovani che ci sono nati, che in alcuni casi continuano a viverci e in altri lo hanno lasciato.

FEDERICO, 23 ANNI, PORTAVOCE DI UN'AGENZIA DEL GOVERNO ESTONE, DI LECCE

VICE: Il divario tra nord e sud è un tema vecchissimo eppure sempre attuale. Lo percepisci nella tua vita quotidiana?
Federico: Direi sempre più attuale, dato che continua a ampliarsi. Credo che nella città di Lecce e in provincia la situazione sia tutto sommato accettabile, ma ci sono aree in cui situazioni di disagio si manifestano con particolare forza.

Tu hai vissuto altrove—quali sono le differenze più evidenti che hai riscontrato?
Ho vissuto per circa cinque mesi a Glasgow, per sette mesi a Parigi, per quasi un anno a Tallinn (Estonia). Se per qualità della vita intendiamo accessibilità dei servizi, opportunità di lavoro, qualità dei rapporti sociali e proporzione reddito-costo della vita, direi con relativa sicurezza che ho osservato un miglioramento concreto in particolare in Estonia, per quanto sorprendente possa sembrare. Tant'è che a settembre mi ritrasferirò lì per circa un anno.

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Nello specifico, cosa c'è di difficile nel vivere al sud?
Una delle cose più difficili del Meridione è muoversi. Almeno per quanto riguarda il Salento, la rete delle infrastrutture e dei trasporti mostra davvero lacune profonde, sia in città che a livello interurbano. Considerato poi il numero di incidenti che (in particolare) ogni estate ci sono sulle strade della provincia, diciamo che i segnali per cominciare a fare qualcosa di più si sono "intravisti" già tempo fa.

Quanto pensi sia cambiata la situazione del Mezzogiorno rispetto a quella che vivevano i tuoi genitori? In meglio o in peggio?
Al solito, migliorata per alcuni e peggiorata per altri. Diciamo che, per un giovane d'età compresa tra i 18 e i 35 anni, le difficoltà non sono poche: precarietà dei contratti, limitate possibilità di avanzamento di carriera, mobilità sociale relativamente bloccata, molti vivono al di sotto della soglia di povertà relativa. Suppongo che determinati problemi fossero già presenti nel Mezzogiorno dei nostri genitori, ma mi pare che alcuni di questi si siano acuiti col tempo e con alcune scelte avvenute a livello nazione.

Negli ultimi anni in particolare si è diffuso un filone estetizzante rispetto al Meridione. Ti infastidisce il modo superficiale in cui viene dipinto o pensi che possa aiutare lo sviluppo della tua regione?
Direi che tutto ciò rientra in una precisa scelta di campo, almeno in Puglia. Sicuramente qualcuno riuscirà a beneficiare di questa situazione, ma restano alcune domande sia su quanto e come questa ricchezza generata sia distribuita, sia sulle prospettive di sostenibilità di un turismo che in alcuni casi si basa sul mantra del "tutto e subito".

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FEDERICA, 27 ANNI, WEB E GRAPHIC DESIGNER, DI CATANIA

VICE: Nella tua esperienza, è veramente difficile vivere al sud?
Federica: Non credo che sia così difficile. Ci sono sicuramente meno opportunità di lavoro, e lo sviluppo in questo senso è molto più lento rispetto al nord ma, tutto sommato, il costo della vita è decisamente più basso e si stanno sviluppando molte nuove realtà che cercano figure più specializzate, che al sud sono difficili da trovare. Tieni conto che uno stipendio di partenza di 1200 euro al sud ti permettere di vivere più che dignitosamente.

Quali sono invece le difficoltà principali di vivere al sud?
La mancanza di infrastrutture e di organizzazione. Anche le cose più semplici possono diventare infinite.

Tu dopo un po' di anni fuori sei tornata a vivere in Sicilia: cosa ti ha spinto a farlo?
Sono tornata per scelta. Sono andata via da Catania ormai dieci anni fa, e dopo otto anni di pellegrinaggio ho capito che mi mancava un tipo di vita che a Milano non potevo avere. La qualità della vita di tutti i giorni è molto più elevata e, se accetti il compromesso lavorativo e sociale, vivi meglio. Due anni fa ho perciò deciso di tornare. È ovvio che poi mi guardo attorno e di molte cose dico, "Al nord non sarebbe successo mai", e mi riferisco soprattutto alle persone che talora hanno una mentalità più ristretta, alla dinamica del "cortile" e della mancanza di rispetto—ognuno fa quello che vuole quando vuole e giudica tutti gli altri.

