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Tecnologia

L'era del dopo Piero Angela non mi fa più paura

Siamo cresciuti a botte di Superquark e documentari di leoni che sbranano gazzelle. Ma i tempi cambiano, e il futuro della scienza non lo vedremo solo in TV.
Immagine: Lorenzo Mannella

Ieri a Bologna ho visto Piero Angela. Però, stranamente, non ero inchiodato davanti alla TV. Di solito succedeva mentre ero a cena. Partiva il documentario di apertura di Superquark con i leoni e io li fissavo con lo spaghetto che mi penzolava tra i denti, come un brandello di carne di gnu. Una sintonia con la savana. Era qualcosa di magico, tranne che per lo gnu. Poi, Angela attaccava a parlare di cervello, superconduttori e a fare il bullo con gli esperimenti di Paco Lanciano. Stordito, mi ritrovavo teletrasportato a fine serata. Meglio di un trip.

Questa volta le cose sono andate diversamente. Eravamo tutti e due nello stesso posto: lui seduto a un tavolo a parlare di scienza e io che sudavo contro una parete della sala piena zeppa di gente. L'ho ascoltato per più di un'ora e ho appreso due cose fondamentali sul suo conto: ha in testa (quasi) solo la televisione e suo padre è nato sette anni prima della morte di Garibaldi. Lo so, potevo impegnarmi di più. È stata l'emozione.

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Piero Angela è entrato spedito nella sala, ma senza l'accompagnamento del jingle di Superquark. La cosa mi ha piacevolmente colpito perché, quando studiavo all'università, ricordo con sommo orrore i tecnici della facoltà che testavano gli altoparlanti con la colonna sonora di Porta a Porta a palla il giorno prima del convegno di Bruno Vespa. Ma questa, per fortuna, è un'altra storia. Dopo un'introduzione di cui ho già dimenticato il contenuto, Angela ha preso la parola e io mi sono ritrovato nella savana, con lo spaghetto in bocca. Come se avessi letto troppe volte Tolleranza zero di Irvine Welsh.

Deve esserci qualcosa di ipnotico nella sua voce. O forse è la cadenza piemontese, non lo so. L'unica cosa che so è che dopo averlo visto dal vivo, sono pronto ad affrontare l'era del dopo Piero Angela. Cioè, quel mondo violento e crudele in cui Superquark appartiene alle nebbie del passato. Ora, senza fare troppi giri di parole, ho capito che essere tirati su a colpi di scienza trasmessa in prima serata è fin troppo facile. La TV è un pacchettino ordinato da prendere e scartare secondo le regole. È inutile fare il solito pippone su come è cambiata la comunicazione ai tempi di internet. Oggi sulla rete corri tranquillamente il rischio di credere a tutte le balle su Fukushima, o a preoccuparti del fatto che i rabdomanti siano pagati poco, ma la stessa cosa può succedere anche di fronte alla TV.

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La sala sudata a Bologna. Immagine: Lorenzo Mannella

Per esempio, il fatto di trovare quasi sempre l'hashtag #mistero tra i trending topic su Twitter, a cavallo tra giovedì e venerdì, per me era effettivamente un mistero. Ho fatto due più due (uguale cinque), e ho capito che per trovare una risposta c'era bisogno di documentarsi. Mi sono documentato. Ho retto solo un paio di puntate. Il servizio sugli gnomi mi ha spezzato qualcosa dentro. È stato orribile, un po' come farmi picchiare a sangue dal mio orsacchiotto di peluche. Purtroppo per lavoro scrivo cose di scienza, e il trauma è stato brutto. Però, su, non stiamo a fare la classifica dei buoni e dei cattivi.

La cosa che preoccupa di più è che, fuori dalla TV, Piero Angela parla soprattutto di TV. Di come la divulgazione scientifica e la non-fuffa passi soprattutto per lo schermo di un televisore. Così su due piedi, mi è sembrata una cosa normale per uno che è nato nel 1928 e che lavora in TV da una vita. È un po' come vedersi tra cinquant'anni, mentre raccontiamo ai ragazzini con i cervelli bionici quanto era figa la PlayStation. Dico quella grigia, la prima. Per uno che ha vissuto dentro al mondo della televisione, mi sono detto, forse è abbastanza naturale ragionare per palinsesti. Dopo tutto, nel paese del digital divide—sorpresa, è il nostro—la TV è ancora la padrona indiscussa, colei che attira i nostri bulbi oculari per lunghe ore al giorno.

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Solo che i tempi sono cambiati. E sono cambiate anche le tecnologie. In quella sala piena di gente sudata, a un certo punto Angela ha avuto un guizzo di tecno-utopismo che suonava così:

“Per sentito dire, si ha l'impressione che sia la politica a creare lo sviluppo di un paese. Questo non è assolutamente vero. Per millenni, qualunque politica non ha cambiato i paesi: la gente ha continuato a lavorare nei campi, a morire presto, a vivere in miseria e a non avere diritti. Le cose sono cambiate quando sono cominciate ad arrivare le macchine.”

Be', è vero. Solo che nel 2014—Angela non ha potuto fare a meno di precisare che sono passati 2000 anni esatti dalla morte dell'imperatore Augusto—forse c'è qualcosa di più della TV. E non mi riferisco solo alla gente che guarda la tele con il tablet tra le mani per lamentarsi su Twitter di quanto fa schifo la tele. Mi riferisco a tutta l'informazione, scientifica o meno, che passa attraverso internet.

Probabilmente, sarà sempre più difficile trovare il tempo per cadere in trance di fronte a un documentario di 40 minuti con un branco di leoni che sbrana una gazzella. Forse giusto nel fine settimana, o magari selezionando le scene più truci da una raccolta su YouTube—non stupitevi, anche i poteri forti del porno si sono dovuti adattare al formato breve del web. Tutto sommato, il futuro dell'era dopo Piero Angela non sarà un disastro per la scienza e per chi ne parla.

Ieri, nella sala sudata, di internet si è parlato poco. Ci sono state un paio di domande sulle nuove tecnologie, ma Angela ha glissato su alcune dicendo di non volere rispondere perché si era informato solo attraverso fonti indirette. Ha anche detto di essersi beccato un virus in Cina che gli dà problemi di udito, tant'è che talvolta le domande gli arrivavano filtrate dal moderatore. È stato come se il mio peluche fosse tornato per il secondo round.