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Tecnologia

Perché non riusciremo mai a raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi

Secondo un nuovo studio, l'umanità ha il 5% di possibilità di NON superare i 2C° di innalzamento della temperatura globale entro il 2100.
Immagine: Shutterstock

Era il 2015

Era il 2015 quando 195 paesi della Terra hanno raggiunto un accordo su degli obiettivi climatici e di sostenibilità condivisi da tutti e pensati, principalmente, per contenere l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2C° rispetto ai livelli pre-industriali.

Ciononostante, secondo un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change l'umanità ha appena il 5 percento di possibilità di riuscire a rispettare questo limite.

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Durante la Giornata Mondiale della Terra del 22 aprile 2016, a New York, sono stati 175 i paesi del mondo a firmare l'accordo entrato in vigore nel novembre dello stesso anno e che ambisce a stabilire una roadmap sostenibile per la riduzione nelle emissioni di gas serra e l'istituzione di un fondo da 100 miliardi di dollari che possa supportare fino al 2020 i paesi in via di sviluppo che stanno tentando di costruire un'infrastruttura nazionale sostenibile.

Nel frattempo, con la vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali, gli Stati Uniti hanno confermato la loro intenzione di ritirare la loro firma dagli Accordi di Parigi e riavviare un percorso di liberalizzazione dell'industria e del mercato energetico, paurosamente direzionato verso i combustibili fossili.

Ma è proprio oggi, in occasione dell'Overshoot Day — il giorno in cui l'uomo esaurisce ufficialmente le risorse terrestri per l'anno corrente e va 'in debito' con il pianeta —, che lo studio firmato dalla University of Washington frena in maniera abbastanza lapidaria gli entusiasmi. Adrian Raftery, autore principale dello studio e ricercatore, ha dichiarato al The Guardian che "Se vogliamo evitare 2C° di innalzamento delle temperature abbiamo pochissimo tempo a disposizione," spiega, "La popolazione dovrebbe essere estremamente preoccupata."

Le nuove proiezioni, che danno un innalzamento delle temperature tra i 2C° e i 4.9C° per il 2100 garantito al 90 percento, sono state formulate prendendo in esame i trend della popolazione globale negli ultimi 50 anni: dal PIL pro-capite fino all'intensità di carbonio, ovvero la quantità di CO2 emessa per ogni dollaro di attività economica.

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Le nuove proiezioni danno un innalzamento delle temperature tra i 2C° e i 4.9C° per il 2100 garantito al 90 percento.

A partire da questo quadro statistico, i ricercatori hanno stabilito che l'intensità di carbonio sarà un fattore fondamentale all'interno dell'equazione climatica e che nonostante i progressi nell'ambito supportati dall'avanzamento delle tecnologie, l'abbassamento dell'impatto sul pianeta non sarà abbastanza per scongiurare un aumento di 2C°.

Nel framework statistico impostato dalla ricerca, inoltre, si smorza l'importanza dell'aumento demografico previsto per il secolo a venire. I ricercatori infatti affermano che, nonostante una popolazione prevista per il 2100 di 11 miliardi di persone, questo valore non influirà particolarmente sulle nostre condizioni climatiche fintanto che il boom si consumerà in gran parte nell'Africa sub-sahariana, che contribuisce in piccola parte alle emissioni di gas serra.

"Anche se l'obiettivo dei 2C° non sarà raggiunto, ogni tipo di azione è importante," ha continuato Raftery sul The Guardian, "Più aumentano le temperature peggiore sarà l'impatto sul pianeta ed è importante non farsi scoraggiare da queste previsioni." Secondo Raftery, infatti, anche se fosse concretamente troppo tardi per evitare un innalzamento di 2C° al 2100, ogni tipo di azione atta a contenere l'impatto dell'uomo sul pianeta potrà scongiurare conseguenze peggiori, e il suo studio non dovrebbe fare altro che incoraggiare una forma di attivismo sempre più urgente ogni giorno che passa.

Il cambiamento climatico si sta rapidamente trasformando in un problema la cui portata potrebbe avere conseguenze letteralmente disastrose per tutto il pianeta: una recente ricerca ha stimato che per il 2100 numerose aree della penisola italiana (tra cui Venezia) potrebbero finire allagate a causa dell'innalzamento del livello del mare e la desertificazione dei territori e le precipitazioni sempre più violente stanno dando origine a un nuovo tipo di migranti, i rifugiati ambientali, che per il 2050 potrebbero essere oltre 200 milioni.

L'occasione dell'Overshoot Day ci ricorda che il cambiamento deve prima di tutto partire da noi singoli cittadini, visto che il margine di miglioramento è ancora decisamente ampio — In Italia, la Fondazione Barilla in collaborazione con The Economist Intelligence Unit ha lanciato il Food Sustainability Report, un rapporto trimestrale che dovrebbe inquadrare l'impatto che l'industria del cibo ha sul nostro pianeta. Potrebbe essere un buon punto da cui cominciare.

Segui Federico su Twitter: @nejrottif