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Guarda Orgoglio Meridionale, il nostro documentario sugli italiani convinti che l'Unità d'Italia abbia distrutto il Meridione.

Pensi che il turismo abbia un influsso positivo o negativo sulla realtà del sud?
Be', queste sono regioni che potrebbero vivere di solo turismo, e più gente viene più le strutture dovranno organizzarsi e professionalizzarsi. Credo sia un vantaggio che vengano visitate e riconosciute.

Pensi che la tua vita in Sicilia sia molto diversa da quella che facevano i tuoi genitori alla tua età?
Completamente! La Sicilia è vista come una terra retrograda e non al passo coi tempi, ed è vero. Ma è anche vero che ha subito un'evoluzione rapidissima e continua a stupirci. Una marea di start up europee innovative sono siciliane e la gente nemmeno lo sa. Le città si stanno sempre più rivolgendo a una vita "europea" in a Sicilian way. Ai tempi dei miei genitori era improbabile prendere una laurea, oggi tutti vanno all'università e partono per il nord o per l'estero. C'è chi torna e chi non torna, ma sicuramente si è creato un flusso che prima non esisteva.

CLAUDIO, 26 ANNI, INSEGNANTE DI ITALIANO PER STRANIERI, DI POTENZA

VICE: Le statistiche parlano abbastanza chiaro, il divario tra nord e sud c'è ancora ed è addirittura in crescita. È una cosa che si percepisce nella quotidianità?
Claudio: Credo che sia uno dei primi aspetti che saltano all'occhio quando vai fuori. Sono nato e ho vissuto in un posto in cui un caffè e un cornetto al bar costano un euro e 50. Mi sono spostato un po' più su, a Siena, poi a Londra, poi a San Pietroburgo, poi a New York e ho visto i prezzi lievitare senza controllo, e con essi il tenore di vita atteso e le difficoltà a starci dentro. E questo solo per parlare del divario economico. Ma decisamente sì, tra un piccolo centro come Potenza e tutto ciò che c'è da Roma in su, il divario si vede, e parecchio.

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Perché i tuoi coetanei se ne vanno dal sud?
Penso che la ricerca di un'occupazione sia quello che più sfianca i ragazzi e le ragazze tra i 20 e i 30 anni. Poi c'è la questione trasporti—sui trasporti poi ne avrei tante da raccontare, ma penso che sia una situazione piuttosto nota e consolidata!

Tu hai vissuto tanto all'estero, ora sei tornato qui per restare?
No, ormai è un luogo in cui vengo a trovare la mia famiglia—non ho mai pensato di tornare. Sono via da otto anni e, pur senza aver vissuto chissà che esperienze o che vita, so che fuori la situazione è migliore. Parlo di lavoro, opportunità e in genere di realtà in cui vivi con possibilità logistiche, culturali, economiche e pratiche ben più alte di quelle a cui ero abituato.

ROBERTA, 31 ANNI, EDITOR, DI COSENZA

VICE: Da qualche anno non vivi più al sud, in che modo trasferirti al nord ha cambiato le tue abitudini?
Roberta: Se nasci in una famiglia di professionisti—anche al sud—non senti grandi differenze, soprattutto quando sei più piccolo. Va detto che molto spesso è più facile vivere in Calabria con uno stipendio molto basso, piuttosto che al nord: gli affitti sono più umani e hai una rete di sicurezza familiare che in qualche modo ti aiuta. Il lavoro latita: molti ragazzi iniziano a lavorare nei call center—a Cosenza ce ne sono molti che servono diverse aziende—e percepiscono meno di 1000 euro al mese.

Quali sono secondo te principali difficoltà che si affrontano quando si è giovani e si vive nel sud dell'Italia?
La mobilità è la prima cosa: la Calabria non ha treni alta velocità, e ha una rete di regionali inesistente, soprattutto sulla Ionica. C'è solo un aeroporto medio grande , quello di Lamezia Terme, con voli abbastanza frequenti su Milano e Roma, pochissimi con il resto dell'Italia ed Europa. Non apro il capitolo Salerno-Reggio Calabria perché non direi nulla di nuovo.

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Anche arrivare agli aeroporti è una scommessa: da Cosenza per Lamezia Terme esistono solo tre bus al giorno. O trovi qualcuno che ti venga a prendere oppure spendi 30 euro per una navetta privata che è un po' il sostituto di un taxi. Poi c'è il capitolo infrastrutture turistiche, tutto l'abuso edilizio di cui ancora portiamo le ferite, soprattutto sulle coste, e la mancanza di iniziativa sociale su molti fronti.

