Ursula K. Le Guin sul futuro della Sinistra
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Ursula K. Le Guin sul futuro della Sinistra

Se non vogliamo che la società ci distrugga tutti, l'unica alternativa è costruirne una ecologica.

Quando ti viene offerta la possibilità di pubblicare Ursula K. Le Guin, non fai troppe domande — anche se sei una colonna di narrativa e quello che ti arriva è un suo essay politico.

Tutto è collegato, in ogni caso. L'icona della fantascienza ha vinto nel 2014 il National Book Award e ha uno storico interesse nel pensiero politico; molti dei suoi primi romanzi, come I Reietti dell'Altro Pianeta (The Dispossesed) e Il Mondo della Foresta (The Word for the World is Forest), sono allegorie efficaci sull'ambientalismo, l'anarchismo e il taoismo. È stata un'intellettuale radicale, e l'essay che ci ha inviato — un appassionato scritto sull'autore e teorico politico Murray Bookchin, estratto dalla prefazione di una recente raccolta di suoi essay — è un testamento.

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Sin dalla Rivoluzione Francese, "la Sinistra" è un termine piuttosto significativo ma che ha assunto una portata ben più ampia con l'arrivo del socialismo, dell'anarchismo e del comunismo. La rivoluzione russa, sulla carta, è riuscita a stabilire un governo completamente di sinistra; i movimenti di destra e sinistra hanno fatto a pezzi la Spagna; i partiti democratici in Europa e in Nord America si sono allineati su due poli; i vignettisti liberali hanno rappresentato l'opposizione come un grasso plutocrate munito di sigaro, mentre, dal 1930 fino alla fine della Guerra Fredda, i reazionari negli Stati Uniti hanno demonizzato i "commie di sinistra". L'opposizione sinistra/destra, benché degeneri spesso in una semplificazione eccessiva della questione, è stata per due secoli una descrizione utile ed efficace e un promemoria di questo equilibrio dinamico.

Nel ventunesimo secolo siamo abituati a usare questi termini, ma cosa c'è a sinistra della Sinistra? Il fallimento del comunismo di stato, il silenzioso coinvolgimento di un certo tipo di socialismo nei governi democratici e l'inarrestabile influenza delle politiche di destra guidate dal capitalismo industriale hanno reso un modo di pensare all'apparenza progressivo piuttosto antiquato, ridondante e illuso. La Sinistra è stata marginalizzata nei suoi pensieri, frammentata nei suoi obiettivi, e resa incerta della sua abilità di unirsi. Negli Stati Uniti, in particolare, lo spostamento della destra è stato così forte che addirittura il liberalismo ha assunto quei connotati terrificanti che erano una volta prerogativa dell'anarchismo o del socialismo, e i reazionari sono chiamati "moderati."

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Quindi, in un paese che ha chiuso il suo occhio sinistro e sta provando a usare soltanto la sua mano destra, dove si colloca un vecchietto ambidestro come Murray Bookchin?

Credo che troverà i suoi lettori. Molte persone stanno cercando un modo di pensare consistente e costruttivo su cui basare le proprie azioni — e si tratta di una ricerca piuttosto frustrante. Gli approcci teoretici che sembrano promettenti si rivelano essere, come il Partito Libertario, una Ayn Rand mascherata; delle soluzioni immediate ed efficaci palesano, come il movimento Occupy, la loro mancanza di struttura e della stamina necessaria per sopravvivere sul lungo periodo. I giovani, le persone che questa società sottovaluta e tradisce incessantemente, stanno cercando un modo di pensare intelligente, realistico e che abbia un valore sul lungo termine: non un qualche strillo ideologico, ma un'ipotesi pratica e funzionante, una metodologia per riacquisire il controllo sulle mete verso cui ci stiamo dirigendo. Ottenere questo controllo richiederà una rivoluzione potente e profondamente legata alla società tanto quanto lo è il potere che sta cercando di intaccare.

