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La ballerina che avrebbe sparato ai nazisti prima di entrare in camera a gas

La storia dell'ebrea polacca Franceska Mann e del suo atto di resistenza è ormai una leggenda. Ma quanto c'è di vero?
Foto di Franceska Mann via Wikimedia Commons; gerarchi nazisti per gentile concessione della US National Archives and Records Administration.

Cosa faresti, tu, di fronte a morte certa? Accetteresti il destino o combatteresti fino all'ultimo respiro? Per Franceska Mann, o Franciszka Mannówna, ballerina ebrea polacca davanti alla camera a gas di Auschwitz, la risposta era ovvia.

Prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale si era fatta strada tra spettacoli prestigiosi e gare, inclusa la gara internazionale di danza di Bruxelles del maggio 1939, in cui aveva vinto vinto il quarto premio. Si esibiva regolarmente al nightclub Melody Palace di Varsavia. Nel 1943 fu deportata dalla Polonia, presumibilmente in connessione con l'affaire Hotel Polski, quando alcuni ebrei che cercavano di fuggire in Sud America con passaporti stranieri furono ingannati e spediti ad Auschwitz.

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Secondo alcune testimonianze, a questi fu detto che erano arrivati a Bergau per essere disinfettati prima di attraversare il confine svizzero, e furono portati nello spogliatoio accanto alla camera a gas. Esistono molte varianti della storia di Franceska Mann, ma forse la più sensazionale è quella della storica dell'Olocausto Cynthia Southern. Spogliandosi, Mann ipnotizzò di proposito due guardie con uno spogliarello improvvisato, alzando la gonna per mostrare le cosce a Josef Schillinger e Wilhelm Emmerich e slacciandosi la camicetta con fare sensuale.

Si tolse poi la scarpa e con essa colpì Schillinger sulla fronte, per poi estrarre di tasca la pistola e sparare due colpi fatali nello stomaco di lui e uno nella gamba di Emmerich. Le altre donne nello spogliatoio si unirono alla rivolta, anche se nessuna riuscì a fuggire.

Ma questo racconto ha una base storica? Per avere conferme ho contattato uno dei maggiori esperti su Auschwitz: il dottor Robert Jan van Pelt, scrittore, professore e storico.

"È davvero molto difficile stabilire la verità su cosa sia successo in uno spogliatoio in un giorno preciso dell'ottobre 1943. La catena degli eventi è davvero labile," mi dice. "Sappiamo che c'è stata una qualche rivolta all'arrivo di un 'trasporto' perché esiste un documento del dicembre 1943 in cui due SS che avevano aiutato a sedare la rivolta, Rudolf Grimm e Fritz Lackner, hanno ricevuto due medaglie. Il documento non descrive la natura della rivolta, né altri dettagli."

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Secondo van Pelt ci sono tre elementi chiave da considerare: Lerzy Wesoloski (alias "Tabeau"), fuggito da Auschwitz, descrisse [l'accaduto] in un resoconto fatto dopo la fuga. Il resoconto fu pubblicato nell'ambito dei Protocolli di Auschwitz a fine 1944 dal War Refugee Board americano. "I punti salienti del resoconto sono che le donne si erano difese, e che una SS di nome 'Schiller' morì. La donna che aveva scatenato la rivolta non è nominata."

"Rudolf Höss menziona questo avvenimento per la prima volta in una dichiarazione del 14 marzo 1946—subito dopo essere stato preso dagli inglesi. Fa capire che a ribellarsi furono delle donne, ma non dà altri dettagli. Nell'aprile 1945 Stanislaw Jankowski lo racconta in una deposizione in Polonia, in cui menziona una donna che avrebbe rubato una pistola a Walter Quackernack [guardia nazista incaricata del crematorio] e avrebbe ucciso Schillinger."

Bambini sopravvissuti ad Auschwitz. Foto via Wikimedia Commons.

Anche se non possiamo identificare con certezza la donna in questione con Franceska Mann, sapere che era una ballerina renderebbe il tutto molto più plausibile. "L'idea che la donna potesse essere una ballerina, a quanto ne so, compare per la prima volta nel 1946 con Eugen Kogon [storico e sopravvissuto all'Olocausto], che non era ad Auschwitz ma a Buchenwald," aggiunge van Pelt.

Se è vero che è difficile stabilire i fatti con certezza, sappiamo però che un incredibile atto di resistenza fu messo in atto da una donna che aveva trovato il coraggio di combattere. Come scrive la sopravvissuta ad Auschwitz Wieslaw Kielar nel suo memoir Anus Mundi - Cinque anni ad Auschwitz - Birkenau: "Quell'avvenimento è passato di bocca in bocca ed è stato abbellito in vari modi, fino a raggiungere lo status di leggenda. Senza dubbio questo gesto eroico, compiuto da una donna davanti a morte certa, ha dato sostegno morale a tutti i prigionieri. Ci siamo resi conto tutti che se avessimo osato alzare una mano contro di loro, quella mano avrebbe potuto ucciderli; anche loro erano mortali."

Come tutte le grandi leggende, la storia di Mann vive nella letteratura. Il romanzo di Arnošt Lustig del 1964 Modlitba Pro Katerina Horovitzova [Preghiera per Katerina Horovitzova]—adattato per il grande schermo nel 1965—parla di una giovane ballerina catturata dai tedeschi in Italia, durante la guerra. Resasi conto che sarebbe morta, la donna spara ai suoi aguzzini all'ingresso della camera a gas. Tadeusz Borowski, sopravvissuto ad Auschwitz, inserì nella sua raccolta Pożegnanie z Marią [Addio a Maria] un racconto nel quale una guardia viene raggirata da una donna attraente che infine gli spara alla pancia con la sua stessa pistola.

Questo articolo è comparso originariamente su Broadly