Pensi mai di tornare a vivere in Calabria?
No, non credo. Mi piace tornare a casa dai miei, vedere gli amici, ma la mia vita da 12 anni è da un'altra parte e faccio un lavoro che è quasi impossibile svolgere a Cosenza.

Pare che Cosenza sia una città più vivibile rispetto alle altre province calabresi, ma nonostante questo molti vanno comunque via. Cosa pensi di chi resta?
Dico sempre che dipende da cosa vuoi fare nella vita e dalla tue esigenze. Chi rimane lo fa per la famiglia, la fidanzata, per portare avanti un'attività, per investire sulla propria città o semplicemente perché, per sua stessa ammissione, non riuscirebbe mai a vivere lontano da amici e parenti. Se hai altre ambizioni, o se semplicemente vuoi scoprire di più l'Italia o il mondo, andartene è l'unica opzione. Credo però fermamente nella necessità di portare le proprie conoscenze acquisite altrove e il proprio "saper fare" nella terra d'origine. Solo in questo modo si arricchisce una terra da molti dimenticata.

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ANDREA, 29 ANNI, STUDENTE DI GIURISPRUDENZA, DI DAVOLI (CZ)

VICE: Sono più di cent'anni che parliamo di questo divario nord-sud, ma in cosa consiste secondo te?
Andrea: Il divario c'è ed è a tutti gli effetti percepibile, prima ancora che da un punto di vista prettamente lavorativo, da un punto di vista affettivo. Avviene a scadenza regolare che qualcuno che ti stia a fianco se ne esca annunciandoti una partenza verso nordici lidi, per giunta senza neanche spiazzarti più di tanto. Il divario è tutto in questa realtà un po' scontata, nell'accettazione passiva e spontanea di quella che è un'epidemia che sradica persone dai propri territori.

Cosa trovi particolarmente difficile al sud?
Non è difficile vivere al sud, è difficile realizzarcisi. Trovo sia tremendamente difficile fare piani per un periodo di tempo che sia superiore ai 15 giorni. Ma questo non è quello che intenderei per vivere, e per questo credo non esista luogo migliore di quello in cui vivo. Non so dirti che aspetto abbia il vivere al nord, però so dirti che mi piace farlo al sud.

Quello che non sopporto, invece, è la tendenza a voler fottere il prossimo e a volerlo "domare" socialmente—per me è la cosa peggiore del Meridione. Ad esempio, non può non esserti capitato di sentire storie di liberi professionisti che da Roma in giù hanno il volto e la voce della rassegnazione per la certezza matematica che il più delle volte si troveranno ad avere a che fare con gente che non pagherà per i loro lavori. O gli imprenditori che non ci pensano nemmeno a seguire le norme. Questi meccanismi generano frustrazione sociale, magari non te ne accorgi ma giorno dopo giorno devi fare i conti con l'abitudine a questi costumi grotteschi che sono la norma e così si crea malcontento principalmente verso la propria persona.

Ora vivi a Napoli, ma hai mai pensato di spostarti al nord?
Penso che Napoli sia l'esempio perfetto di città nella quale ti ritrovi a vivere solo esclusivamente nel caso tu voglia farlo. Se escludiamo il caos generato dai motorini, mi trovo più a mio agio sapendo che, anche se sono da solo in camera a provare a dormire, lì fuori c'è gente che urla e sbraita. Nel mio mondo ideale, una città dovrebbe sempre permetterti di non essere solo, anche e soprattutto quando vuoi esserlo. Non sono convinto che potrei trovare qualcosa di simile al nord. Ma posso immaginare che potrebbe apparire un pregiudizio fondato sull'ignoranza.

Hai notato questa tendenza a romanticizzare il sud con vacanze e hashtag come #siciliabedda? Cosa ne pensi?
Ho visto questo hashtag in qualche foto, devo dire che non mi ha devastato poi molto. Più che fare bene al turismo mi sembrano modi per farmi salire l'esaurimento nervoso, però non avendo a disposizione i dati Istat su quanto questi hashtag influiscano sul traffico di turisti nelle località in questione, mi limito a dire che questa cosa, se presa alla leggera fa anche ridere. Non è che puoi fare un hashtag #LaTerraDiGiovanniVerga per far venire la gente a vedere Aci Trezza.