relazioni

Come l'isolamento da coronavirus ha fatto riflettere me, cornificatore seriale

Prima avevo talmente tanto tempo per chattare e andare a letto con altre donne che non mi rendevo conto di quanto rischiassi e perché lo facessi.
ARC_Getty_532096913_Couple_sitting_side_by_side_at_night_club_VICE_RF
Foto Getty Images/PhotoAlto.

Nei primi giorni di marzo, subito dopo che Giuseppe Conte aveva chiesto a tutta l'Italia di restare in casa, girava una frase su Facebook: "Adesso siete tutti obbligati a fare sesso con vostra moglie o vostro marito."

Nonostante sia una battuta del cavolo, la prima volta che l'ho letta mi è venuto da ridere. Perché mi stava mettendo di fronte a un'evidenza su cui non avevo riflettuto all'inizio di questo assurdo periodo: la quarantena significava, letteralmente, che l'unica persona con cui avrei fatto sesso da lì a un periodo indefinito sarebbe stata soltanto mia moglie. E negli ultimi anni la fedeltà non è stata il mio forte.

Pubblicità

Sono sposato da poco più di un anno, convivente da tre, e in coppia da almeno otto. Lo so che può sembrare strano dirlo, perché mi sto autodefinendo un cornificatole seriale, ma sono innamorato: sono felice con mia moglie, e la nostra vita è piena di cose belle. Eppure nel corso di tutto questo tempo l'ho tradita spesso. Durante serate passate con gli amici, con una mia collega, con ragazze conosciute su Tinder o su Instagram.

Volete sapere perché lo faccio? Non lo so. Prima della quarantena il mio rapporto psicologico con il tradimento è sempre stato quello della semi-rimozione. Ovviamente ero cosciente di essere uno stronzo, e che mettevo a repentaglio la felicità della persona che amo, ma avevo sempre sminuito la cosa. Non ci pensavo molto, ecco.

Ora che sono isolato con lei, e che non ho modo di vedere o sentire altre ragazze, mi rendo conto invece che il mio comportamento non era dovuto a momenti di "appannamento" a cui non sapevo resistere, a imprevisti che non si sarebbero ripresentati. Ho capito che c'è qualcosa di più.

Per esempio: non potendo più flirtare—mettere un like a una foto, un commento allusivo ad una storia, un vocale su Whatsapp—mi ha sbalordito quanto spesso mi si presenti la tentazione, e quante volte sia stato portato ad assecondarla come un riflesso. Semplicemente perché un buon 30 percento dei miei follow di Instagram era destinato a ragazze che mi piacevano, e con cui speravo di poter combinare qualcosa.

Pubblicità

E bloccarle tutte per azzerare la possibilità che una di loro mi inviasse un messaggio (anche se è stato più un pensiero di fondo, che una realizzazione vera e propria) mi ha dato in un certo senso fastidio. Anche il fatto che abbia dovuto aspettare che lei uscisse per fare la spesa e poter quindi stendere questo articolo mi ha dato sui nervi. Non potermi masturbare sulla foto che mi aveva mandato mesi fa una collega, perché le ho cancellate, mi ha fatto lo stesso effetto. Ed è questa la differenza: prima avevo talmente tanto tempo durante la giornata per potermi dedicare a quello che volevo e non essere scoperto, che non c'era alcuna presa di coscienza su determinate restrizioni.

L'effetto—non sto esagerando, lo giuro—è che per la prima volta devo rendermi conto che sessualmente mia moglie non mi basta. Che ho bisogno di pensare, almeno immaginare, che corpi diversi dal suo, e il suo modo di fare sesso, non saranno gli unici che sperimenterò in futuro.

Queste prime considerazioni superficiali mi hanno portato poi al vero nocciolo della questione: mi sono confrontato con la parte più egocentrica ed egoista di me, e queste pulsioni, tutte queste cose da nascondere o a cui resistere, mi sono di colpo sembrate così stupide. Così superficiali. Non ho perso la testa per un'altra, non mi sono innamorato: sono semplicemente uno che vuole continuare a scopare come un adolescente.

Nel constatarlo, non mi sono mai sentito così in colpa. Come i bambini scemi, mi sono ritrovato a pensare a tutto quello che perderei dopo che per anni ho fatto di tutto per perderlo. Perché questa è un'altra reazione alla quarantena: proprio come per l'igiene e la prevenzione, adesso che sto attento mi rendo conto di quanto rischiavo prima.

Da questo punto di vista, l'isolamento è stato una specie di doccia fredda sul modo malsano in cui mandavo avanti la parte sommersa del mio matrimonio. Non so bene come reagire a tutte queste considerazioni sull'essere un fedifrago in quarantena. Perché la verità è che le priorità in periodi come questi sono molto diverse da quelle che sperimenti quando hai a disposizione tutta la tua completa, e intonsa, libertà.

Probabilmente, visto con quanto superficialità mi sono comportato fino ad ora, fare promesse di redenzione è irrealistico. Ma, almeno, adesso lo so e una volta uscito da qui cercherò di parlarne con qualcuno.

Non con mia moglie per ora, più con un terapeuta.

*Il nome dell'autore è stato modificato.