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Tecnologia

Che cos'era il 'lampo blu' che qualcuno ha visto durante il disastro di Chernobyl?

A più di trent'anni dal disastro, un nuovo studio capovolge la ricostruzione degli eventi.

Il disastro di Chernobyl, che si è verificato il 26 aprile del 1986, è stato l'incidente nucleare più catastrofico della storia: ha mietuto decine di vittime nell'immediato e migliaia dopo, per esposizione alle radiazioni.

Considerato il suo impatto disastroso, dal punto di vista umano e culturale, l'esplosione del reattore di Chernobyl è stata esaminata in tutti i suoi aspetti negli ultimi 31 anni, e ha riavviato un pesante dibattito sui rischi del nucleare. L'ipotesi prevalente è che l'esplosione sia stata generata da un test di sicurezza mal riuscito, risultato di due esplosioni in rapida successione: prima una potente emissione di vapore e, qualche secondo dopo, un'esplosione.

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Ma uno studio pubblicato su Nuclear Technology questa settimana rovescia questa ipotesi. Il team condotto da Lars-Erik De Geer, un ex fisico nucleare di un ente di ricerca del governo svedese sulla difesa, ha proposto che il getto di vapore sarebbe avvenuto come conseguenza dell'esplosione nucleare, e non viceversa.

La prova di questa nuova ipotesi sarebbe nella città russa di Cherepovets, a qualche centinaio di km a nord di Mosca. Quattro giorni dopo le esplosioni a Chernobyl, gli scienziati del centro di ricerca sul radio V.G. Khlopin di San Pietroburgo (allora Leningrado) avrebbero rilevato tracce fresche di xeno nella regione, cosa che suggerirebbe un collegamento con la traiettoria delle scorie conseguenti al disastro.

Ma Cherepovets è lontana dal percorso che da Chernobyl ha portato alla contaminazione dell'Europa e della Scandinavia. Per spiegare questo fatto, De Geer e colleghi hanno ipotizzato che un'esplosione nucleare iniziale avrebbe spedito un terribile getto di detriti nucleari verso il cielo, a due miglia di quota.

Questo getto radioattivo, con la sua elevata altitudine, avrebbe influenzato gli agenti atmosferici diretti a nord-est verso Cherepovets, in contrasto con la successiva eruzione che ha frantumato il reattore, le cui scorie si sarebbero dirette verso nord-ovest.

Questa ricerca sulle tracce di xeno a Cherepovets si basa sul leggendario racconto di un pescatore locale che avrebbe visto un "lampo blu" sul reattore, che coincidere più con un'esplosione nucleare che con un'esplosione di vapore.

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I rilievi sismici presi a 62 miglia (100 km) a ovest del sito dell'esplosione potrebbero essere la prova di una grossa esplosione nucleare, sostiene l'autore, mentre il danno al reattore, che include lo scioglimento di un nucleo centrale di due metri di spessore, potrebbe essere stata causata da un'esplosione nucleare che ha preceduto il getto.

Via email, ho chiesto a De Geer se lo studio prevedesse anche una ricostruzione della sequenza di scioglimento, ma mi ha detto che è solo uno dei tanti argomenti che ha intenzione di approfondire. La sua prossima ricerca, dice, sarà sui test nucleari piuttosto che sugli incidenti.

Altri scienziati nucleari, comunque, potrebbero seguire questa pista per capire le dinamiche di uno dei disastri tecnologici più studiati della storia. Sarà compito loro cercare di capire se ci sono altre prove dell'ipotesi di De Geer, oppure se ha delle falle. In ogni caso, Chernobyl è ancora piena di misteri, tanto macabri quanto affascinanti. A distanza di trent'anni, la regione è cambiata inevitabilmente, per sempre.

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