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Tecnologia

Perché il codice è la balena bianca della ricerca scientifica

Quando il mondo accademico si affida così tanto all'informatica, condividere dati e sistemi può diventare complicato.

Dalla lingua inglese alla biologia, molti campi di ricerca accademica usano computer e algoritmi complessi ad un certo punto dei loro esperimenti o studi, che sia per masticare una gran quantità di dati o per eseguire una simulazione.

Quando una parte così ampia della ricerca deve fare affidamento sul codice, il passo fondamentale per assicurarsi che le sue conclusioni possano essere replicate è far sì che il codice funzioni. La cosa è più importante oggi che mai, dato che la scienza in generale sta affrontando una sorta di crisi rispetto alla riproducibilità dei risultati, in molte discipline.

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Ma non è una sfida facile. Anzi, progettare un sistema che permetta agli scienziati di condividere qualsiasi serva ad altri scienziati per verificare il loro codice è un'impresa donchisciottesca. Non solo i ricercatori dovrebbero condividere il proprio codice con i colleghi, ma dovrebbero anche essere certi che altre variabili — come l'ambiente informatico, il flusso di lavoro e i database, per esempio — siano a loro volta comunicate alla comunità scientifica. È un sacco di lavoro.

Un nuovo tool, chiamato Everware, vuole risolvere almeno in parte questo problema. Sviluppato dai ricercatori della Higher School of Economics della National Research University di Mosca e dell'Università di Manchester, il programma open source permetterebbe ai ricercatori di condividere dettagli degli aspetti informatici dei loro esperimenti con altri scienziati.

L'idea di base è che, con Everware, gli scienziati potrebbero far girare il codice uno dell'altro premendo un semplice bottone. In aggiunta, "tramite Everware, i partecipanti potrebbero iniziare da una soluzione che già esiste invece di iniziare da zero," hanno scritto i ricercatori in un paper pubblicato su arXiv questa settimana.

"Stiamo parlando di riproducibilità nel senso più semplice possibile: posso far elaborare al tuo codice i tuoi dati e ottenere lo stesso risultato?" ha detto Victoria Stodden, professoressa della School of Information Science dell'Università dell'Illinois, che si concentra sulla riproducibilità informatica nella scienza.

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Per quanto Stodden non faccia parte del progetto Everware, ha sviluppato un tool simile nel 2011 per permettere ai ricercatori di condividere alcuni aspetti del loro lavoro informatico insieme ai paper pubblicati. Il fatto che soluzioni come Everware siano ancora considerabili come proposte innovative, a sei anni di distanza, dimostra quanto lavoro resti da fare per capire come costruire un sistema unificato.

Ma la questione non è solo avere finalmente un tool, ha detto Stodden.

"[In quanto ricercatrice], devo investire tempo per imparare e capire Everware e scoprire se è adatto ai miei problemi," ha detto. "Non è un'attività per cui gli scienziati ricevono né riconoscimenti né compensi, al momento."

"Se pubblichi solo un paio di paper all'anno, possono esserci conseguenze per la tua carriera" ha proseguito Stodden. "Per colpa di questa situazione paradossale, non è ammesso prendersi tempo per fare queste cose, ma bisogna concentrarsi su ciò che dà un compenso."

La soluzione deve essere duplice, ha detto Stodden. Prima, serve un tool che possa supportare la condivisione dei dettagli informatici in un certo studio, poi bisogna favorire una cultura che premi e riconosca l'impegno dei ricercatori che usano quel tool. Considerato quanta pressione viene fatta oggi sui ricercatori perché pubblichino il più possibile, la seconda sfida potrebbe rivelarsi quella più complessa.