Alex Bellini. Immagine: Jonathan Shkurko
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Il trailer della prossima impresa di Bellini sull'iceberg. Video: Vimeo/BigRock
Alex Bellini: Quando ho deciso di diventare un avventuriero, volevo solo soddisfare il mio bisogno interiore di movimento. Poi ho capito che non è quello che faccio che conta, ma cosa provo mentre lo sto facendo. Mentre compio le mie imprese, infatti, mi vengono le idee migliori—non a caso i grandi pensatori raggiungono la massima lucidità proprio mentre si muovono. Le più importanti risposte che ho trovato nella mia vita, mi sono venute in mente in movimento, non cercandole su Google.
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La vita è come un pendolo: più alte sono le tue ambizioni, i tuoi impegni e le difficoltà che sei disposto ad affrontare, maggiore sarà la ricompensa che otterrai. Passeggiare per strada difficilmente metterà in moto il pendolo della vita, mentre l'oceano amplifica ogni cosa e permette di dare una grande spinta a questo pendolo.Capisco. Puoi spiegarci come sei riuscito a fare delle avventure il tuo lavoro?
Bisogna prima definire meglio cosa intendi per “lavoro”. Per me il lavoro è qualsiasi cosa ti dia da mangiare. Io vivo delle mie avventure, perché ci sono degli sponsor disposti a investirci dei soldi. Molte aziende mi finanziano perché vogliono che rappresenti il loro marchio e comunichi i loro valori aziendali in modo chiaro.
Bellini nel 2006, al termine della traversata Atlantica. Foto per gentile concessione di Alex Bellini.
Quando ho cominciato non potevo scegliere, piuttosto potevo mendicare: qualsiasi sponsor si faceva avanti lo accettavo ben volentieri—a meno che non fosse una gang. Ora le cose sono cambiate e i miei sponsor devono essere conformi ad alcuni fondamentali principi etici. Per esempio, la missione sull'iceberg è stata pensata per aumentare la consapevolezza pubblica sul problema del riscaldamento globale, quindi non posso farmi finanziare da qualcuno che inquina il pianeta. Non abbiamo ancora trovato lo sponsor, ma di certo la sostenibilità delle attività aziendali sarà un requisito non negoziabile.Giusto, l'iceberg. Spiegaci bene cosa farai.
Nella primavera del 2015, mi farò calare su un iceberg in Groenlandia, insieme a 300 chili di cibo essiccato, un po' di attrezzatura elettronica e una capsula di sopravvivenza. Si tratta di una specie di salsiccia in kevlar, dal diametro di quattro metri, che viene usata come scialuppa di salvataggio sulle piattaforme petrolifere. Vivrò dentro questa capsula posizionata sull'iceberg finché il ghiaccio non si scioglierà tutto—cosa che di solito avviene nel giro di otto mesi—o fino a un tempo massimo di un anno. Dopodiché andrò alla deriva nell'oceano Atlantico, sempre nella mia capsula, finché non raggiungerò la terraferma.
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Sceglierò in base alle dimensioni e alla forma. Dovrà essere un iceberg a forma tabulare, piatto e grande all'incirca 60 per 20 metri.Perché hai deciso di andare a vivere su un iceberg?
Il mio obiettivo è studiare e documentare, con un approccio scientifico, l'intero arco della vita di un iceberg. Voglio dimostrare che il ritmo di scioglimento dei ghiacci è cresciuto in modo preoccupante negli ultimi anni. Sarà un'impresa significativa anche dal punto di vista simbolico: l'avventura di un uomo alla deriva nell'oceano sarà la metafora della condizione del genere umano, alla deriva su un pianeta in pericolo.Ma la mia avventura sarà anche l'occasione per sperimentare delle nuove tecnologie. Penso a quelle legate alle comunicazioni, che userò per tenermi in contatto con la mia famiglia e il mio team, ma anche quelle per produrre energia. Per esempio, il mio equipaggiamento tecnico sarà alimentato da una specie di vogatore, che convertirà l'energia dei miei muscoli in elettricità.
