FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Perché l'omicidio nella realtà virtuale dovrebbe essere illegale

La realtà virtuale è tra noi e, forse, con essa anche la possibilità di sperimentare l'esperienza fisica di uccidere un essere umano, senza nuocere a nessuno.
Immagine ITU Pictures/Flickr

Tutto inizia sfoderando il proprio coltello oppure afferrando il collo di una bottiglia rotta. Poi avviene l'attacco, la lotta, lo sforzo fisico necessario a placare le reazioni della propria vittima unito al desiderio di sopraffarla. Si avverte il suo corpo contro il proprio e il calore del suo sangue. Ora la vittima vi fissa negli occhi, cercando il contatto visivo durante i suoi ultimi istanti di vita.

Pubblicità

Gli scrittori di fantascienza hanno fantasticato in merito alla realtà virtuale (VR) per decenni. Ora questa tecnologia esiste finalmente—e con essa, forse, la possibilità di sperimentare l'esperienza fisica di uccidere qualcuno, senza danneggiare anima viva. Mentre Facebook continua a sviluppare Oculus Rift, Google ha recentemente acquistato la start-up di eye-tracking Eyefluence, per progredire nella creazione di mondi virtuali più immersivi. Il regista Alejandro G Iñárritu e il direttore della fotografia Emanuel Lubezki, entrambi famosi per Birdman (2014) e The Revenant (2015), hanno annunciato che il loro prossimo progetto sarà un cortometraggio VR.

Eppure, questa nuova forma di intrattenimento nasconde un pericolo. L'impatto della violenza virtuale immersiva va discusso, studiato e controllato. Prima che sia possibile simulare in modo realistico l'esperienza di uccidere qualcuno, l'omicidio in VR dovrebbe essere dichiarato illegale.

La mia non è una lamentela di chi arriva a guastare la festa. Avendo lavorato nel cinema e in televisione per quasi 20 anni, sono ben consapevole che la magia del cinema sta tutta nel massimizzare l'impatto sul pubblico. I registi chiedono agli attori di cambiare l'intonazione anche di una sola parola o i montatori lavorano anche sulle frazioni di secondo di un film, tutto per ottenere l'atmosfera desiderata.

L'impatto della violenza virtuale immersiva va discusso, studiato e controllato.

Pubblicità

Proprio per questo, comprendo benissimo il fascino della VR e il suo potenziale di rendere una storia la più realistica possibile. Tuttavia, dobbiamo esaminare questa capacità alla luce del fatto che tanto il cinema quanto i videogame basano la loro fortuna su storie di conflitti e risoluzione di conflitti. Gli omicidi e la violenza sono dei pilastri delle nostre narrazioni, mentre gli sparatutto in prima persona sono una delle categorie di videogame più popolari.

Gli effetti di tutta questa violenza non sono chiari. I tassi di criminalità negli Stati Uniti sono crollati anche se i film di Hollywood sono diventati più estremi e i videogiochi violenti sono cresciuti in popolarità. Una serie di ricerche suggeriscono che gli sparatutto possono avere un effetto calmante, mentre altri studi indicano che potrebbe causare comportamenti violenti. (Forse, la realtà è la stessa valide per Frank Underwood di House of Cards, è possibile che i videogiochi sortiscano entrambi gli effetti.) Gli studenti che hanno giocato a videogame violenti per 20 minuti al giorno, per tre giorni di fila, erano più aggressivi e meno capaci di empatia rispetto a chi non aveva giocato, secondo la ricerca condotta dallo psicologo Brad Bushman e dal suo team della Ohio State University. Le ripetitività delle azioni, l'interattività, impersonificare l'aggressore e la mancanza di conseguenze negative per le proprie azioni violente, sono tutti aspetti dell'esperienza di gioco che amplificano il comportamento aggressivo, secondo una ricerca condotta dagli psicologi Craig Anderson della Iowa State University e Wayne Warburton della Macquarie University di Sydney. Varie persone che hanno compiuto stragi di massa, tra cui Aaron Alexis, Adam Lanza e Anders Breivik erano tutti dei giocatori ossessivi.

