L'ultimo viaggio dell’Italica verso l'Antartide

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L'ultimo viaggio dell’Italica verso l'Antartide

Viaggiamo a bordo della nave Italica, con la spedizione italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide

Tutte le foto di Stefano Valentino.

Leggi la seconda parte del reportageCome gli italiani "pescano i segreti del clima" dal Mare Antartico

Il blu è così denso e profondo che pare una guaina di plastica distesa sul globo — La chiglia ci scivola sopra, spandendo onde oleose sulle quali dondolano losanghe di ghiaccio che si incuneano l'una nell'altra, formando una testuggine bianca che si ingigantisce a perdita d'occhio per poi compattarsi lungo costa e impennarsi in un lenzuolo di montagne a strapiombo sul mare.

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Questo è l'Antartide per chi ci viene la prima volta e si lascia incantare dal suo mito. Per i veterani dell'esplorazione scientifica quel bianco e quel blu non hanno nulla di fantastico,  sono solo elementi fisici e chimici di un processo da cui dipende l'equilibrio climatico del nostro pianeta.

Basta un viaggio con loro per strappare la remota terra dei ghiacci dall'aura leggendaria in cui l'hanno avvolta i racconti dei pionieri, e in particolare la gara per la conquista del Polo Sud tra Scott e Amundsen, e percepirla come qualcosa di concreto che tocca da vicino tutti noi.

La nave Italica a largo della la base italiana Stazione Mario Zucchelli, nella Baia di Terranova, Mare di Ross.

Sono passate quattro settimane da quando siamo salpati dal porto neozelandese di Lyttelton con l'Italica, la storica nave del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide che quest'anno andrà definitivamente in pensione.  Dal 31 dicembre 2016 al 22 febbraio 2017, compie infatti il suo ultimo viaggio verso il Polo Sud. In futuro, le spedizioni italiane dovranno avvalersi di altri mezzi di trasporto.

Dal 1990, l'Italica ha permesso agli scienziati del programma antartico italiano di "pescare" i segreti del cambiamento climatico dai mari che circondano il continente più meridionale del pianeta. Il suo rientro dalla Nuova Zelanda all'Italia è previsto per il 6 aprile. Poi verrà probabilmente dismessa dal programma antartico.

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La nave Italica sullo sfondo della costa della Baia di Terranova, Mare di Ross.

"La rotta dalla Nuova Zelanda lungo il 170° meridiano è quella più corta per raggiungere la base tricolore Mario Zucchelli nella Baia di Terranova," spiega il capo spedizione Nicola la Notte. Tuttavia, sembra essere trascorsa una vita intera —  A sud del circolo polare antartico, l'assenza di oscurità dilata il tempo. Mente e corpo quasi dimenticano di dover dormire, mentre i giorni si fondono l'uno nell'altro e contarli diventa altrettanto assurdo che contare l'eternità.

I primi a non curarsi del sonno sono proprio i ricercatori a bordo dell'Italica, impegnati senza tregua a calare sonde elettroniche e bottiglie di campionamento, prelevare acqua e ghiaccio, misurare le correnti, la temperatura, le strutture chimiche, la salinità e i sedimenti nel mare.

Attraverso il finestrone della sala comando si vedono container-laboratorio pieni di apparecchiature emergere dalla stiva o scomparirvi dentro, appesi a bracci meccanici che si alzano, abbassano, volteggiano nell'aria come una giostra, rompendo la linea di un orizzonte così vicino all'orlo del mondo che s'incurva intorno alla nave come una ciambella.

Operazioni di imbarco dei container sulla nave Italica al porto di Lyttelton in Nuova Zelanda.

La disposizione delle attrezzature cambia a seconda dell'attività programmata tale o tal'altro giorno. Intorno ad esse sono indaffarati i marinai che danno manforte ai ricercatori manovrando manopole, carrucole e cime per il lancio o il recupero delle strumentazioni.

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Il rombo e lo stridio nella sala macchine che sgorga dal ventre dell'imbarcazione sono l'urlo di battaglia di questo microcosmo di uomini, donne e tecnologia che erra nella grandiosa desolazione del mare antartico interrotta solo da ciclopici iceberg che spuntano qua e là come vestigia in rovina di un'antica civiltà marina, lasciando dietro di loro una scia di frammenti sui quali vanno alla deriva solitarie foche e pinguini smarriti.

Piattaforma di atterraggio elicotteri sulla poppa della nava Italica, sullo sfondo della banchisa nel Mare di Ross.

Ma perché? A cosa serve tutto questo sforzo? Cosa c'è qui di così importante nel continente più a sud del pianeta?

Il susseguirsi di attività frenetiche compiute dal team di scienziati e dall'equipaggio serve a scomporre la bellezza dell'Antartide nelle sue più microscopiche particelle e carpirne i segreti da cui dipende il futuro della vita sulla Terra

Il tema è divenuto di forte attualità poiché l'area percorsa dall'Italica è stata recentemente trasformata nella riserva di protezione marina più grande del mondo, non solo per preservare gli ecosistemi ma anche per offrire agli scienziati un prezioso laboratorio naturale, unico al mondo, dove studiare i segreti del clima che si celano nelle profonde e gelide acque del Mare Meridionale, più comunemente noto come Mare antartico.

Operazioni di lancio del "mooring", cordone di strumenti che misurano le proprietà fisico-chimiche dell'acqua.

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Il rilevamenti effettuati durante la spedizione dimostrano che nel Mare Meridionale è in corso un processo di progressiva alterazione. Questa mutazione rischia di trasformarsi in una minaccia non solo per le specie marine ma anche per la stessa specie umana a causa dell'effetto domino che potrebbe scatenarsi a livello planetario, moltiplicando esponenzialmente il riscaldamento globale. Eppure, la natura pare aver già innescato delle forme di auto-compensazione.

I ricercatori dell'Italica non si azzardano a formulare più di mere ipotesi. Nulla è dimostrato al 100%. Il bilancio tra fenomeni negativi e positivi resta ancora indecifrabile.

Iceberg che emergono dalla banchisa nel Mare di Ross, in prossimità di Cape Washington.

Quando lasciamo il paradiso antartico, torniamo però a casa con qualche tassello in più per cercare di capire se la Terra diverrà o meno il nostro inferno.