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Tecnologia

L'hacker anarchico che voleva rivoluzionare Bitcoin

Amir Taaki era uno dei principali sviluppatori del sistema Bitcoin, ma il suo nome si è perso con il passare del tempo. Perché?
Amir Taaki a un hackathon. Immagine: DECENTRAL/Flickr

La rete Bitcoin è finita sotto i riflettori—come succede periodicamente—grazie all'uscita di un nuovo libro. Digital Gold, scritto dal reporter del New York Times Nathaniel Popper è, come dice il sottotitolo stesso, "The Inside Story of the Misfits and Millionaires Trying to Reinvent Money."

Ma i lettori potrebbero notare che Amir Taaki—probabilmente il disadattato più atipico di Bitcoin, uno che avrebbe potuto tutto sommato diventare milionario in più di un'occasione—è completamente assente dal libro.

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Popper stava progettando di usare Taaki come uno dei suoi personaggi principali, insieme al fondatore di Silk Road Ross Ulbricht, all'ex CEO della Mt Gox Mark Karpeles, e all'imprenditore Wences Caseres. Ma l'edizione definitiva include un solo riferimento a Taaki. Migliaia di parole scritte da Popper a proposito del programmatore inglese sono state tagliate, nonostante gli sforzi del giornalista per rintracciare Taaki, per parlare con la sua famiglia e per collezionare i dettagli sul suo stretto coinvolgimento con Bitcoin.

"Ho pensato che fosse il personaggio più interessante del libro, in un certo senso," mi ha detto Popper quando abbiamo parlato durante la visita promozionale di Digital Gold a Londra. "Ha perso così tanto per colpa di Bitcoin, eppure sembra non importargli."

Taaki è un anti-materialista, un hacker anarchico che crede che la tecnologia di Bitcoin possa rendere le persone libere di vivere una vita migliore, permettendo lo scambio di beni senza il coinvolgimento delle corporazioni, che si tratti di narcotici o di materiali per costruzioni (dà molta importanza all'auto-sostentamento). Dopo essersi interessato a Bitcoin, ha acquisito un ruolo talmente centrale nel progetto che a un certo punto sul sito di Bitcoin figurava come uno dei quattro sviluppatori principali. Popper dice che l'esclusione di Taaki non ha avuto niente a che fare con il suo parere sulle droghe o sull'abolizione delle forze dell'ordine—aveva soltanto bisogno di tagliare da qualche parte e Taaki "alla fine non aveva l'influenza che si aspettava."

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La cosa è a dir poco interessante. La prima opera letteraria che riguarda gli albori di Bitcoin non include uno dei personaggi più affascinanti della storia, perché il progetto ha preso una strada completamente diversa da quella che avrebbe voluto lui. Popper dice che Taaki è stato "buttato fuori" da altri bitcoiner influenti perché parlava di cose che gli altri grossi bitcoiner non volevano sentire.

Amir Taaki a un hackathon. Immagine: DECENTRAL/Flickr

Il passaggio migliore tra quelli tagliati (che Popper mi ha lasciato leggere) era la storia mai raccontata del coinvolgimento disastroso di Taaki con Bitcoinica—un sito di Bitcoin da cui sono andati perduti così tanti coin in due attacchi di hacker, da fare notizia persino su BBC News.

Era il 2012, circa due anni dopo che Taaki venne a sapere per la prima volta dei Bitcoin, quando accettò ufficialmente di gestire il famoso ma problematico Bitcoinica, un exchange dove gli utenti potevano scommettere sui movimenti del prezzo della valuta (non è chiaro quale fosse il ruolo preciso di Taaki a Bitcoinica). Proprio quell'anno il sito aveva subito un attacco dove erano andati perduti l'equivalente di 225,000 dollari.

Qualche giorno dopo, un altro attacco causò la sparizione di circa 18,500 coin (circa 87,000 dollari al tempo). Taaki viveva nella zona Est di Berlino, e all'improvviso si ritrovò messo sotto pressione da parte di giocatori di Bitcoin come l'investitore Roger Ver, che aveva 24,000 coin su Bitcoinica, per ritrovare i loro soldi.

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Nel tentativo di zittire le voci sul suo coinvolgimento con l'attacco, Taaki rilasciò il codice intero del sito sul web—una mossa disastrosa, perché comprendeva anche password riservate. Qualche giorno dopo, un altro hacker rubò 40.000 dei coin rimasti sul sito dall'exchange Mt Gox, dove erano custodite. "Una serie di email furibonde iniziò a rimbalzare da un capo all'altro del mondo, con Amir come principale capro espiatorio," scrive Popper.

Poi a una conferenza Bitcoin organizzata da Taaki a Londra quello stesso settembre, uno dei bitcoiner che aveva perso una somma enorme e aveva fatto causa alla compagnia di Taaki e ai suoi impiegati per la loro negligenza, colse l'occasione. Jesse Powell, ora CEO dell' exchange Bitcoin Kraken, querelò Taaki.

"Che cosa hai intenzione di fare ora che hai perso i coin di tutti?" Chiese Powell a Taaki, come riporta Popper. "Non mi occupo di business, faccio il programmatore," pare sia stata la risposta di Taaki.

Nel frattempo, il compagno di affari di Taaki, Donald Norman, che Popper racconta essersene andato dalla conferenza, era scomparso. L'ultimo giorno della conferenza, scrive Popper: "lo stress accumulato ha colpito Amir, che è scoppiato in lacrime. Un amico l'ha portato in una stanza di hotel, l'ha appoggiato su un letto e gli ha detto di dormire."

La sola e unica volta in cui ho incontrato Taaki è stato in uno squat a Hackney Wick, a Londra, l'anno scorso, poco dopo che Forbes l'aveva nominato uno dei giovani più influenti della scena tech, quando stava lavorando sul portafoglio anonimo di Bitcoin Dark Wallet. Non ha risposto alle mie mail la settimana scorsa, e nessuno dei suoi numeri che ho funziona. Su Twitter, diverse persone si chiedono dove sia finito.

Popper l'ha visto per l'ultima volta quest'anno, tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera: "Ma poi ho saputo che è praticamente sparito. Qualcuno mi ha proprio detto: 'Nessuno sa più niente di lui.'"

Il mondo Bitcoin una volta aveva bisogno di persone come Taaki. Citando quello che scrive Popper: "La sopravvivenza di Bitcoin nelle prime fasi dipendeva tutta da giovani programmatori come Amir, arronganti e naif abbastanza da pensare di poter cambiare il mondo, e dotati delle capacità di programmazione necessarie per gettare le fondamenta di questo cambiamento."

Ora, lo sviluppo della valuta è sempre più in mano a Barclay's, Goldman Sachs e altri potenti capitalisti della Silicon Valley. Le banche aprono laboratori di ricerca, e dozzine di compagnie di Bitcoin fanno grossi investimenti.

C'è ancora spazio nel movimento per uno che avrebbe potuto fare i milioni, ma che ha preferito lavorare in open-source, vivere in uno squat, e denunciare la corruzione dei governi?