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Tecnologia

Concerto per clacson

Una tempesta solare, un tragico blackout e un destino beffardo.
illustrazione racconto fantascienza

Questo racconto fa parte di Terraform, la nostra rubrica mensile di narrativa sci-fi. Racconti sul futuro dell'uomo, della Terra e dell'universo—tra nuovi approcci alla realtà e evoluzioni distopiche del nostro presente. Ogni due giovedì una nuova puntata: se hai un'idea da proporre o un racconto da pubblicare, scrivici a itmotherboard@vice.com.

Se quella giornata non fosse stata così calda probabilmente sarei uscita di casa. Se fossi uscita di casa avrei visto il sole più assurdo delle ultime tre ere geologiche sciogliersi su se stesso. Un'eruzione solare dopo l'altra, decine di milioni di bombe atomiche e venti fortissimi.
Avrei voluto essere lì nel sole con la più potente delle tute ignifughe a godermi da vicino lo spettacolo dei vulcani che esplodevano. Sarei anche morta volentieri, dopotutto, cremata dal calore indicibile e sparsa in un vento solare.

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Invece ero in casa al buio, mi ero data malata al lavoro ed ero seduta su un condizionatore perché mi piaceva l'aria fredda nelle mutande. Le finestre erano sbarrate. Guardavo puntate a raffica di una serie TV imbecille in compagnia del mio ficus benjamin, ogni tanto scrollavo Facebook, sonnecchiavo sul divano.

La solita vita pigra.

Quando hanno suonato alla porta sono andata ad aprire con uno sforzo immane. Era la polizia. Mi sono presa il tempo per sbuffare e alzare gli occhi al soffitto, poi ho aperto.
- Buongiorno signora.
- Buongiorno.
- Stiamo cercando di avvisare gli abitanti del quartiere del fatto che l'esplosione solare appena avvenuta potrebbe portare a un blackout e a un conseguente blocco delle telecomunicazioni. I suoi device funzionano correttamente?
- Ora controllo, un attimo.
Ho accostato leggermente la porta d'ingresso e sono andata a verificare telefono e computer. Sembrava tutto a posto, a parte una sottile riga rossa orizzontale sugli schermi.
- È tutto ok, grazie.
- Perfetto. La sua porta è elettronica, signora?
- Credo di sì, si apre con un badge.
- Allora le consigliamo di non chiuderla, potrebbe bloccarsi per la mancanza di corrente.
- Va bene, grazie del consiglio. Arrivederci.
- Arrivederci, signora.

Con un riflesso incondizionato ho chiuso la porta e l'ho riaperta dopo un secondo per salutare i poliziotti ancora sulle scale, imbarazzata. Sono tornata con il culo sul condizionatore ridendo per questa specie di emergenza. Avrei voluto uscire per godermi lo spettacolo del sole che dava di matto ma non potevo perché non potevo chiudere la porta.

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Quando il condizionatore ha smesso di buttare fuori aria fredda non ho pensato subito al peggio, il computer continuava a trasmettere la serie TV imbecille. Dopo pochi minuti ho iniziato a sudare forte e a sentire voci allarmate nella tromba delle scale. Una donna urlava come se la stessero aggredendo, cercava di divincolarsi. Mi sono avvicinata alla porta e l'ho chiusa di nuovo per istinto. Le urla nel palazzo, mi inquietavano.

È stato in quel momento che il computer ha smesso di funzionare. Il telefono non aveva più segnale e la strada era diventata stranamente rumorosa. Sono corsa alla porta e ovviamente era sbarrata. Ho iniziato a sentire le gambe tremare quando ho capito che nemmeno le finestre si sarebbero aperte. Ero un topo sottovuoto.

Mi sono avvicinata alla finestra per cercare di capire cosa succedesse fuori, doveva esserci un ingorgo. Le auto continuavano a suonare da troppo, ossessive e senza sosta. L'ultima traccia sonora della società tecnologica: un concerto per clacson.

Tratto da: "Ricordi dell'Età Tecnologica: memorie di un Blackout", AA.VV., Milano 2026

Illustrazione: sciandhal