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Chi sono i cacciatori di tornado italiani

Innanzitutto chiariamoci: “tornado” e “tromba d’aria” sono sinonimi.
Valentina Abinanti a Leoti in Kansas il 21 maggio 2016. Foto di Niccolò Ubalducci

Quando pensiamo ai tornado, i fenomeni meteorologici associati spesso a temporali violenti, li associamo automaticamente alle grandi pianure americane. Di conseguenza, non immaginiamo quasi mai questi vortici d’aria seminare distruzione nella pianura veneta — per fare un esempio — in alternativa alle solite distese dell’Oklahoma.

Invece negli ultimi dieci anni, in Italia, è stata registrata una media annuale di circa 37 trombe d’aria e 71 trombe marine. Il dato è il frutto di uno studio pubblicato sull’International Journal of Climatology da Mario Marcello Miglietta dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR in collaborazione con Ioannis Matsangouras del Servizio meteorologico nazionale della Grecia.

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Si tratta di un argomento trattato talmente poco nel nostro paese che le linee guida per difendersi da questi fenomeni sono scarsissime e affidate all’iniziativa di privati. Non solo. Spesso i media fanno distinzione tra le espressioni “tornado” e “tromba d’aria”, come se il primo fosse la variante più violenta del secondo. Si tratta invece di due sinonimi. La traduzione in italiano del termine inglese “tornado” è “tromba d’aria”.

”In Europa, sono pochissimi i servizi metereologici che provvedono allo studio del fenomeno e a far scattare l’allerta in caso di tornado,” spiega Mario Marcello Miglietta, ”ma c’è una ragione per questo: è il risultato di un processo complesso che richiede molto tempo. Prima bisogna studiare gli eventi, capire quali sono i meccanismi che portano alla loro formazione, testare dei sistemi di allerta che riescano a prevederli in anticipo e dove sarà all’incirca la zona interessata. E poi preparare la popolazione. Al momento questi eventi sono e sono stati sottovalutati.”

Lo studio del CNR è limitato agli ultimi dieci anni ed è stato condotto grazie all’analisi accurata dei dati storici presenti in rete. ”Il materiale è moltissimo ma spesso i dati presentati sui giornali sono fuorvianti,” chiarisce Miglietta, ”molte volte, infatti, si parla di tornado quando invece si tratta solo di downburst, correnti d’aria che discendono a terra rapidamente, senza la presenza del vortice tipico dei tornado.”

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Lo studio e l’osservazione delle trombe d’aria in Italia è spesso prerogativa di privati cittadini. Sono gli storm chaser, i cacciatori di tornado: gruppi di persone che si spostano per raggiungere l’area in cui si prevede avvenga un fenomeno meteorologico interessante. Una delle persone più attive in assoluto sotto questo aspetto è Valentina Abinanti, docente di scuola primaria e al contempo cacciatrice di tornado.

Fulmine nei pressi di Genova il 31 agosto 2012. Foto di Valentina Abinanti

”Nell’immaginario italiano il tornado è sempre qualcosa di forte, ma ciò non è vero. Anche negli Stati Uniti la stragrande maggioranza di trombe d’aria è debole,” sostiene Valentina Abinanti, che spiega anche come ”ovunque nel mondo i tornado violenti, secondo la scala Fujita avanzata, sono gli F4 e gli F5 che mediamente rappresentano l’1 o il 2% del totale delle trombe d’aria. Anche negli Stati Uniti la maggioranza dei tornado sono degli F0 o degli F1, esattamente come da noi.”

La scala Fujita avanzata (Enhanced Fujita scale) è una misura empirica utilizzata per valutare l’intensità di una tromba d’aria in base ai danni provocati: da F0 (danni minori e venti compresi tra i 105 e i 137 chilometri orari) fino a F5 (danni catastrofici e venti superiori ai 322 chilometri orari).

Temporale a Crescentino (VC) il 10 luglio 2017. Foto di Valentina Abinanti

Negli Stati Uniti si registrano in media più di 1.000 tornado all’anno e l’area in cui se ne formano di più — la tornado valley — è ben più estesa delle zone pianeggianti presenti in Italia. Questione di numeri. Se i tornado violenti sono meno del 2% del totale, l’eventualità che questi si verifichino in Italia, dove ce ne sono 37 in media ogni anno, è molto rara ma di sicuro non impossibile.

