Come sono diventato un imprenditore ipercapitalista dal mio divano

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Tecnologia

Come sono diventato un imprenditore ipercapitalista dal mio divano

Grazie a 'The Founder', in 4 giorni sono diventata multimilionaria, ho colonizzato Marte, creato una società offshore in Antartide e sono diventata una persona pessima.

Tutto è iniziato nel 2001, subito dopo lo scoppio della bolla dot-com, come direbbero quelli di Goldman Sachs: ogni crisi offre delle opportunità, così ho preso il consiglio alla lettera e ho creato la mia azienda. Mentre colossi come Geocities, Altavista e Lycos erano in profonda crisi, ho avviato la mia start-up, la Cerebro corp., nella Mecca di Internet: San Francisco. Insomma, mi sono tuffata nel mondo del digitale. In maniera simile alle leggende della Silicion Valley sui vari Steve Jobs o Bill Gates che sono partiti da un garage, ho stabilito il mio ufficio in un appartamento: quello del co-fondatore di Cerebro, Jeffrey, "l'ingegnere che sussurrava ai circuiti integrati." Ha guadagnato il suo posto a scapito di altre due possibili scelte, un erede di un'enorme fortuna e un tipo che era il classico primo della classe nella scuola di marketing. Ma sarò onesta con voi, il ruolo di Jeffrey nella storia di Cerebro non è stato così rilevante: l'ho licenziato senza fare tanti complimenti quando il nostro fatturato ha superato per la prima volta il milione di dollari.

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Come scegliere il proprio co-fondatore in The Founder.

Nel 2001, dopo molti brainstorming, Cerebro lancia il suo primo prodotto che si rivela un enorme successo nel campo della telefonia mobile: l'YPhone. Il nostro pargolo muove i primi passi sul mercato e giungono anche i primi profitti. I fondi a nostra disposizione ci consentono di assumere nuovi dipendenti (product designer, programmatori e giovani rampanti freschi di Master in Business Administration). Lo scopo: inondare il mercato di prodotti "iJunk" e raccogliere ulteriori profitti. Quando si avvicina il dicembre 2001, i miei quattro dipendenti sono già al lavoro sull'YPhone 4, la versione Beta di Junk 1 — un social network che si sostiene grazie alla pubblicità — un'applicazione per svolgere il  B2B (business-to-business) e la versione alfa di Junk 2. Concludo l'anno con i conti in rosso.

Il vostro commercialista vi vuole bene, primo episodio: il rapporto annuale.

Non importa, è tutto ok, il mio consiglio di investitori mi spedisce una mail super comprensiva: mi allungano 100.000 dollari in più in modo che io possa continuare a spendere denaro. Ne approfitto per comprare un tavolo da ping-pong (fa sempre un'ottima impressione sulla gente) e investo nel caffè al burro, una bevanda estremamente corrosiva per il tubo digerente — ai livelli degli sturacessi — ma diabolicamente efficace nell'aumentare la produttività di chi la consuma.

Un gioco di sano cinismo

'The Founder' è un videogame creato dal designer e ricercatore Francis Tseng nato grazie a una raccolta fondi di grande successo svoltasi su Kickstarter. In The Founder, il denaro è come un pozzo senza fondo che esiste per soddisfare i propri desideri più megalomani. Il gioco mette nei panni degli Elon Musk, Mark Zuckerberg o Jeff Bezos del caso, concedendo un assaggio del "migliore dei mondi" distopici possibili in cui il denaro scorre a fiumi e l'utilità sociale di un'impresa ha poca importanza (conta solo il suo peso nel "mondo della comunicazione"). In questo mondo, reperire denaro non è un problema, ce n'è a volontà: il vero obiettivo è ottimizzare il condizionamento della debole mente dei consumatori e consolidare il proprio impero economico.

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Fedele a questo principio di sfruttamento del consumatore, ho spremuto i miei team di ricerca perché realizzassero dei nuovi prodotti. Il 2002 è l'anno della svolta: se ne escono fuori con tutta serie di nuove tecnologie, tra cui il "cloudeuh". Inoltre, facciamo partire la produzione di quattro prodotti ad obsolescenza programmata e compro un cane per sollevare il morale delle truppe. Jeffrey e i miei collaboratori mi idolatrano, procediamo con il vento in poppa… fino a quando, in Cina, gli operai che lavorano per noi decidono di suicidarsi a causa delle loro condizioni di lavoro. Sguinzaglio i miei tre esperti di marketing perché ci tirino fuori da questo casino, ma il danno è già fatto. Un duro colpo per la reputazione di Cerebro. Decido quindi di investire i miei soldi per pagarmi un bella campagna di  "causewashing", pensata per fare il lavaggio del cervello ai consumatori, attraverso una raffica di messaggi a contenuto sociale in cui si spiega che gli YPhone 20 sono stati prodotti da dieci cinesi che si sono impiccati per protestare contro il fatto che non potevano beneficiare della pausa pranzo. È una mossa scorretta ma funziona e, infatti, il pubblico ricomincia ad adorarci. E Toby, il mio MBA preferito, ingaggiato quest'anno per gestire la crisi di comunicazione, è entusiasta. "Ci adorano!" esclama.

