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Tecnologia

Streaming egoes: l'identità digitale degli italiani

Un progetto internazionale in cui artisti e curatori hanno analizzato le identità digitali di sei paesi europei.

Non c'è dubbio che, almeno in questa prima porzione di terzo millennio, la rappresentazione online della propria vita rappresenti il più grande salto antropologico che ha investito la vita degli esseri umani—almeno di coloro che hanno accesso all'Internet. Mentre gli studi a riguardo continuano a fiorire, il progetto Streaming Egos si è concentrato su quali sono i rischi, i limiti e i vantaggi di un'identità digitale, concentrandosi sulle particolari analogie e differenze tra i Paesi del Sudovest europeo—Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Belgio e Germania.

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Nato da un'idea del Goethe-Institut, in collaborazione con il Slow Media Institut e il NRW-Forum Düsseldorf, Streaming Egos coinvolge curatori e artisti appartenenti ad ognuna delle sei nazioni ed è stato presentato il 16 e 17 gennaio al NRW-Forum Düsseldorf nell'ambito della Identity Convention, una due giorni di incontri e dibattitti nell'ambito del progetto Ego Update.

Ho contattato i due curatori della sezione italiana Marco Mancuso e Filippo Lorenzin di Digicult per farmi raccontare come si è svolto il loro lavoro e cosa è emerso sulla vita virtuale degli italiani.

Alterazioni Video, Raise The Bar.

Motherboard: In cosa consiste il progetto?

Il progetto "Streaming Egos" si propone di generare occasioni di confronto tra contesti nazionali e culturali accomunati dal fatto di essere europei pur possedendo caratteristiche uniche. Per noi il più grande stimolo per partecipare al progetto è stata proprio la possibilità di poter fare il punto della situazione italiana confrontandoci allo stesso tempo con altre scene nazionali.

Quando lo scorso maggio il Goethe Institut ha contattato Digicult, piattaforma online attiva da 12 anni, eravamo reduci delle manifestazioni nelle strade milanesi del primo maggio: quello è stato il momento decisivo che ci ha reso chiara la necessità di studiare la percezione delle figure sovversive nel nostro paese, a partire dagli artisti.

Come avete organizzato il lavoro?

Abbiamo individuato il tema principale della nostra sezione nello studio dell'identità creata e percepita degli intellettuali italiani in Rete. Abbiamo quindi contattato: il collettivo IOCOSE, nato nel 2006, le cui opere riflettono la disillusione di una generazione cresciuta nell'ottimismo degli anni Novanta, il collettivo Alterazioni Video, attivo dal 2004 nella creazine di progetti relazionali che si focalizzano sulla società italiana, l'artista e designer Silvio Lorusso che nelle sue opere coniuga una capacità di osservazione quasi clinica a una formalizzazione mai didascalica e infine la coppia formata da Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, fondatori della piattaforma internazionale Art Is Open Source e artisti che riflettono sulla mutazione subita dall'uomo in seguito all'avvento di reti e tecnologie ubique.

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Uno degli aspetti principali del progetto è stata la volontà di creare una rete entro cui potesse generarsi una discussione per coinvolgere tanto curatori e artisti quanto intellettuali invitati a riflettere su specifici argomenti. Digicult ha sua volta contattato giornalisti, esperti e professori che hanno meditato su problematiche dell'immagine della figura sovversiva in Italia.

I testi vengono pubblicati sia in italiano che in inglese a cadenza regolare nella sezione dedicata al padiglione italiano del blog ufficiale di "Streaming Egos", in modo da generare discussioni con le figure coinvolte anche dagli altri curatori.

AOS - Art is Open Source, GhostWriter.

Quali specificità italiane sono emerse rispetto a quelle degli altri paesi coinvolti nel progetto?

Il nostro interesse verso un argomento tanto delicato quanto complesso come quello dell'auto-rappresentazione dei movimenti sovversivi e di protesta è stato generato da cause, soprattutto di natura economica e sociale, che se da una parte ci accomunano ad altre nazioni (vedi la Spagna e il Portogallo, per citare due paesi tra i partecipanti a "Streaming Egos"), dall'altra hanno generato frutti peculiari.

Il ritardo digitale, l'analfabetizzazione informatica e lo sviluppo di modalità di utilizzo di internet mutuati da consuetudini sociali antecedenti all'arrivo dei vari Facebook e Twitter hanno portato alla condizione italiana, che si differenzia da quella degli altri paesi soprattutto in termini di consuetudini tra una supposta classe intellettuale e quella, molto più vasta ma non necessariamente più genuina, dei cosiddetti "utenti medi".

