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Tecnologia

Joey Skaggs è la dimostrazione che la post-verità è sempre esistita

Il leggendario attivista e performer americano ci dimostra da sempre che la post-verità non è solo una caratteristica dell'era di internet.
L'autore con Joey Skaggs.

Da quando l'Oxford Dictionary l'ha incoronata parola dell'anno, si parla spesso di post-verità. Le elezioni americane, infatti, hanno drammaticamente decretato la crisi della verifica fattuale rispetto alle nuove tendenze della comunicazione politica. Così, tra una candidata che ha talvolta nascosto il vero e uno che ha spesso detto il falso, gli americani hanno optato per il secondo.

A ben vedere, entrambi gli schieramenti sono coinvolti nella questione della post-verità, che non riguarda solo il problema della proliferazione delle fonti dell'informazione e di relativizzazione del sapere nell'epoca dei social media. Essa comprende tanto le banalizzazioni, le manipolazioni fattuali e gli appelli all'emozione peculiari di un certo populismo, quanto l'attendismo strategico, le precauzioni nell'esporsi e il linguaggio politicamente corretto di una certa tecnocrazia prudente gestita dagli spin doctor (da Clinton a Blair, da Obama a Hillary).

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Alcune firme della stampa americana si sono rese conto del fatto che il tema non è né nuovo, né esclusivamente correlato all'affermazione dei media digitali e dei social, ma ha a che vedere con lo sviluppo della propaganda moderna e raggiunge il suo apice nella dimensione spettacolare della tv degli anni Ottanta. Se le analisi di Edward Bernays sulla propaganda degli anni Trenta proponevano l'idea cospirativa di un governo invisibile e di un potere che, attraverso i media, manipola la verità orientando le scelte di voto nelle società democratiche, solo negli anni Ottanta la spettacolarizzazione del sistema mediale celebra la vittoria della iper-realtà e del simulacro.

Da O. Wells che, nel 1938, con la lettura della Guerra dei Mondi crea l'hoax più famoso della storia dei media, si arriva a Joey Skaggs—che si è innestato nei "bug" del vecchio sistema televisivo broadcast ed elettronico per sviscerarne tutte le contraddizioni. Dopo aver studiato presso la High School of Art and Design e la School of Visual Arts in New York, Skaggs partecipa alla contestazione giovanile, ma con un taglio originale e non riducibile allo stile dominante dell'epoca. Come per esempio nella performance in cui riproduce insieme ad altri la Crocifissione durante il venerdì santo, trasportando una raffigurazione del Cristo decisamente blasfema. Sulla stessa linea l'evento-protesta del 4 luglio 1969 contro la guerra in Vietnam, in cui un gruppo di hippie conduce in tour nel Lower East Side una riproduzione grottesca della statua della libertà.

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Ma è nella seconda metà degli anni settanta che Skaggs capisce che il suo bersaglio non sono né le istituzioni né l'opinione pubblica ma il sistema dei media e le sue modalità di funzionamento. Nel 1976 realizza la sua prima Fake News: una finta clinica di piacere per cani che viene ripresa dai notiziari della ABC, scatenando indignazione soprattutto nelle associazioni in difesa degli animali. Le sue innumerevoli burle sono state prese per vere e diffuse dai più grandi giornalisti televisivi americani come "fatti" sensazionali e sconcertanti: dalla Squadra anti-obesità degli anni ottanta, al confessionale portato su un triciclo al cospetto di poveri broker di Wall Street, con Skaggs travestito da sacerdote premuroso e preoccupato del fatto che costoro dispongono di poco tempo per andare in chiesa.

Nel 1991, l'artista architetta uno dei suoi prank forse più inerenti al concetto di Post-Truth. Se la prende, infatti, con uno dei più duraturi TV show della storia americana, non a caso intitolato "To tell the truth", che contatta Skaggs e lo invita come ospite a Los Angeles. L'artista ovviamente accetta, ma invia in trasmissione un suo amico insieme a un kit con cui orchestra una burla fatta di foto ambigue, di riferimenti forvianti alla stampa ecc. Solo qualche settimana più tardi Skaggs rivela ai produttori del programma e ai media che "To tell the truth" non aveva detto la verità. Il tema della verità ossessiona letteralmente l'opera dell'artista anche in varianti più pop e camp—come il gadget auto-ironico che oggi dimostra un'insperata attualità: un finto orologio, con all'interno l'immagine di un bufalo, che funge da "bullshit detector". Basta schiacciare il pulsante dopo qualsiasi affermazione per decretare il suo grado di attendibilità.

Ma in quale campo si esprime la creatività di questo tanto folle quanto lucidissimo performer? Si tratta di un settore che, pur attingendo a una forte tradizione artistica—dai dadaisti ai situazionisti—va decisamente al di là del mondo dell'arte, sconfinando in quello dei mass media. Skaggs è, infatti, universalmente riconosciuto come il padre del movimento del Culture Jamming, che dai noi acquista senso a partire dalla fine degli anni novanta grazie ai movimenti di critica alla globalizzazione, ma che negli USA era già presente negli anni ottanta grazie a figure come i Negativland (a cui si deve l'invenzione del termine) e gli Yes Men.

Negli anni novanta Merk Dery ha raffigurato le ragioni di questa critica radicale mossa dal cuore dell'Impero contro un'ideologia che, solo successivamente, avremmo imparato a chiamare "neoliberismo". Dery ha offerto un'utile classificazione delle tecniche utilizzate dalla critica che toccano i molteplici canali della comunicazione contemporanea: a) il subevertising, che mira a svelare il lato oscuro delle marche globali trasformando le loro campagne pubblicitarie in boomerang che si ritorcono contro le stesse aziende; b) Il media hoaxing, di cui il "contro-artista concettuale" Joey Skaggs è il sommo inventore e principale rappresentante. c) Il Billboard Banditry ovvero "i banditi dei cartelloni pubblicitari" che modificano la semantica dei messaggi aprendo squarci di senso spesso surreali ma comunque critici nei confronti della globalizzazione.

Skaggs, come si è visto, è il supremo trickster del Media Hoaxing. Un folle, un folletto o un joker post-situazionista che con la sua ironia ha creato assurdi pseudo-eventi per soggiogare l'oppressivo potere del sistema dei media. Non ha inventato la post-verità ma ha creato le condizioni per far sì che il sistema dei media stesso mostrasse le sue debolezze e dunque la sua tendenza a manipolare i fatti. Le sue Fake News erano virus capaci di promuovere il dissenso, mentre quelle che animano la politica del nostro tempo mirano a produrre consenso scartando funambolicamente quell'oggetto che, dai tempi di Machiavelli, ha fondato la stessa scienza politica: la realtà effettuale.