Dicembre 2002, tiro fuori il mio lato sensibile, è l'anno del "care". Mi metto una mano sul cuore e offro un piano di vacanza illimitato a Cerebro per dare ai miei collaboratori l'illusione che possano partire ogni volta che vogliono per andare anche dall'altra parte del mondo senza che questa scelta influisca sul loro lavoro. Ovviamente, la pressione all'interno dell'azienda è tale che nessuno osa prendersi per davvero una vacanza, ma il solo fatto di sapere che in potenza potrebbero farlo, è sufficiente per tenere buoni i dipendenti. Poi arriva il 2003, l'anno della maturità, quella in cui il mio reparto R&D scopre la realtà virtuale, ma anche la miniaturizzazione, ed è così che decido di diversificare gli investimenti, orientandomi naturalmente verso un settore in cui l'industria è egemonica e interventista per eccellenza: quello degli armamenti. Una mail mi avverte che gli investitori sono "in estasi"; il 2004 sarà l'anno della consacrazione.

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La critica al soluzionismo tecnologico

A poco a poco, il gioco mi insegna a ottimizzare ogni aspetto del mio lavoro per la gioia dei miei investitori. Vivo in un mondo meraviglioso in cui ogni crisi è vista come un'opportunità per diventare ancora più potente. Da questo punto di vista, The Founder si inserisce chiaramente in una tradizione di critica della tecno-cultura. Il gioco è basato su una lettura cinica di ciò che il filosofo e storico della scienza Evgeny Morozov chiama "soluzionismo tecnologico": la visione semplicistica del mondo portata avanti dai campioni della Silicon Valley, secondo cui alcune aree della società (trasporti, sanità, istruzione, alimentazione e povertà) sono solo una somma di problemi da risolvere attraverso la tecnologia. In questo mondo meravigliosamente semplice, un prodotto o un'applicazione sono sufficienti ad ovviare ai difetti del sistema: secondo questa logica, con ogni innovazione, si diventa più efficienti e ci si avvicina un po' di più di ad una certa idea di perfezione. In realtà, lo scopo di tutti questi prodotti è semplicemente quello di saturare un mercato già affollato fino a farlo implodere completamente.

Ma questo, naturalmente, non mi interessa tanto quanto la mia prima riga di codice. Le nostre prospettive sono rosee. Nel 2005, cambiamo sede: finita l'epoca dell'appartamento in condivisione, Cerebro Corp. inaugura l'era della trasparenza estrema all'interno di un ambiente open space in cui tutti i dipendenti possono spiare gli altri al meglio. Solo che non tutti si fanno prendere dall'entusiasmo in questo magico momento di euforia aziendale. Jon, una nuova recluta, non è molto convinto dall'ultima serie di agevolazioni concesse ai dipendenti: un servizio di navetta apposito per raggiungere il lavoro, un ristorante gourmet, la possibilità di farsi congelare gli ovociti, una sala di realtà virtuale per fornire un'esperienza più coinvolgente durante le videoconferenze oppure il progetto di un foglio Excel per dipingere un quadro tutti insieme. Essendo uno dei miei stipendiati più costosi, il poveretto per me è già fuori. Lo licenzio, così risparmierò denaro per indirizzarlo verso fondi destinati a condurre un'operazione di lobbying che sostenga le sperimentazioni sul genoma umano. Deve pensare a lungo termine: clonare i dipendenti più efficienti mi consentirà di non sprecare tempo a cercare nuovo personale da assumere e di non perdermi in interminabili trattative per stabilire i loro compensi che spesso non portano a nulla.

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Il tempo passa, le mie squadre di ricerca e sviluppo ingranano con il lavoro e i miei profitti aumentano sempre di più. Così, decido che è giunta l'ora di trasformarci in un gruppo globale: apro uffici a Berlino, Bangalore, Tokyo e New York. Raggiungiamo i due milioni di fatturato e decido di truccare le mie dichiarazioni dei redditi grazie a un pacchetto finanziario intelligente che rimanda ad un offshore con sede in un'isoletta nell'Antartide. In quella location remota, non ci sono altro che un gruppo di quattro pinguini e orsi polari in via di estinzione che si annoiano.

Sfruttare l'hype delle start-up per sdoganare le cattive pratiche 

Purtroppo, tutto questi sforzi non riescono a placare le lamentele del mio team. Dopo l'ennesimo caso di molestie sul lavoro, si levano ancora le voci piagnucolanti dei miei dipendenti. La realtà è troppo brutta, hanno bisogno di qualcosa per ricominciare ad apprezzarla. Per aiutarli a sopportare la loro vita di merda, ho istituito il Comitato aziendale di gestione dei contributi e regalato ad ogni dipendente delle vacanze virtuali: un soggiorno su spiagge di sabbia artificiale o un viaggio in Perù in groppa a un lama, a contatto con le popolazioni povere. Il pacchetto "Terra di contrasti" dà loro la sensazione di essere utili in un mondo ingiusto e malvagio. Risultato: il team si sente fortificato avendo l'illusione di avere sperimentato un'esperienza di vita significativa e tutti tornano a lavoro ancora più disponibili di prima a farsi fottere… È proprio bella la tecnologia.

