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Tecnologia

Facebook, abbiamo un problema

Immaginate un Facebook in cui tutti i post non sponsorizzati spariscono dalla nostra homepage. Ecco, è quello che sta succedendo ora in alcuni paesi.
Immagine: Shutterstock

Credo che la parte migliore di tirare i fili che controllano Facebook sia alzarsi un mattino, decidere di cambiare ciò che viene mostrato nella homepage del sito e conseguentemente causare un pandemonio mediatico di proporzioni catastrofiche.

È quello che è successo ieri pomeriggio, quando Facebook ha cominciato ad attivare globalmente un nuovo feed per i post chiamato 'Esplora' in cui gli utenti potranno trovare contenuti, foto e video provenienti da utenti e pagine che non seguono.

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L'idea è di dare modo a chi usa Facebook di entrare a contatto con post raccomandati dalla piattaforma stessa che normalmente non visualizzerebbero: se il social network non avesse già migliaia di problemi quando si tratta di selezionare dei 'contenuti raccomandati', si potrebbe quasi pensare a un tentativo di scalfire la famigerata filter bubble di Facebook.

La vera notizia però è un'altra: insieme alla funziona 'Esplora', Facebook ha cominciato a testare in alcuni paesi (Sri Lanka, Bolivia, Slovacchia, Serbia, Guatemala e Cambogia) un nuovo tipo di timeline che elimina completamente qualunque post non sponsorizzato proveniente dalle pagine.

In pratica, in questi paesi, la maggior parte degli utenti finisce per vedere soltanto i post dei propri amici e quelli che vengono sponsorizzati. Se vuoi vedere i post delle pagine che hai volontariamente scelto di seguire devi passare alla timeline 'Esplora'. Ahahahah, vero?

Non c'è nemmeno bisogno di dire che tipo di effetti apocalittici abbia procurato questa modifica. Filip Struhárik, un giornalista slovacco che lavora per il quotidiano Dennik N, ha segnalato in un post su Medium un calo della portata organica dei post del giornale di circa due terzi rispetto ai giorni precedenti.

Facebook ha cominciato a testare in alcuni paesi un nuovo tipo di timeline che elimina completamente qualunque post non sponsorizzato proveniente dalle pagine.

Se non avete idea di che cosa significhi in termini pratici ve lo dico io: è un mega casino. A meno che non si stia parlando di colossi mediatici già ampiamente strutturati, la maggior parte degli organi di informazione online oggi fanno quasi completo affidamento sul flusso di pubblico che proviene proprio da Facebook, e andare a modificare anche solo in minima parte questo apporto significa mettere in seria difficoltà l'intera infrastruttura che permette, in parole povere, di generare il traffico e il denaro necessari a pagare i giornalisti.

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Se vi state chiedendo perché non basti spostarsi altrove, la risposta è altrettanto semplice: 2 miliardi di persone al mondo usano Facebook, e ci passano sopra così tanto tempo da rischiare, nel frattempo, di finire realisticamente a leggere qualche articolo. La stessa popolazione passa altrettanto tempo anche su YouTube e su Instagram, ma in entrambi i casi le dinamiche stesse delle piattaforme non rendono semplice abbandonare gli stessi siti. Basta pensare al fatto che su Instagram i link non funzionano.

Struhàrik ha segnalato anche come, negli stessi giorni, le 60 più grandi pagine media slovacche abbiano visto un calo di 4 volte rispetto al totale di interazioni con i post (che si tratti di like, commenti o condivisioni). Secondo una segnalazione su Twitter che fa fede alle statistiche fornite da CrowdTangle, uno strumento di analytics per social media (di proprietà di Facebook), sembra che lo stesso sia succedendo anche in Guatemala e Cambogia.

Il crollo di interazione nei giorni successivi all'inizio del test. Fonte: CrowdTangle

Sebbene una dichiarazione di Facebook affermi che "al momento non ci sono piani previsti per distribuire questa funzione su scala globale," è piuttosto spaventoso che il social network abbia anche solamente deciso di fare qualche test in merito per "capire se le persone apprezzano questa divisione degli spazi e per capire in che modo le persone interagiscono con i video e con altri tipi di post."

Ovviamente Facebook, in quanto azienda privata, ha tutto il diritto di fare ciò che gli pare e piace con il proprio prodotto, ma più passa il tempo più diventa evidente quanto sia ormai necessario mettere in dubbio proprio il fatto che Facebook sia, in tutto e per tutto, un'azienda privata.

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Dopo il recente scandalo della vendita da parte di Facebook di inserzioni pubblicitarie ad un'azienda russa piuttosto sospetta che potrebbe aver sfruttato queste inserzioni per influenzare le elezioni presidenziali americane, è di oggi la notizia che qualcosa di simile potrebbe essersi verificato anche nel Regno Unito.

ll Membro del Parlamento inglese Damian Collins, infatti, ha richiesto formalmente a Facebook (nella persona di Mark Zuckerberg) di consegnare i dettagli della vendita di inserzioni durante il periodo delle elezioni generali britanniche e del referendum per la Brexit, per appurare che gli stessi organi russi non abbiano avuto alcuna influenza sugli utenti inglesi di Facebook durante i periodi di voto.

Allo stesso tempo, non è un caso che sia sempre più reale la sensazione che Mark Zuckerberg si stia preparando a una campagna presidenziale per il 2020. Se fino a pochi mesi questa ipotesi poteva suonare come una fantasticheria complottista, non passa giorno in cui un qualche evento legato all'azienda non rinsaldi, in qualche modo, questa tesi.

Per questo motivo un'azione così radicale come quella appena promossa da Facebook nei paesi in cui ha cominciato a testare la nuova timeline, potrebbe corrispondere alla goccia che fa traboccare il vaso e che ci convincerà, finalmente, a mettere in discussione la reale indipendenza del social network dalle dinamiche pubbliche: due sfere che in questo specifico caso sono talmente invischiate tra loro da risultare indivisibili. Forse avevano ragione quelli che volevano nazionalizzare (o globalizzare) Facebook.

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