È bello avere certezze. Viviamo in tempi confusi e di transizione, Dio è morto, i miti traballano incerti e distanti e siamo soli, al freddo. Per fortuna c'è l'Ordine dei Giornalisti, l'ente statale nato per coltivare fedelmente ciò che è errato. Fondato da Franz Kafka nel 1925 [citation needed], l'Ordine si trascina da quasi un secolo con un astuto sistema di regole e costrizioni in grado di trasformare la vita di un giornalista o pubblicista (dipendente o freelance) in una lotta quotidiana. Il numero di vittime di questo morboso gioco è ignoto; le conseguenze psicologiche subite dai giornalisti, tragiche (Luca Telese).Per l'Ordine (la cui sigla è OdG, tipo LOL e WTF) il 2014 è stato un anno straordinario: a giugno ha dato il via a una serie di "corsi d'aggiornamento" per giornalisti e pubblicisti, un illuminante ciclo di lezioni sullo stato del mestiere alle quali i membri sono obbligati a partecipare. Dice: vabbè, ma è gratis no? No, a pagamento. O meglio: alcuni corsi sono gratis ma sono pochi e i posti liberi vengono subito occupati da partite IVA sottoshock e in attesa di ricevere pagamenti arretrati; gli sfortunati ritardatari devono pagare. Dice: sì ma chissà la qualità dei corsi, no? No. (In base al Teorema Minto che illustrerò a breve non devo nemmeno argomentare quest'ultima risposta.) Per fortuna, in seguito alle polemiche sollevate dalla decisione, il piano di corsi è stato parzialmente rivisto.Visto che il 2014 sta per volgere al termine e c'è ancora tempo per una gita nel grottesco, domenica il presidente dell'OdG Enzo Iacopino ha scritto un lungo comunicato su Facebook dal titolo "BASTA SOUBRETTE, ORA LE DENUNCIAMO."Veniamo al contenuto: Iacopino vuole portare in tribunale i responsabili di un certo giornalismo spietato e assetato di sangue. Ma lucrare sulle disgrazie altrui, per quanto disonorevole, non è un reato. Non lo sarà mai. Perché gran parte delle testate giornalistiche lo fa tutti i giorni. Da sempre. Ecco una brevissima storia del giornalismo: nato per aggiornare commercianti e businessmen sullo stato dei loro affari, si è poi diffuso tra il popolo abbracciando la cronaca nera, dalla penny press in poi. In mezzo, a un certo punto, c'è stato Tom Wolfe.Prima di andare avanti potrebbe essere utile , specie per i fortunati che non lo conoscono, parlare nello specifico del famigerato Ordine dei Giornalisti. Che cos'è, a cosa serve, chi ne ha bisogno e perché non esiste giornalista felice di farne parte. L'OdG nasce nel 1923 come organo fascista di controllo della stampa (in soldoni: solo i suoi membri potevano fare i giornalisti e la scelta dei fortunati andava al regime), cambiando veste dopo la Liberazione e arrivando a una riformulazione con la riforma del 1963, che resiste fino a oggi.Nel frattempo però quello che era nato come un rigido ente di selezione e controllo professionale ha finito per essere superato dalla storia—solo che tale sorpasso non ha decretato la fine dell'ente. No, poiché l'OdG non può morire. L'OdG si adegua, cambia idea e forma fino a diventare il contrario di se stesso. Ma non scompare."Ma oggi a che cosa serve l'OdG?" vi chiederete confusi. Da una parte, l'OdG sostiene di proteggere la categoria—e a tal proposito vi invito a chiedere a un giornalista qualsiasi un giudizio sull'ente nel merito—dall'altra è in grado di prendere provvedimenti nei confronti degli iscritti "colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell'Ordine." Non è ben chiaro quali siano questi "fatti" e probabilmente è in questa ambiguità che Iacopino ha trovato tempo e modo di predersela con D'Urso & Co.In pratica, nelle parole di una mia collega, l'Ordine "esiste perché esiste". E pensare che potremmo abolirlo domani mattina e rimpiazzarlo con un altro stringato sistema di regole, magari copiandolo dall'estero. In altri Paesi occidentali, per esempio, il settore giornalistico è gestito in modo differente (l'unica eccezione è forse la Francia, dove la Carte de presse è un "affare di Stato" ma "quando i redditi da lavoro giornalistico [di un professionista] superano il 75 percento, la [sua] concessione è automatica"): nel Regno Unito vige libertà pura nell'esercizio della professione; altri Paesi (come l'Irlanda) conservano enti indipendenti di tutela; in Spagna non c'è alcuno statuto al riguardo, e negli Usa è il datore di lavoro (il privato) a rilasciare un documento al lavoratore.Niente corsi obbligatori, niente esami di stato, poche iscrizioni, solo una funzione di tenuo controllo deontologico o di difesa della categoria. Però, EHI!, pare che con l'OdG il cinema sia gratis.Nel corso degli ultimi cinquanta anni la proposta d'abolirlo è stata una fissazione dei radicali, dei repubblicani, dei popolari, dei missini (fascisti contro un ente creato dai fascisti: non c'hanno nemmeno la coerenza), dei pidiellini e, ora, del Movimento 5 Stelle.Come racconta Linkiesta, "l'ultima proposta di legge del 1994, firmata dal radicale Marco Taradash, fu sottoscritta da altri 104 deputati di tutto l'arco costituzionale, da destra a sinistra: c'erano quelli di Forza Italia, di Alleanza nazionale, del Ccd, della Lega Nord, dei Progressisti, del Ppi, del gruppo misto": un piccolo Comitato di Liberazione che è riuscito comunque a fallire. Com'è stato possibile? Forse i disegni di legge affondano colpiti da invisibili raggi laser che piovono dal nulla, probabilmente dall'ufficio di Iacopino? O forse nessuno vuole davvero cancellare questo bellissimo esempio di inossidabile potere politico?Ricapitolando: è inscalfibile, un essere mostruoso di pura burocrazia in grado di respingere ogni attacco nemico.Arriviamo dunque al Teorema Minto. Fa così: "Dato un piano a ed una retta r perpendicolare ad a, allora l'Ordine dei Giornalisti ha sempre torto poiché è nella sua natura sostenere posizioni in grado di preservare la sua stessa esistenza, che è del tutto inutile e nociva al Paese."Mai più ODG. #barbararesistiSegui Pietro su Twitter: @pietrominto
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"BASTA SOUBRETTE, ORA LE DENUNCIAMO" è un documento notevole ma non, come hanno scritto in molti, una "denuncia" nei confronti di Barbara D'Urso e il suo operato: quella di Iacopino è una guerra culturale, una missione che lo porta a vergare parole infuocate.Leggendo il post, le considerazioni si fanno ancora più gravi: INNANZITUTTO SCRIVERE PIPPONI MORALISTICI USANDO IL CAPS LOCK NEL TITOLO È SBAGLIATO POICHÉ, COME IL CORSO D'AGGIORNAMENTO A PAGAMENTO E OBBLIGATORIO DELL'OdG SPIEGHERÀ DI CERTO, L'USO DEL CAPS LOCK SU INTERNET EQUIVALE A GRIDARE O A UN ENDORSEMENT AL MOVIMENTO 5 STELLE. Ma anche la scelta della parola sessista soubrette sembra inadeguata a un articolo che vorrebbe salvare il giornalismo italiano. Prova con un'altra parola. Chessò, presentatrice televisiva.
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