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Tecnologia

Il campo cinese per ragazzi dipendenti da internet

Web Junkie è un documentario sul centro di trattamento del professor Tao. Il suo compito è quello di staccare la spina.
Immagine: Web Junkie

La Cina è stato il primo paese a diagnosticare la dipendenza da internet come una vera e propria malattia, e nel 2008 l'ha inserita tra le maggiori minacce per la salute dei giovani. In tutta la nazione, genitori disperati portano i propri figli—compulsivi giocatori di World of Warcraft o simili—in alcune strutture specializzate per il trattamento di questa patologia. I metodi vanno dall'addestramento militare alle sessioni di assistenza psicologica familiare. Nel documentario Web Junkie, presentato la settimana scorsa al Sundance Film Festival, i registi israeliani Shosh Shlam e Hilla Medalia, entrano in uno di questi centri per il trattamento dei ragazzi dipendenti da internet.

In un primo momento, il campo sembra un'infernale istituto dove i ragazzi, in tenuta da addestramento militare, fanno capolino dalle sbarre delle camerate. Quasi tutti sono stati portati lì contro la propria volontà. Uno dice che i suoi genitori l'hanno drogato e trasportato al campo con la forza. Un altro racconta che i suoi gli hanno detto che stavano andando in Russia a sciare, salvo poi consegnarlo al centro di recupero. Ma quando i genitori tornano a visitare i ragazzi, si notano lenti miglioramenti prodotti dal trattamento che dovrebbe ricostruire le relazioni familiari.

I giovani “ospiti” non hanno fratelli. Un ragazzo sostiene che sia stata proprio la politica del figlio unico a causare la sua solitudine e a farlo avvicinare ai giochi di ruolo online—MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Games)—in cui si immergono in modo compulsivo.

Il campo ripreso nel documentario è un istituto militare gestito dal professor Tao Ran, un importante psichiatra esperto di dipendenza da internet nonché colonnello dell'esercito. L'accesso totale acconsentito ai registi da parte del professor Tao è qualcosa di incredibile. Gran parte del documentario adotta uno stile vérité, con alcune interviste occasionali. Inoltre, i registi non sono dovuti andare oltre il permesso concesso dal professor Tao, il che ha risparmiato loro di chiedere il benestare dell'alta gerarchia militare cinese.

Ci sono stati momenti in cui i due documentaristi hanno temuto che qualcuno all'esterno del campo potesse notarli mentre filmavano. Di conseguenza, hanno indossato cappelli a tesa larga nel tentativo di nascondere i propri tratti stranieri. Fortunatamente, nessuno li ha mai catturati e i due sono stati in grado di aprire una finestra sul mondo dei giovani sottoposti al trattamento.