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La scarsa conoscenza del fenomeno nel nostro paese ha portato a eventi tragici nel recente passato. Valentina Abinanti racconta che ”l’8 luglio 2015 si è verificato un tornado F4 a Dolo, in provincia di Venezia, e online si possono vedere i video di gente che ci andava incontro per riprendere il tutto con il telefono. In quell’occasione c’è stato un morto: un signore che ha guidato dritto dentro al tornado e, a un certo punto, la sua auto è stata letteralmente sollevata da terra. Noi cacciatori di tornado cerchiamo di riprendere e fotografare in totale sicurezza, mantenendoci a distanza.”

Tromba marina a Vesima (GE) il 23 agosto 2014. Foto di Valentina Abinanti

Ogni situazione è diversa e i tornado possiedono un fattore di imprevedibilità. Alcuni si spostano molto lentamente, e permettono di avvicinarsi anche a poche centinaia di metri, altri invece, spesso quelli più grossi, cambiano direzione in maniera repentina e colgono di sorpresa anche le persone più preparate. Il 31 maggio 2013, in Oklahoma, si è verificato il tornado più grande mai documentato. Tim Samaras, suo figlio Paul e Carl Young, ricercatori ed esperti cacciatori di tornado morirono travolti dalla furia della tromba d’aria. Valentina Abinanti era sul posto e ricorda che ”i tre ricercatori erano bloccati e la loro auto è stata travolta. Il tornado ha cambiato direzione all’improvviso e mentre faceva ciò ha raddoppiato la velocità di spostamento ed è diventato quattro volte più grande, fino a misurare 4,2 chilometri di diametro. In quel momento eravamo veramente vicini e ci muovevamo verso sud. Il tornado ha attraversato di colpo la strada a neanche 300 metri da noi. Il tutto è avvenuto in una manciata di secondi.“

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In Italia sono attivi circa 20 cacciatori di tornado. Il loro è un lavoro di analisi, previsione, spostamenti e attese. ”Il cacciatore fa le previsioni da solo e ha una conoscenza di meteorologia di base. Facciamo le previsioni basandoci su modelli fisico-matematici. In pratica: ciò che fanno vedere in TV durante le previsioni meteo, noi lo facciamo da soli,” spiega Valentina, ”cerchiamo di individuare una macro-area dove ci saranno possibili temporali, spesso grande come un’intera regione. Osserviamo se ci sono quegli ingredienti che lasciano supporre che possa verificarsi un fenomeno d’interesse. Arriviamo quando il cielo è ancora sereno e aspettiamo. Non appena il temporale ha inizio, ci muoviamo verso di lui. Le previsioni, però, non sono mai sicure. Le possibilità di avere successo sono di circa il 50%. Per questo motivo cerchiamo di muoverci in gruppi di minimo quattro persone, per abbattere le spese di viaggio.”

Tornado a Pavone del Mella (BS) il 6 giugno 2017. Foto di Valentina Abinanti

Nonostante gli studi e l’impegno i cacciatori di tornado agiscono spesso in maniera amatoriale, senza godere di finanziamenti adeguati. Le loro presenza sul campo è molto utile ma la collaborazione con gli enti pubblici è spesso ostacolata dalla burocrazia.

”Io ho collaborato sia con la facoltà di Fisica di Torino che con ARPA Emilia-Romagna nel corso di alcuni seminari. Però non è che in Italia ci siano dei veri e propri corsi di studio sui tornado,” dichiara la Abinanti, che spiega anche come ”si era pensato di chiedere una collaborazione con le realtà pubbliche. Noi stiamo sul posto, documentiamo e, se vediamo qualcosa di pericoloso, lo comunichiamo in tempo reale all’ente pubblico: esattamente come si fa negli Stati Uniti. Avevo anche proposto di sviluppare un’applicazione che mettesse in contatto noi cacciatori con i centri meteorologici nazionali per mandare le nostre segnalazioni e farle verificare nel giro di pochi minuti per poi diffondere un’eventuale allerta alla popolazione. Tra l’altro l’avremmo fatto gratuitamente. Ognuno tragga le proprie conclusioni.”

Nel nostro paese, a oggi, non esistono linee guida o manuali di auto-protezione per difendersi dai tornado. Per il momento una guida sui pericoli dovuti alle trombe d’aria è disponibile sul sito dello Storm Prediction Center, un’agenzia governativa statunitense parte del National Centers for Environmental Prediction (NCEP). La guida è stata tradotta in italiano da Valentina Abinanti ed è disponibile per chiunque volesse informarsi su un fenomeno che continua a essere pericolosamente sottovalutato.

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