Foto: Jonathan Shkurko
No, per quello userò un secchio. È divertente, mi ci è voluto un po' per capire che era il migliore attrezzo per defecare. Quando stavo attraversando l'Atlantico, all'inizio provavo a farla sporgendomi fuori dalla barca. Il problema era che, quando c'era il mare grosso, le onde ributtavano tutto a bordo. A un certo punto ho cominciato a usare il secchio e mi sono accorto che funzionava benissimo. In seguito, ho scoperto anche che le feci sono un'eccellente esca per i pesci: ogni volta che svuotavo il secchio in mare, accorrevano orde di pesci e catturarli era molto facile.Interessante, ma torniamo alla tua vita sull'iceberg. Come passerai le tue giornate?
Quello sarà un bel problema, visto che in questa avventura non è coinvolto lo sforzo fisico. La sfida sarà proprio quella di restare lì senza far niente—e a una temperatura di 20 gradi sotto zero. Di sicuro mi porterò qualcosa da leggere. Inoltre, io e mia moglie siamo iscritti al corso di laurea in psicologia di un'università online, la Open University. Quindi proveremo a studiare “insieme” grazie a internet.
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Mi interessano gli aspetti inconsci del comportamento umano, e in particolare la questione dell'ipnosi. In pratica sto lavorando a una tesi sull'ipnosi legata allo sport.Sarebbe a dire?
Ogni atleta, per raggiungere risultati straordinari, deve superare alcuni blocchi psicologici inconsci che influenzano la sua performance. Sto imparando come aiutare gli atleti ad andare oltre queste limitazioni mentali, anche con l'aiuto dell'ipnosi. Non sto parlando di ipnosi da palcoscenico, ma di un particolare tipo di meditazione che aiuta le persone a sfruttare le proprie energie nel miglior modo possibile.Vuoi dire che puoi ipnotizzare anche te stesso? Pensi di farlo quando sarai sull'iceberg?
Sicuro che lo farò. Ho già praticato l'autoipnosi molte volte. Per esempio, quando ho corso da Los Angeles a New York, l'ho fatto mentre ero in uno stato ipnotico.
Bellini durante la sua personale maratona da Los Angeles a New York. Immagine: via Flickr/Jeep-people
In effetti è vero, mentre sono in trance c'è la possibilità che mi capiti qualcosa o semplicemente che prenda la direzione sbagliata. Per questo in quei momenti cercavo sempre di avere qualcuno che corresse al mio fianco.Tecnicamente, come funziona questa “autoipnosi”?
Ci sono due modi diversi per eseguirla. Il primo è concentrare la mente su un certo ritmo, come le popolazioni indigene che raggiungono uno stato di trance collettiva mentre danzano e suonano i tamburi. La seconda tecnica è quella che chiamo “mono-idea”: focalizzi i tuoi pensieri su una singola idea finché non entri in trance e diventi facilmente influenzabile. Quando sei in questo stato, puoi darti le istruzioni giuste e riuscire a raggiungere grandi risultati.Mica male, siamo partiti dal cambiamento climatico e siamo finiti a parlare di ipnosi. Ultima domanda: le grandi avventure del passato hanno portato a fondamentali scoperte geografiche. Cosa puoi dire di aver scoperto durante le tue imprese?
Be', ovviamente non ho fatto nessuna scoperta geografica. Le avventure di oggi esplorano più che altro la parte soggettiva e introspettiva di noi stessi. Io ho imparato che alcune cose vanno oltre il nostro controllo: quando sei in mare aperto, non puoi perdere tempo a cercare di controllarle, o metterai la tua vita a repentaglio.Ho scoperto anche che fare qualcosa che non mi piace è troppo difficile per me. E alla fine ho trovato quello che mi piace fare. Non è un risultato da niente: oggi le persone sono libere, ma non si concedono di essere felici.