Chi era Giuliano Vanghetti, l'italiano che ha inventato la bionica
Immagini per gentile concessione della collezione Vanghetti (Renato Fucini, Empoli, Italy)

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Tecnologia

Chi era Giuliano Vanghetti, l'italiano che ha inventato la bionica

Nell'Ottocento, Vanghetti costruiva delle protesi per gli italiani amputati che sembravano uscite da un racconto steampunk.

In questi giorni si festeggia il primo laureato in ingegneria bionica d'Italia e del mondo, dato che il corso di studi dedicato esiste solo dalle nostre parti grazie all'Università di Pisa e alla Scuola Superiore Sant'Anna. Ma l'interesse italiano per l'ingegneria bionica risale addirittura all'Ottocento. Uno dei suoi precursori è infatti il medico Giuliano Vanghetti, nato nel 1861 a Greve (Firenze) e vissuto a Empoli.

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Più di cento anni fa, Vanghetti ha realizzato quelli che potremmo chiamare i primi impianti di "neuroprotesica," la branca della scienza che studia gli arti bionici mossi dal pensiero. Purtroppo, la sua vicenda non è mai stata nota al grande pubblico.

Dai fratelli Edward e Alphonse Elric di Full Metal Alchemist, al Dottor Arliss Loveless di Wild Wild West, da Edward Steam dell'anime di Otomo Steamboy fino a personaggi dei videogame come Handyman di di BioShock Infinite, l'immaginario steampunk è cosparso di personaggi che utilizzano protesi che non si avvalgono dell'elettronica. Ammirare i ritratti dei pazienti di Vanghetti ha l'effetto straniante di catapultarci in una realtà parallela, in cui tutte queste intuizioni sono effettivamente esistite.

Il paper Giuliano Vanghetti and the innovation of "cineplastic operations" pubblicato in copertina su Neurology , è nato per restituire a Vanghetti la giusta collocazione nel panorama scientifico internazionale. Gli autori del lavoro sono Peppino Tropea, Alberto Mazzoni, Silvestro Micera e Massimo Corbo e vengono dall'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, dalla Casa di Cura del Policlinico di Milano e dal Politecnico di Losanna (Epfl).

La storia delle protesi ha origini molto antiche, non sempre le fonti sono certe ed attendibili, a volte si sfora nella mitologia. Plinio il vecchio, ad esempio, racconta di un generale romano amputato che aveva una mano di ferro usata in battaglia per reggere lo scudo. Ma se le prime testimonianze storiche di protesi non dotate di movimento risalgono al 1400, dobbiamo arrivare al 1818, con Peter Bailiff, perché qualcuno abbia l'intuizione di usare i movimenti del tronco e della spalla per muovere protesi meccaniche.

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Vanghetti, invece, è stato il primo a pensare a un collegamento diretto protesi-moncone per sfruttare le funzionalità residue dell'arto amputato. In questo modo, ha inaugurato la cineplastica, cioè la tecnica chirurgica che cerca di recuperare nella parte di arto rimasta dopo una amputazione i "motori plastici": muscoli o tendini che servono da punti d'attacco fisiologici per trasmettere la contrazione muscolare volontaria a una protesi meccanica.

Ho chiesto al dottor Peppino Tropea come hanno riscoperto questo innovatore dimenticato "dieci anni fa, ho fatto un po' di ricerca per scrivere l'introduzione della mia tesi di laurea in ingegneria biomedica sulle mani robotiche, così, mi sono imbattuto per la prima volta in questo medico empolese semisconosciuto. Poi nel 2016, abbiamo esposto il suo taccuino di appunti e alcuni prototipi di protesi nella mostra Nexus. Infine, la spinta definitiva per scrivere questo paper è stata l'incontro tra noi bioingegneri e il neurologo Massimo Corbo. Abbiamo indagato ed approfondito assieme tutto quello che ha portato Vanghetti a ipotizzare e a realizzare la sua tecnica."

Vanghetti ha deciso di intraprendere gli studi che lo hanno portato alla creazione della cineplasitca nel 1896, dopo la battaglia di Adua, durante la guerra coloniale italiana in Etiopia. "In quell'occasione, venivano mutilati il piede sinistro e la mano destra a centinaia di Ascari catturati dagli etiopi. Gli Ascari erano dei guerrieri locali considerati traditori perché combattevano al fianco degli italiani. Il governo italiano ha cercato di risarcirli inviando delle protesi puramente cosmetiche. Vanghetti voleva che si facesse di più, che si potesse dare il movimento a quelle protesi, così si è messo al lavoro in prima persona conducendo i primi esperimenti sulle galline del suo pollaio."

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Vanghetti è stato un innovatore anche dal punto di vista del fai da te. Oggi lo definiremmo uno"smanettone". Era medico di formazione ma ingegnere per necessità e passione. Infatti, oltre a ideare la tecnica per muovere le protesi, le realizzava per i suoi esperimenti con materiale di recupero ed addirittura con i pezzi del Meccano," mi ha raccontato Tropea.

Purtroppo, se la sua intuizione ha avuto una grande diffusione, lo stesso non si può dire per la l'attribuzione della sua reale paternità, "la tecnica si è diffusa inizialmente solo in Italia ma, già nel 1911, veniva applicata per la prima volta anche negli Stati Uniti. Circa dieci anni dopo le prime operazioni, un medico tedesco, Ferdinand Sauerbruch, ha replicato il metodo di Vanghetti con minime varianti. Così è iniziato il momento di gloria della cineplastica, purtroppo spesso dimenticandone la reale paternità. Vanghetti ha cercato di ripristinare la verità attraverso le riviste scientifiche dell'epoca, non capacitandosi del motivo di un oltraggio simile."

Quindi è ora di riscoprire il lavoro del nostro connazionale, come ha aggiunto Tropea "la parte più interessante della intuizione di Vanghetti, al di là della tecnica chirurgica di realizzazione, è stata quella di volere connettere intimamente l'artificiale al biologico, all'organico. Vanghetti è stato un pioniere della bionica. Oggi, con l'avanzamento delle tecnologie, dei materiali e delle tecniche chirurgiche è possibile connettere il sistema nervoso alla protesi. Questo permette di controllare le protesi "pensando" il movimento, proprio come aveva intuito Vanghetti."