Murray Bookchin era un esperto di rivoluzione non violenta. Ha pensato per tutta la sua vita ai cambiamenti sociali radicali, pianificati e non pianificati, e a come prepararsi al meglio per ottenerli. Una nuova raccolta dei suoi saggi, The Next Revolution: Popular Assemblies and the Promise of Direct Democracy, pubblicata il mese scorso da Verso Books, porta il suo pensiero dal passato alle minacce future.

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I lettori più idealisti e impazienti potrebbero trovarlo un po’ troppo tarato. Non è solito saltare dalla realtà al sogno con un lieto fine, e non simpatizza per le trasgressioni fini a se stesse che cercano di passare per azioni politiche: “la ‘politica’ del disordine o di ‘caos creativo’, o la pratica naif di ‘prendersi le strade’ (spesso in maniera poco più seria di una street parade), portano a comportamenti regressivi pari a quelli di un gregge di liceali.”

Tutto quello che abbiamo, lo abbiamo preso dalla terra; e, anche se ne prendiamo con velocità e avarizia sempre crescenti, ne restituiamo una piccola parte, per di più sterile o avvelenata.

Ma Bookchin non è un arcigno puritano. L’ho letto prima di tutto in quanto anarchico, probabilmente il più eloquente e profondo della sua generazione. Anche dopo essersi allontanato dall’anarchismo, Bookchin non ha perso il suo senso di ricerca della libertà. Non vuole vedere quella gioia, quella libertà, distruggersi ancora una volta tra le rovine della sua irresponsabilità euforica.

Ciò che il pensiero politico e sociale è finalmente stato costretto ad affrontare è, ovviamente, l’irreversibile distruzione dell’ambiente per mano del capitalismo industriale: fatto di enorme importanza, di cui la scienza sta cercando di convincerci da una cinquantina d’anni a questa parte, mentre la tecnologia ci procura grosse distrazioni. Ogni beneficio che ci hanno portato l’industria e il capitalismo, ogni avanzamento nella conoscenza, nella salute, nella comunicazione e nel comfort, porta questa stessa ombra fatale. Tutto quello che abbiamo, lo abbiamo preso dalla terra; e, mentre lo prendiamo con velocità e avarizia sempre crescenti, ne restituiamo una piccola parte, per di più sterile o avvelenata.

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Ciononostante, non possiamo fermare questo processo. Un'economia capitalista, per definizione, vive grazie alla crescita; come evidenzia Bookchin: "Se il capitalismo fermasse la sua irragionevole espansione finirebbe per commettere un suicidio sociale." In pratica, abbiamo scelto di adottare un cancro come modello per il nostro sistema sociale.

L'imperativo di crescita-o-morte del capitalismo si oppone in maniera radicale all'imperativo dell'ecologia di interdipendenza e limite. Questi due imperativi non possono più coesistere l'uno con l'altro; e nessuna società che è fondata sul mito che questi due fattori si possano riconciliare ha speranze di poter sopravvivere. Se non vogliamo che la società ci distrugga tutti, l'unica alternativa è costruirne una ecologica. — Murray Bookchin

Murray Bookchin ha speso una vita intera a opporsi all'ingordo principio di crescita-o-morte del capitalismo. I nove essay contenuti in The Next Revolution rappresentano il culmine di questo suo lavoro: le fondamenta teoriche di una società ecologica ed egualitaria basata sulla democrazia diretta, insieme ad un approccio pratico su come costruirla. Critica i fallimenti nel passato dei movimenti per un cambiamento sociale, fa risorgere la promessa di una democrazia diretta e, nell'ultimo essay del libro, disegna una bozza della sua speranza di come potremmo trasformare la crisi ambientale in un momento di di scelta reale — una possibilità di trascendere le paralizzanti gerarchie di genere, razza, classe e nazioni per trovare una cura radicale per il male radicale del nostro sistema sociale.

Nel leggerlo mi sono sentita commossa e riconoscente, come spesso mi sono sentita leggendo Murray Bookchin. È stato un vero figlio dell'Illuminismo per ciò che riguarda il suo desiderio di ottenere un pensiero chiaro, una responsabilità morale e nella sua ricerca onesta e senza compromessi di una speranza realistica.