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Musica

La Musica de Harry Fraud

Una chiacchierata con il producer di rap più attivo del momento, l'uomo dietro a SAAAB Stories di Action Bronson etc etc

Harry Fraud è un ragazzo con un bel numero di capacità musicali e con le giuste amicizie, ma sarebbe stupido pensare che sia arrivato dove è ora semplicemente grazie alle giuste raccomandazioni. Dopo aver fatto gavetta nell’ambiente, ha trovato la sua nicchia in quanto produttore-strambo della maggior parte dei talenti emergenti di New York negli ultimi anni, ma scovare le sue capacità (e un pubblico che le apprezzasse) era solo la punta dell’iceberg per Rory Quigley. L’italiano, cresciuto a Brooklyn–che evita di cadere nei cliché quando possibile–si è preso un po’ di tempo per parlare con Noisey di SAAAB Stories, di assoli di chitarra e delle sfide affrontate nel produrre la sua musica.

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Noisey: C’è qualche traccia che preferisci tra quelle di SAAAB Stories?

Harry: Penso che sia una di quelle situazioni in cui ho davvero a cuore tutto ciò che abbiamo fatto. Ci sono così tante canzoni di cui vado gran fiero, potrei dire che sono tutte la mia preferita.

Ci sono solo sette tracce sul disco, sembra un po’ corto. C’era qualche pezzo che hai ritenuto non fosse all’altezza?

Quando abbiamo deciso di far uscire l’EP sotto etichetta, il numero delle tracce è stato limitato a sette, quindi abbiamo scelto quelle che ci sembravano poter stare meglio assieme in quel numero di tracce. Un domani potremmo decidere di pubblicare un’altra versione di SAAAB Stories usando tutto il materiale che avevamo, ma non si tratterebbe comunque di decidere se questa canzone sia meglio di quell’altra; per noi è più che altro importante che insieme suonino come avevamo in mente. Abbiamo voluto che questo progetto fosse realmente “diverso”–odio questa parola, le persone tendono ad usarla a sproposito–ma abbiamo veramente voluto sperimentare qualcosa di nuovo. Ascoltandolo puoi sentire chiaramente Bronson lanciarsi in stili di flow e beat molto differenti rispetto a quelli che è solito usare nelle sue produzioni.

Avevi già un'idea di come sarebbe stata la traccia finita quando gli davi il beat?

Nove volte su dieci ce ne stavamo seduti nello stesso posto a lavorare sulla traccia, quindi non ho mai dovuto mandargli il beat con le istruzioni via mail. Lui mi spiegava quello che gli piaceva e quello che avrebbe cambiato per poterci rappare sopra in un certo modo. In questo modo, ci siamo dati un sacco di stimoli a vicenda. Solo per “Alligator” non è andata così: avevamo lavorato insieme alla prima metà del pezzo e io ero in Florida quando Bronson ha deciso di scrivere le rime, quindi gli ho semplicemente detto di fare di testa sua.

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Chi è più bravo a ricevere le critiche tra te e Bronson?

Ci critichiamo tutto il giorno, siamo molto severi l’uno con l’altro. Diciamo che il nostro gruppo di amici non è incoraggiante, non è facile che si accettino elementi nuovi. Per quanto riguarda la musica, però, c’è una cosa che io e Bronson abbiamo in comune: ci capiamo veramente bene. Dato che noi due in realtà ci frequentiamo anche al di fuori del nostro ambiente lavorativo, l’intero processo diventa estremamente fluido. Oltretutto, lui è un artista con cui sento di poter suonare qualsiasi cosa. Non c’è nulla che non si possa far rientrare nelle sue corde. SAAAB Stories è venuto fuori così: io mi mettevo a suonare della merda totalmente sregolata e me ne restavo tranquillo a vedere se riusciva a cavarne qualcosa di valido. Col senno di poi, credo che un bel po’ di produttori gli avrebbero appioppato uno di quei beat tipici degli anni Novanta tutti boom-bap, mentre uno dei nostri obiettivi era di stare alla larga da quella roba. Io sono solo la sua scusa per sperimentare cose nuove, perché sono davvero un produttore piuttosto tarato e credo che potrei mettermi a fare qualsiasi cosa.

Hai imparato qualcosa riguardo a riferimenti nascosti a sport e wrestler passando del tempo con lui?

Sai, apparteniamo alla stessa generazione: siamo venuti su tifando e giocando gli stessi sport nell’età dell’oro per le squadre di New York, quando i Knicks erano straordinari e gli Yankees avevano vinto una marea di campionati. Riguardo al wrestling, be', quelli erano gli anni del vero Wrestling, prima che diventasse una merda. Quando Ultimate Warrior, Hulk Hogan e Andre The Giant salivano sul ring era qualcosa di epico.

