FYI.

This story is over 5 years old.

News

Parliamo un attimo dello spot 'razzista' dei Jackal per Action Aid?

L'intenzione è chiara, ma il risultato mi ha un po' confuso.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

"Aiutiamoli a casa loro," si sa, è una frase che porta in dote una serie infinita di problemi: usata negli anni Novanta da Forza Nuova, con il tempo è diventata un cavallo di battaglia salviniano e della destra italiana in generale, finché recentemente non è stata utilizzata anche da Matteo Renzi, suscitando non poche polemiche.

Ma c’è anche chi, come i The Jackal, ha deciso di usarla per la campagna di adozioni a distanza di ActionAid, una ONG attiva sul fronte della lotta alla povertà. Lo spot a cui mi riferisco, che dura poco più di due minuti, è stato pubblicato qualche giorno fa e da allora è una presenza fissa della mia timeline.

Pubblicità

Il filmato si apre con l’elencazione di una serie di stereotipi che da qualche anno soprattutto popolano internet e la coscienza comune: i migranti (anche bambini) che vengono in Italia per rubarci il lavoro, quelli che sono qui che ci stanno già rubando il lavoro, le sovvenzioni statali a loro vantaggio, i pernottamenti in alberghi a cinque stelle e via dicendo. Il climax arriva a metà del video, quando si invita ad adottare un bambino "a tanta, tanta distanza, così non viene in Italia a rubarci il lavoro."

L'impatto è volutamente sgradevole, e si rimane abbastanza sbigottiti a sentire certe frasi o immaginarsi dove possa andare a parare lo spot. Io stesso ho pensato: ok, e adesso come ne escono? Poi subentra la fase dell'anticlimax, che vuole contrapporsi a quanto sciorinato fino a quel punto. Nel resto del video infatti Ciro Priello si chiede perché ActionAid dovrebbe accettare una campagna "così razzista," mentre Gianluca Fru dice che bisognerebbe anche usare la parola "negri" e che "noi questo lo facciamo per gli italiani, sono loro che vanno convinti e questo è l’unico modo." Infine, sommando l'altro stereotipo dell' "italiani brava gente," viene ribadito l'invito ad aiutarli "a casa loro" donando alla ONG; e personalmente, una volta arrivato in fondo, sono rimasto un po' così.

Andando a vedere i commenti sotto al post, le reazioni si dividono tra chi elogia il video—"Intelligenza, umorismo, satira e saggezza in due minuti, chapeau the jackal!!"o "solo voi potevate strappare un sorriso su una tematica (quella dell'ignoranza razzista italiana) così triste"—e chi invece esprime dubbi sul tono—"Pensavo fosse un video di campagna elettorale di Salvini. Occhio che vi chiede i diritti di autore"—e sul messaggio veicolato, "tutt'altro che a favore degli aiuti e donazioni."

Pubblicità

Naturalmente, l’obiettivo del video è duplice: da un lato satirico, e dall’altro di ribaltamento del frame. Lo ha spiegato anche Sofia Maroudia di Action Aid, che sul sito di Agi scrive: “Le parole sono importanti proprio perché il nostro gergo a volte è troppo pieno di bigottismi o frasi fatte. […] Ho scoperto che se si inserisce il giusto humour in un discorso, tutto diventa più godibile. […] Forse è questo il modo migliore per far arrivare a più persone possibili il nostro messaggio e far emergere il lato umano che è in ognuno di noi.”

Il problema è che non sono così sicuro che ciò emerga in maniera netta, con quel "lo dico ma in realtà non lo penso, sto solo parlando male della gente di merda che lo pensa per spingere una cosa buona."

La prima parte, infatti, menziona una parte della paccotiglia razzista e xenofoba che infesta i media e le discussioni sui social; la seconda parte più che "smentirla," cosa che avrebbe perlomeno—ok, non troppo elegantemente—messo in chiaro le intenzioni del video, se ne "appropria" ironicamente per far passare un messaggio di segno opposto.

Guardandolo e riguardandolo però la confusione sul risultato non si chiariva, e mi sono sorti altri interrogativi. A parte l’invito a donare, cosa lascia questo spot? Cosa rimane? Se è giusto ridicolizzare i razzisti, è però utile usare il loro linguaggio per fare una campagna per i diritti umani? Davvero si può scalfire quella retorica, utilizzandola in modo capovolto per far passare qualcosa di valido? I fan dei The Jackal capiranno subito gli strati di ironia; ma i bigotti, il vero bersaglio del video, se ne accorgeranno?

Sia chiaro: non metto in dubbio la bravura dei Jackal (né l'intento, visto che il loro spot dell'anno scorso per ActionAid mi sembra perfettamente riuscito), ma l’efficacia del messaggio—e mi sembra quasi che, alla fine, il messaggio che passa non sia poi così positivo per chi non è immediatamente in grado di decifrare questa satira.

“Aiutiamoli a casa loro” è una frase che ha ormai un assunto significato ben preciso nel senso comune della politica e dell’opinione pubblica, e nel farlo ha travolto anche un concetto che in sé non ha nulla di marcio: la necessità di pensare a come l'Occidente ha distrutto distrutto determinati paesi e determinate popolazioni, e cosa possiamo fare—o cosa non dobbiamo fare—per non continuare in quest'opera di distruzione.

Per com’è ormai impostato quel frame, insomma, non credo che possa venire fuori nulla di realmente buono—anche se si cerca di sovvertirne il senso con la satira e l’ironia. E quindi, per finire con un'altra domanda: davvero usare le parole dei razzisti serve a far emergere il "lato umano che c'è in ognuno di noi"?

Segui Leonardo su Twitter