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Tecnologia

Un sacco di italiani vogliono sparire dalle ricerche di Google

A giudicare dal report annuale di Google, forse siamo un popolo con qualcosa da nascondere.
Immagine: Pexels
Composizione: Giulia Trincardi

Google ha appena pubblicato il report annuale che monitora l’adempimento della legge sul diritto all'oblio in vigore in Europa dal 2014, che stabilisce il diritto degli utenti di chiedere ai motori di ricerca la rimozione di determinati risultati che li riguardano.

Il rapporto permette di visualizzare globalmente o per singolo paese: il volume di richieste ricevute, gli URL che vengono effettivamente rimossi, le categorie di utenti che vogliono essere rimossi come singoli, governi o aziende, le categorie di siti e le categorie di contenuti interessati, i contenuti oggetto delle richieste per categoria di siti web, la frequenza di rimozione degli URL per categoria di siti, la frequenza di rimozione degli URL per categoria di contenuti — infine, permette di esplorare le singole richieste e un elenco dei siti più interessati alla procedura.

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Secondo i dati riportati, in tre anni, la società ha ricevuto 2,4 milioni di richieste di rimozione. Ovviamente, anche l'Italia rientra in questa classifica.

Il picco e il crollo delle rimozioni in Italia. Immagine dal report di Google.

Nella top ten europea di richieste di cancellazione di URL dal motore di ricerca, i primi tre posti sono occupati dalla Francia (20 percento), dalla Germania (17 percento) e dalla Gran Bretagna (13 percento). Fanalino di coda, invece, per la Grecia. L'Italia si posiziona a metà classifica con più di 52.000 richieste per quasi 200.000 URL totali. Da questo punto di vista, rientriamo nella media europea. Rispetto agli altri paesi, però, gli italiani e i cittadini della Gran Bretagna fanno più richieste per la rimozione di articoli pubblicati su testate giornalistiche. L'Italia ha il 32 percento di richieste specifiche di rimozione di articoli, contro l’11 percento della Francia. Forse è dovuto al fatto che il maggior numero di richieste — dopo quelle dei privati cittadini — arriva dai politici, che potrebbero avere particolare interesse per quel tipo di contenuto online?

A quanto pare, invece, gli italiani hanno meno problemi con le informazioni personali contenute sui social, con solo un terzo di richieste di rimozione che li riguardano, mentre circa il 21 percento riguarda gli URL di notizie e siti web governativi il cui contenuto in genere riguardava la storia legale di qualcuno. L'85 percento delle richieste italiane, invece, è motivato da ragioni di natura professionale. Interessante notare un picco di attività di rimozione in corrispondenza della Primavera 2017, seguito da un crollo verso la fine dell'anno.

Sarebbe interessante mettere in relazione questi dati attraverso il sito ”Spurious Correlations” che raccoglie esempi grafici di correlazioni spurie, ovvero correlazioni tra dati statistici che non hanno nessun nesso causale in comune ma che, per qualche assurdo motivo o coincidenza o legge universale, stanno molto bene insieme.

Per oggi è tutto dal pianeta della privacy online e buon oblio a tutti!

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