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Ma Big Body Bes ha davvero quella voce?

È anche peggio. Non riusciresti nemmeno a crederci se ti dicessi che quello che hai sentito è pure attenuato.

Per me è un candidato al podio come “miglior voce suadente” su un album insieme a Diddy.

Nessuno sa fare quella cosa come Bes. Viene dal futuro. Puff può fare qualcosa di simile, lo ammetto. Quando inizia a parlare sulla traccia e la sua voce è completamente distorta diventa un cazzo di animale. Ma Bes è davvero il nuovo re. È il numero uno.

Quale beat sei più orgoglioso di aver prodotto?

Non potrei mai averne uno. L’ultimo che ho prodotto è quello di cui sono più orgoglioso. Ogni volta per me è come se mi mettessi a lavorare a un pezzo d’arte del tutto unico, non potrei mai dividerlo o valutarlo. Sarebbe come se mi chiedessero qual è l’artista con cui preferisco lavorare. Amo stare in studio con Bronson per certi motivi. Mi piace lavorare con French per certi altri. Ma d’altro canto amo anche produrre per Smoke Dza, dato quello che fa.

A proposito di French, mi sono accorto che non eri su Excuse My French. L’ho trovato un po’ strano considerando che hai preso parte alla sua scalata verso il successo, quindi: come mai non c’è un beat di Harry Fraud in quell’album?

Non è che non avessimo lavorato a qualcosa. È stata la parte commerciale del processo che ha trasformato tutto in merda. Tutto il lavoro è letteralmente andato a farsi fottere, ma lui è ancora un mio fratello. Quello che le persone non riesco a capire riguardo me e French è che le cose non potrebbero mai andare male; abbiamo un rapporto che va al di là della musica. Ci siamo seduti lì in studio e abbiamo spaccato i culi senza pressioni esterne, quindi credo che il nostro lavoro fosse al di là delle “mode”. Non ho preso niente sul personale perché sono consapevole che tutto quanto riguarda il business; lui invece è un mio fratellone. So che qualcuno si è scazzato per questo, ma stiamo lavorando per tornare con qualcosa di spettacolare. Non voglio svelare molto a riguardo, ma io e French presto sganceremo qualcosa che chiuderà la bocca a tanta gente.

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Qual è il tuo strumento preferito?

La chitarra è uno strumento a cui sono sempre stato molto legato, dal momento che mio padre che era un chitarrista molto dotato. Lui aveva questa chitarra, una vecchia Les Paul Custom con alcuni adesivi che avevo appiccicato quando avevo solo un anno. Ho pizzicato le corde di una chitarra fin dal giorno in cui ho imparato come funzionano le mani. Mio padre era quel genere di uomo che si metterebbe a suonare la chitarra ovunque–dopo cena, durante un barbecue, ovunque.

Sai suonarla?

Non sono bravo, ma so strimpellare qualche accordo.

Hai un assolo di chitarra preferito?

Senz’altro uno di quelli di Appetite for Destruction dei Guns N’ Roses, perché è il primo album che ricordo di aver posseduto. Il problema degli assoli è che sono tutti super fighi, quindi è difficile sceglierne uno. Ogni assolo è così unico che potresti sceglierli tutti, ognuno per un motivo differente.

Cosa usi per produrre i tuoi beat?

Quello che capita. I beat girano tutti attorno a Pro Tools, quello è il perno, ma ormai posso fare un beat anche sul mio iPad. Posso registrare un beat con ogni programma di cui possa conoscere il funzionamento. SAAAB è variegato da questo punto di vista. Ci sono sample, ma ci sono pure band, suoni prodotti dal vivo. Ci sono drum loop. C’è di tutto. Prima me la menavo e dicevo cose tipo “Yo, faccio beat unicamente su un MPC 2000XL”. Questo perché mi atteggiavo a purista. Ma sotto sotto ero solamente nervoso perché è spaventoso pensare a quanta varietà ci sia là fuori, è come con la taglia di un vestito: bisogna scegliere quella che vesta al meglio. Ma mi piace provare sempre roba nuova.

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Penso che sia la più grossa figata della musica: se riesci a capire il disegno dietro le cose che stai facendo, se scavi sotto la superficie di quello che ti definisce come artista, ripercorrendo passo a passo le idee che ti sono venute durante il processo creativo, allora diventa tutto più facile. Potrei raccattare qualsiasi strumento e farci un beat. Questo mestiere non ha nulla a che fare con la strumentazione, riguarda tutto il mio cervello e il modo in cui faccio musica.

Hai mai studiato teoria musicale?