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Un'altra fondamentale differenza è la modalità con cui si percepisce la propria identità online: da una parte chi intende la propria attività in Rete come qualcosa di altro, di alieno rispetto alla propria vita reale e dall'altra coloro che riconoscono le proprie manifestazioni online come parte della loro persona, senza scissioni.

IOCOSE, A contemporary Self-Portrait of an Internet artist.

Cosa accomuna invece le esperienze italiane a quelle degli altri paesi?

Sicuramente le logiche accentratrici e neutralizzanti dei social media: la curatrice francese Marie Lechner ha dedicato la sezione del proprio paese ai meccanismi algoritmici che sottendono e promuovono le piattaforme social, un tema a noi molto caro e che può essere potenzialmente valido per ognuna delle sezioni coinvolte—sebbene, in questo caso, sia stato declinato seguendo ricerche peculiari della scena francese.

In generale, guardando anche al lavoro svolto finora da noi, possiamo affermare che "Streaming Egos" è stato percorso da una certa dose di disillusione nei confronti delle potenzialità liberatrici e democratiche di piattaforme nate, non a caso, per scopi economici e di controllo.

Sul vostro blog viene menzionato il periodo in cui la presenza degli italiani sul web è diventata di massa. Cosa è emerso di particolare dalle vostre ricerche?

Nel 2006 solo il 14,4% degli utenti italiani aveva accesso ad una connessione a banda larga, nel 2014 la percentuale è salita al 62,7%: tra questi due anni che rappresentano quasi due epoche diverse per tecnologie e consuetudini, c'è stata l'introduzione di Facebook, Twitter e di tutte le altre piattaforme—social e non solo—che ora costituiscono il panorama entro cui ci muoviamo.

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A partire dagli ultimissimi mesi del 2008 si è registrata una crescita sempre maggiore di utenti iscritti a Facebook, che sono raddoppiati nell'arco di poche settimane da 5 a 10 milioni—per poi raggiungere i 15 milioni a dicembre 2009.

Se all'inizio l'utenza media era formata prevalentemente da adolescenti e studenti universitari, con il passare del tempo si sono affacciate nuove fasce di pubblico, molto spesso appartenente a generazioni più vecchie.

Questa tendenza ha prodotto due fenomeni correlati tra loro: da una parte l'elevato numero di colleghi—sia reali che potenziali—presenti in queste piattaforme hanno portato gli utenti a utilizzarle come spazi in cui l'attività professionale non può essere scissa da quella privata, pubblicizzando successi personali e iniziative nel proprio ambito lavorativo. A questo riguardo è interessante notare il grandissimo numero di articoli online che spiegano come utilizzare Facebook in modo da renderlo uno spazio professionale. Non è un caso che Facebook nel 2016 rilascierà una versione della piattaforma progettata appositamente per il lavoro.

Un altro aspetto al centro delle vostre riflessioni è costituito dall'impatto della crisi economica sulla vita online italiana, come si è pongono in relazione?

Gli effetti della grave crisi economica degli ultimi anni sono stati raccontati sui social media spesso direttamente dai suoi protagonisti, i lavoratori e i disoccupati. Non sorprende che alcune date coincidano: il 2008 fu l'anno in cui scoppiò la crisi dei subprime a Wall Street che nel giro di pochi mesi avrebbe raggiunto l'economia italiana, ma è stato anche l'anno in cui gli italiani hanno iniziato a utilizzare internet e i social media in una misura più importante. I social media hanno rappresentato sia una valvola di sfogo che una potente cassa di risonanza.

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Uno degli appunti nel corso dello studio di Silvio Lorusso. Via.

Quali sono le prospettive future di Streaming Egos?

"Streaming Egos" continuerà certamente nei prossimi mesi, con modalità e sotto forme che allo stato attuale non possiamo ancora confermare. Il processo di ricerca proseguirà anche alla luce degli incontri con gli altri curatori e artisti presenti a Düsseldorf; le problematiche legate all'auto-rappresentazione degli intellettuali e degli artisti in Italia sono quantomai cocenti in questo periodo di scontri sociali più o meno evidenti.

Ad ogni modo, per tutto il corso del 2016, ognuno dei sei paesi continuerà a contribuire e ad alimentare il dibattito transnazionale attraverso la piattaforma online Streaming Egos, offrendo a tutti gli interessati la possibilità di conoscere il lavoro dei singoli Paesi e dei gruppi tematici nonché di partecipare attivamente.