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Stefano Puntoni: C'è tutta un'intera area di ricerca psicologica dedicata alla psicologia della cultura. Lo studioso olandese Geert Hofstede, per esempio, ha sviluppato un numero di "dimensioni" sufficientemente generali per riuscire a spiegare alcune differenze culturali. Si parla di dimensioni come la mascolinità, la propensione al rischio, l'individualismo, il collettivismo: i paesi sono diversi in base a queste dimensioni, facendo sì che—per esempio—gli scandinavi abbiano una cultura più "femminile", i paesi orientali una più collettivista, che gli americani siano più individualisti.
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Bisogna prender in considerazione due forze, in questo senso. Da un lato c'è la standardizzazione, ossia il fatto che negli ultimi decenni si è venuto a creare uno stile di vita globale globale fortemente influenzato dai modelli americani in ogni angolo del pianeta—se prendi un teenager cinese, probabilmente ha comportamenti e preferenze che sono più simili a quelle di un teenager americano che a un'altra generazione di cinesi. È un processo di concentrazione dei gusti intorno a uno stile di vita più o meno globale.
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Il caso di Johnnie Walker, la marca di whisky. Negli ultimi anni hanno riposizionato il brand trasformandolo in un marchio che dovrebbe riflettere un desiderio di progresso, ambizione, miglioramento personale. Per esempio, nel logo c'era un omino che camminava verso la sinistra mentre adesso lo fa verso destra, come se andasse in avanti, in modo tale che il messaggio arrivasse chiaro: Johnnie Walker può diventare un segno distintivo del progresso sociale di chi lo consuma.Quando però hanno deciso di esportare il brand in Cina, si sono resi conto che un'eccessiva attenzione sul tema del "successo personale" non funzionava, a causa della cultura collettivista tipica di quella società: a quel punto il messaggio è stato rimodulato per riflettere un tipo di "successo" diverso, dentro un cerchio sociale e non più solo individuale—per esempio, mostrare un gruppo di amici che si ritrovano e riflettono insieme su quanto le cose stiano andando bene. La medesima idea del progresso e miglioramento personale—tema fondamentale, che funziona in ogni contesto—viene quindi reinterpretata in vista delle differenze fra cultura europea e quella cinese, rispondendo ad alcuni "stereotipi."In questo processo, internet è stato un acceleratore?
Ovviamente, e crea anche grossi problemi dal punto di vista della consistenza. Perché mentre prima, magari, un marchio poteva entrare in un mercato e promuovere un certo messaggio reputandolo soddisfacente, adesso quello stesso messaggio—essendo il mercato molto più trasparente e globale per via di Facebook e in generale dei social media—può provocare una situazione di rischio.Un esempio classico è il caso del Kentucky Fried Chicken in Australia, nel cui spot alcuni tifosi di cricket bianchi offrivano delle ali di pollo per placare la danza di altri tifosi di colore. Quando poi questa pubblicità è stata vista da consumatori afroamericani, questi streotipi—i neri golosi di ali di pollo fritte—sono apparsi razzisti, animando una grande discussione online appena questa pubblicità è diventata di dominio globale, uscendo fuori dal contesto nel quale era stata inizialmente pianificata. È un esempio che fa capire perché le aziende dovrebbero dedicare molta più sensibilità e attenzione sulle dinamiche dei contesti particolari, e al concetto di stereotipo da tutti i punti di vista. Segui Vincenzo su Twitter