Eh sì. Sono stato così fortunato da frequentare scuole private in cui c’era sempre qualche progetto riguardante la musica. Se non stavo cantando in un coro era perché ero troppo impegnato a suonare il sax. Se non suonavo il clarinetto, studiavo solfeggio. In ogni scuola che ho frequentato c’era almeno un corso di musica obbligatorio. Questo è un grande merito di mio padre che si è sempre sbattuto per avere la certezza che io crescessi in un ambiente artisticamente valido. Credo che i miei genitori abbiano avuto un apporto incredibile in quella parte della mia vita. Mia madre era una cantante, ed è stata molto utile al mio sviluppo artistico. Al momento sono felice della mia musica, ma quando ero ragazzino in casa mia c’era questo pianoforte e oggi vorrei essermi spezzato la schiena molto più a lungo su quei tasti. Sono bravo a suonarlo, ma cazzo, vorrei essere fenomenale. Ogni tanto mi capita di sedermi a fianco di alcuni pianisti e rimango spiazzato quando sento quello che riescono a creare.

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La ricerca della perfezione gioca in ruolo nel tuo lavoro, al momento?

Quando ti ci vuole per essere soddisfatto di un tuo beat? Per alcuni ho bisogno di tre anni, per altri di tre ore. Mi rimetto a lavorare sulla roba vecchia tutte le volte che entro in studio. Ho così tanti vecchi Hard Disk a casa di mia mamma che qualche volta vado là e mi porto via qualche suono.

A che età hai capito di voler seriamente diventare un produttore?

Me ne sono accorto durante il liceo, ma non ne ero ancora del tutto sicuro. In quegli anni me la spassavo e basta, ho provato un po' di droghe e cose del genere. Ma sapevo di voler entrare nel mondo della musica. Per entrare al college ho presentato quattro beat che avevo fatto sul sampler con la drum machine. Quello fu in assoluto il mio primo CD e quando poi sono entrato al college mio papà mi ha comprato Pro Tools e ho cominciato a fare qualcosa nel mio dormitorio. A dispetto del posto in cui vivevo ho sempre registrato e questo si è naturalmente evoluto in maniera professionale man mano che miglioravo.

La gente di solito non riconosce i miei meriti perché la mia roba ha sempre avuto un suono diverso e le persone che frequentavano la scena a quel tempo erano estremamente snob di fronte ai suoni “diversi”. Per me bizzarro era sinonimo di buono, ma gli altri la pensavano diversamente. Così ho realizzato che se fossi riuscito a fondere la mia roba strampalata con quello che la gente si aspettava di ascoltare, allora avrei avuto in mano qualcosa di valido. Ho iniziato letteralmente confrontando il mio beat con uno di quelli che mi piacevano, suonandolo subito dopo, cercando di capire che cosa mi mancasse. Ci è voluto un bel po’ di tempo per risolvere quel punto, ma una volta risolto mi sono reso conto che sarebbe stato qualcosa di gigantesco.

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Qual è il tuo momento preferito nella storia di Brooklyn?

Gli anni novanta, senz’altro. Sicuramente questo momento non è il mio periodo preferito, posso dirtelo con certezza. Penso che abbiamo un po' perso la rotta. Brooklyn aveva il suo stile personale e distinto da Manhattan, ma ora mi sembra che si stia mischiando tutto quanto.

Qual è la cosa che ti piace di meno di Brooklyn?

La puzza che esce dal Gowanus Canal.

Scarichi musica illegalmente?

Questa domanda ha qualche senso, ormai? Non scarico molta musica, punto. Supporto le persone, ancora oggi esco di casa e compro copie fisiche dei dischi. Quando ascolto musica sul mio iPad posso farlo in streaming, ma se sto guidando la mia auto preferisco di gran lunga avere un disco con me.

Quindi, qual è l’ultimo disco che hai comprato?

L’ultima volta ho comprato Excuse My French, Prisoner of Conscious di Talib Kweli, Monster dei REM, Alice In Chains (s/t) e Paid in Full di Eric B e Rakim. Sono soddisfatto di quella spesona. È un mucchio di bella musica.

Chi è stato l’ultimo a entrare nel tuo studio?

Non posso dirtelo. Uno dei pezzi più grossi di Miami.

Oh, d’accordo, Trick Daddy. A cosa stai lavorando al momento?

Ho pubblicato l'EP High Tide con Scion e stiamo mettendo insieme un LP con qualche mostruosa novità allegata. Uscirà in agosto. Smoke DZA e io stiamo lavorando a un altro progetto. Sarò sul nuovo album di Bronson. French e io siamo in studio. Sono in studio anche con MMG. E sarò presto in California per fare un po’ di roba per Wiz Khalifa.

A quanto pare ti tieni molto occupato.

Lo sono da una decina d'anni, ora sto soltanto alzando il tiro. In questo momento non posso permettermi di avere il culo pesante.