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 Le pressioni che subiscono i miei dipendenti non passano inosservate, come sempre, si levano diverse voci per denunciare un ambiente violento e pieno di abusi che si cela dietro l'apparente facciata rilassata della start-up, come nel caso di Matilde Ramadier, che rivela nel suo recente saggio Bienvenue dans le nouveau monde, comment j'ai survécu à la coolitude des start-ups "l'inferno" ultracapitalista che ha attraversato lavorando in una serie di start-up berlinesi.

Tuttavia, The Founder non è il primo videogioco a portare avanti una critica del favoloso mondo delle start-up e dell'economia. Potremmo citare anche GTA V, in cui una delle missioni, denominata 'Friend Request', ha come obiettivo l'omicidio di Jay Norris — una specie di mash-up tra Mark Zuckerberg e Steve Jobs — durante una delle sue conferenze/presentazioni. Un altro esempio è il gioco distopico in realtà virtuale Job Simulator, che vi mette nei panni di un lavoratore umano schiavo dei robot nel 2050.

Tuttavia, The Founder si distingue per il fatto che si tratta di un gioco di simulazione: il genere per eccellenza che consente di mettere in luce le caratteristiche di un intero sistema. Un sistema quasi totalitario, scrive Mathilde Ramadier, che possiede un proprio linguaggio: una neolingua che annulla ogni conflitto a colpi di "dirompente" e "innovativo", dando l'impressione che gli start-upper siano i veri eroi contemporanei. Un sistema che inoltre promuove la predazione economica, come quella praticata dalle grandi aziende della Silicon Valley, che stanno modificando in maniera profonda il nostro rapporto con le istituzioni e con il lavoro, agendo spesso al di fuori della legge (si pensi alla gestione delle tasse e al lobbying). Un sistema, in ultima analisi, ultracapitalista, solo in apparenza aperto e innovativo.

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« No Limit » :  Colonizzare lo spazio e oltre 

SpaceX mi fa un baffo.

Ma non importa, il progresso non può aspettare — e neanche il mio posto sul podio di imprenditore geniale può farlo. Siamo nel 2007, abbiamo passato i sei milioni di guadagni senza grossi problemi. I miei investitori vivono praticamente grazie a me. Cerebro ora occupa un campus in cui tutti i team possono collaborare tra loro condividendo idee e mezzi. Ed ecco che lancio un piano in grande stile per colonizzare Marte. Il segreto del mio successo è quello di essere sempre un passo avanti: dato che la specie umana tende all'autodistruzione, devo anticipare questa sua tendenza ed evangelizzare i marziani a colpi di prodotti tecnologici superflui. Nel frattempo, per massimizzare i miei profitti e fare ancora più felice il mio board, ho intrapreso un'operazione radicale di taglio dei costi: compro dei robot per sostituire la metà dei miei dipendenti. Fine delle lamentele o delle inutili discussioni sui diritti sociali, dò il benvenuto ai nuovi dipendenti modello mossi da un incrollabile senso del dovere. Il 2010 inaugura l'inizio del mio impero predatorio: sono riuscita a comprare cinque dei miei concorrenti. Continuo a fare affari e, allo stesso tempo, dò l'illusione ai consumatori di avere libertà di scelta, mentre, in realtà, il mercato è completamente monopolizzato. Nel 2011, tutto funziona alla perfezione come un orologio svizzero: i robot lavorano alla grande, la mia società offshore tax-free ingrassa come un maiale, i profitti vengono moltiplicati per 10 e il mio board non può che danzare dalla felicità.

Va tutto benissimo, ma arriva il momento in cui il gioco inizia a saturarsi — e capisco che volge al suo termine. The Founder, infatti, include la sua critica alla tecno-cultura all'interno dello stesso svolgimento del videogame: con la crescita della vostra start-up fino a diventare un colosso economico, il ritmo accelera a tal punto che diventa difficile tenere il passo. Nel giro di pochi click, i prodotti superflui si accumulano, diventano obsoleti non appena vengono immessi sul mercato e il cervello del giocatore si satura. Si finisce per cliccare ogni due secondi solo per diventare sempre più ricchi, ma essendo già multi-milionari il processo perde di senso e diventa noioso tanto quanto compilare dei fogli di calcolo di Excel. In breve, anche se il gioco mi costringe a pensare al futuro che stiamo costruendo e a preoccuparmi profondamente per il rapporto di fascinazione/repulsione che abbiamo nei confronti della Silicon Valley, comincio ad annoiarmi.

Mi resta solo una cosa da fare: preparare l'uscita di scena. So già che dopo la mia morte, verrò consacrata definitivamente da un film agiografico che mi ritrae come un'eroina visionaria. Ma prometto che non lascerò il mondo orfano di me molto a lungo: il mio corpo è già in congelamento criogenico e ho affidato ai miei robot Cerebros il compito di farmi risvegliare su un esopianeta. I'll be back.