Pubblicità

La questione su quali siano gli effetti delle forme di intrattenimento su di noi è molto antica. La moralità dell'arte è stata oggetto di dibattito sin dai tempi di Platone. Ad esempio, il filosofo Jean-Jacques Rousseau criticava la capacità del teatro di dividere le persone e corrompere il nostro animo, con il pubblico che assiste allo spettacolo passivamente e sostanzialmente in maniera solitaria. In alternativa, Rousseau promuoveva delle feste partecipative che cementavano il senso di solidarietà della comunità, con vivaci rituali che instillavano un senso di comunione nella folla festante. Ma oggi, per la prima volta, la tecnologia ci permette di superare il confine tra il mondo che creiamo attraverso l'artificio e le performance, e il mondo reale come lo percepiamo. E le conseguenze di tale partecipazione coinvolgente sono complesse, incerte e piene di rischi.

Gli esseri umani sono esseri incarnati, questo significa che il modo in cui pensiamo, sentiamo, percepiamo e ci comportiamo è legato al fatto che noi esistiamo come parte di e all'interno del nostro corpo. Alterando la nostra capacità di propriocezione, ovvero, la nostra capacità di discernere gli stati del corpo e percepirlo come nostro—la VR può aumentare il nostro livello di identificazione con il personaggio con cui stiamo giocando. La 'rubber hand illusion' ha dimostrato che, nelle giuste condizioni, è possibile percepire una protesi inerte come una vera e propria mano; più recentemente, uno studio del 2012 ha trovato che i soggetti percepiscono anche un braccio virtuale allungato fino a tre volte la propria lunghezza ordinaria, ancora come parte del proprio corpo.

Pubblicità

Gli esseri umani sono esseri incarnati, questo significa che il modo in cui pensiamo, sentiamo, percepiamo e ci comportiamo è legato al fatto che noi esistiamo come parte di e all'interno del nostro corpo.

Il passo che ci separa dalla realtà all'abitare veramente il corpo di un'altra persona in VR è breve. Ma le conseguenze di una identificazione così completa sono sconosciute, come ha ricordato il filosofo tedesco Thomas Metzinger. C'è il rischio che il senso di presenza fisica nello spazio virtuale (virtual embodiment) possa produrre stati di psicosi in chi è maggiormente vulnerabile ad essa, o creare un senso di alienazione dai loro corpi reali dopo una lunga permanenza nella VR. Chi esplora ambienti virtuali tende a conformarsi alle aspettative del suo avatar, spiega Metzinger. Uno studio condotto dai ricercatori di Stanford nel 2007, ha soprannominato questo fenomeno 'l'effetto Proteus': le persone che adottavano avatar virtuali più attraenti erano maggiormente disposto ad entrare intimità con le altre persone, mentre chi aveva avatar di grosse dimensioni era più sicuro ed aggressivo durante le discussioni. C'è il rischio che questi comportamenti, sviluppati nel regno virtuale, possano trasferirsi anche in quello reale.

Come sarà uccidere In un ambiente virtuale immersivo? Sicuramente un'esperienza terrificante, elettrizzante e persino emozionante. Ma impersonando degli assassini, rischiamo di rendere la violenza più attraente, di abituarci alla crudeltà e di rendere l'aggressività accettabile. La possibilità di creare dei mondi fantastici mi entusiasma in quanto regista—ma, come essere umano, credo che dobbiamo andarci piano. Dobbiamo studiare gli effetti psicologici, considerare le implicazioni morali e legali oltre a stabilire persino un codice di condotta. La realtà virtuale promette di ampliare la gamma di forme che possiamo abitare e cosa possiamo realizzare con queste. Ma ciò che avvertiamo fisicamente modella anche le nostre menti. Fino a quando non conosceremo le conseguenze di come la violenza nella realtà virtuale può modificarci, l'omicidio in VR dovrebbe essere illegale.

Angela Buckingham è una scrittrice che vive a Berlino. Scrive di potere, scelte morali, auto-inganni, coraggio e viltà. Il suo lavoro più recente, The Colonel, è ispirato gli eventi correlati all'affare Dreyfus in Francia, nel 1890.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Aeon e successivamente sotto licenza Creative Commons.

Aeon counter – do not remove