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Guarda un po'

Alla fine, 'L'amica geniale' è una versione americana della solita fiction Rai

Un'opinione impopolare ma necessaria sulle prima due puntate della serie TV tratta da "L'amica geniale" di Elena Ferrante.
amica geniale
Still via YouTube.

Guarda un po' è la rubrica che ti aiuterà a districarti nell'infinito moltiplicarsi di film, serie, programmi TV e scegliere il meglio (o il peggio) del momento. Ovviamente contiene spoiler. Questa settimana parliamo dei primi due episodi della nuova serie TV tratta dai libri di Elena Ferrante: L’amica geniale. Vorrei tanto risalire al giorno in cui, con un decreto ufficiale, abbiamo deciso che gli Stati Uniti dovessero diventare il fulcro nevralgico delle nostre opinioni sull'intrattenimento. No, chi scrive non è Diego Fusaro, ma un ragazzo di poco più di vent’anni appena uscito dalla visione della prima messa in onda de L’amica geniale su Rai 1, fiction che oltreoceano viene trasmessa da HBO dal 18 novembre. Nel lasso di tempo che va dalla visione del trailer della serie alla stesura di quanto segue ho letto diversi articoli americani, tutti più che entusiasti del prodotto, tanto da definirlo “in piena linea con i vecchi prodotti HBO, come The Wire o I Soprano: piccola criminalità, un dramma storico e il resoconto di una piccola e viva comunità." Ecco, se anche a voi è venuto naturale sussultare alla lettura di queste due righe, benvenuti nella seconda puntata di Guarda un po’. Come ormai tutti sappiamo, L’amica geniale è un’opera di Elena Ferrante, oggi trasposta in una serie TV grazie all’adattamento del regista Saverio Costanzo insieme a Laura Paolucci e Francesco Piccolo con la supervisione della stessa autrice (che per l'occasione ha rilasciato una delle sue rarissime interviste a Repubblica). Visto che chi ha letto il libro ne è stato senza dubbio segnato e ha annientato la propria capacità critica per esubero di amore, ho guardato e recensito i primi due episodi della serie io, che il libro non l’ho mai letto e sono privo di legami affettivi col tutto. Si chiama scientificità (o paraculaggine).

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Che c’è di tanto straordinario ne L’amica geniale?

Prima di approcciarmi alla visione ho fatto qualche domanda a due mostri sacri—due miei colleghi—che probabilmente hanno tatuato la versione estesa di tutti i quattro romanzi della saga in qualche parte del corpo. Sanno tutto, piangono solo a sentir nominare Elena Ferrante e hanno persino visto in anteprima al cinema quasi due mesi fa ciò che io, da stronzo quale sono, ho visto in TV contemporaneamente a mia madre.

La storia raccontata è molto bella, e non potrebbe essere altrimenti perché molto belli sono i libri—o almeno così mi dicono tutti coloro i quali li hanno letti e del cui parere mi fido—ma la serie non ha un minimo di sovra-interpretazione o, per meglio dire, di adattamento.

Ciò che è stato trasmesso ieri sera—ovvero i primi due episodi degli otto totali—segue tanto pedissequamente il libro da sembrarne una versione illustrata. Ecco, sarò un senza cuore, ma sono cresciuto con la convinzione che l’intrattenimento in formato video debba far vedere, non raccontare. La serie de L’amica geniale, invece, è un audiolibro in un italiano dalla cadenza perfetta che ha a supporto delle scene in dialetto napoletano (con i sottotitoli). La voce di Elena, una delle due protagoniste, ci racconta per filo e per segno tutto ciò che stiamo vedendo, e se nel libro il fatto che sia lei, da adulta, a scrivere i fatti è un ottimo espediente narrativo, nella serie non funziona con la stessa disinvoltura. Come se non bastasse, la scenografia mi risulta fastidiosa, quasi finta. Il New Yorker ha definito il tutto come “una pubblicità di Prada, ma per la classe operaia.” Sono d'accordo. Solo che per loro era un complimento.

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Di chi posso innamorarmi nel cast?

- È una serie con dei bambini protagonisti! Sì, nelle prossime puntate diventeranno prima adolescenti e poi adulti, ma per adesso: -

Ok, ma posso dire di averlo guardato senza vergognarmi?

Sì, se hai già guardato delle fiction RAI. Mi spiego meglio: L’amica geniale è in fin dei conti una bella fiction RAI, nonostante da una co-produzione con HBO e Fandango mi aspettassi meno spugnature sui muri delle case per rendere la polvere. Quindi probabilmente a parlare è più l’aspettativa delusa di una persona che, nonostante l’intro di questo pezzo (sono sentimentale!), pensa che la serialità americana abbia ancora molto da insegnarci.

Se hai la mia età e hai un accesso quantomeno decente a internet, hai la capacità di paragonare questo prodotto ad almeno altri mille e decidere da te se come forma di intrattenimento sia meritevole o meno. Io che sono cresciuto (grazie mamma!) a pane e fiction RAI posso dire che L’amica geniale è una fiction RAI agghindata a sera per lo zio d’America. Non è un brutto prodotto, anzi, se tutte le fiction RAI fossero così probabilmente non dovremmo urlare al capolavoro persino guardando La Casa di Carta su Netflix, ma ci saremmo costruiti con il tempo uno spirito critico che ci permette di discernere cosa sia una merda e cosa no. È sbagliato giudicare qualcosa in base alle proprie aspettative? Sì. Riusciamo a non farlo? No.

C’è materiale per far indignare il Moige o innescare una petizione del Codacons?

Per capire se fossi io il problema o fosse la serie, ad ogni stacco pubblicitario mi sono fiondato su Twitter dove, ovviamente, L'amica geniale è stata in tendenza per gran parte della sera. L’unica grossa polemica che ho intercettato, esclusa quella iniziale sulla scena in cui dei bacarozzi escono dai tombini, è stata sulla violenza. Era davvero necessaria questa violenza? La serie de L'amica geniale si rivolge a un pubblico abituato a ben altro: fiction in cui le famiglie sono quelle del Mulino Bianco e se succede qualcosa di malvagio, forte o cattivo, be’, arriverà sicuramente il detective di turno (o meglio l’appuntato) a risolvere il caso e riportare la pace. Il mondo però, lo sappiamo bene, non va così. E soprattutto non era così a Napoli negli anni Cinquanta. Le scene in cui Lila viene scagliata fuori dalla finestra o Lenù viene massacrata di botte dal padre sono sicuramente dei pugni allo stomaco, ma sono anche personalmente le parti che ho preferito. Non perché io sia un sadico bastardo, ma perché sono le parti che rimuovono quella coltre di fatato—e, penso, ci riavvicinano più alla dimensione di realismo anche spietato che mi hanno detto essere centrale nel libro—su tutto ciò che passa in prima serata. Nel libro il rapporto genitore-figli è fondamentale, e questo rapporto è spesso anche violento. La violenza è, purtroppo, una costante nella vita delle due bambine, spesso le unisce, altre volte le divide, altre volte ancora è il 'movente' che innesca la loro azione. Fa schifo vedere delle bambine picchiate, nessuno lo mette in dubbio, ma sì, l’intrattenimento da prima serata non deve per forza lasciarti sereno, può anche prendere lo stomaco, rimescolartelo e poi abbandonarti lì.

Non mi hai convinto: me lo riassumi in una riga così posso far finta di averlo visto?

È Gomorra, ma con le due bambine al posto di Ciro e Genny.