Cultura

Smettere di bestemmiare è facile, se sai come farlo

Perché in Italia si bestemmia di più? Ne abbiamo parlato con Padre Alfonso Maria Tava, misterioso autore esperto di blasfemia.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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La copertina di "Come smettere di bestemmiare," per gentile concessione de Il Saggiatore.

Sono nato e cresciuto in Veneto, e come un buon numero di veneti ho un rapporto—diciamo così—estremamente liberale con la bestemmia. Molti di noi le usano senza farci troppo caso: detto semplicemente, fa parte del modo in cui parliamo e interagiamo. Di sicuro, nonostante sia ancora punita in Italia, nessuno ha mai pensato di smettere.

Eppure, c’è chi ha pensato di proporre una serie di rimedi per rinunciare al turpe vizio. Nel 2019 è uscito l’autopubblicato Smettere di Bestemmiare: Un manuale pratico-teorico, riproposto (e ampliato) nelle scorse settimane da Il Saggiatore con il titolo Come smettere di bestemmiare. L’autore si chiama Padre Alfonso Maria Tava, che si autodefinisce un “religioso, esploratore, missionario, oligarca, filantropo, asceta, derviscio e scrittore.”

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Il testo ripercorre la storia dell’espressione blasfema in Italia, analizza il variegato catalogo delle imprecazioni contro il Divino, spiega come si può rinsavire da questa pratica maligna e contiene delle vere e proprie chicche—come la mappa delle bestemmie pro capite per provincia (da notare il colore nero inferno del Nordest).

Ovviamente, tocca fare una doverosa premessa: il libro è un chiaro esperimento satirico, modellato come parodia del famoso È facile smettere di fumare se sai come farlo di Allen Carr.

Ho deciso comunque di parlarne con l’autore via mail, visto che mi è stato detto che Padre Tava “è piuttosto restio ad apparire.”

VICE: Salve Padre Tava. Mi può fornire qualche cenno biografico a beneficio di chi non la conosce?
Padre Tava
: Non amo parlare di me stesso e detesto il protagonismo sulla stampa di molti miei colleghi o ex colleghi (come le storie di quei preti che rinunciano ai voti per “amore”). Quello che posso dirle è: studio il fenomeno mai abbastanza deprecato della blasfemia da decenni e ho elaborato un metodo infallibile per aiutare le persone a smettere di profferire empietà.

Come le è venuto in mente di compilare questo manuale?
Innanzitutto la ringrazio per non averlo chiamato “libro”, come purtroppo fanno ancora in molti. Il Manuale è il faticoso frutto di decennali studi sul campo. La bestemmia è un turpe vizio che avvampa anche i consacrati: io stesso, in giovine età, ne ero schiavo. Tuttavia, grazie a un viaggio in terre lontane, ebbi un’epifania. Mi si palesò la mia missione terrena: eradicare la bestemmia dal globo terrestre.

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Iniziai quindi ad applicare un metodo sperimentale, prima su me stesso e poi su una cerchia sempre più ampia di persone. Il Manuale in forma scritta è poi venuto molti anni più tardi.

Perché la bestemmia è una pratica così diffusa in Italia e non, invece, in altri paesi?
Non sarei così sicuro che questa prassi così rivoltante non sia diffusa anche in altri lidi. Certo, nella nostra Penisola vi è un effluvio di bestemmie molto più significativo che altrove. Penso sia dovuto al clima mite e alla diffusa passione per il giuoco del calcio.

In base alla sua esperienza, quali sono i motivi che spingono una persona a bestemmiare?
Sono davvero tanti, purtroppo, ma nessuno è valido. Le faccio una breve lista meramente esemplificativa: ricercare un conforto, celebrare eventi lieti, perpetuare il folklore e la tradizione locale, per accettazione sociale, per affascinare il prossimo, fare sfoggio della propria erudizione (le c.d. bestemmie “barocche”), riempire silenzi imbarazzanti, far valere la propria autorità nei confronti del divino, avversione alla tecnologia e a scopo di intrattenimento e sollazzo.

Scendendo più nel dettaglio geografico, per quale motivo il Triveneto è un tale luogo di perdizione?
Vi è senz’altro una forte componente legata al folklore e a una tradizione blasfema millenaria. Basti pensare che, presso l’archivio storico della Corporazione dei bestemmiatori veneti del XVII secolo, sono ancora raccolte antiche pergamene e codici con cui ci sono state tramandate le perfette allocuzioni delle bestemmie locali.

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Credo, però, che vi siano anche ragioni di ordine geografico e geomorfologico. In particolare, la presenza—soprattutto in ere antiche—di fonti di acqua, paludi e acquitrini rende la bestemmia particolarmente virulenta. Guarda caso, picchi di blasfemia si registrano anche nel frusinate e in provincia di Latina (oltre che in Sud America, storicamente terre di immigrazione di veneti).

Quali sono i tipi di bestemmie più subdoli e insidiosi, invece?
Sono quelle che i nonni provocano nei fanciullini ancora impuberi, promettendo una strenna in cambio, per farsi quattro risate al bar con gli amici. Per molti poi, però, è difficile smettere. Ve ne sono poi anche altre, per esempio quelle utilizzate perché si pensa falsamente che servano ad attirare il prossimo a fini fornicatori.

Ad esempio, definisco “bestemmia galante” l’imprecazione del casanova che crede che bestemmiare gli doni un qualche charme. Non è così, ovviamente. Ma la peggiore di tutte è chiaramente quella profferita per intrattenimento e sollazzo, come se la bestemmia in qualche modo potesse “far ridere”.

Uno dei miei motti preferiti è: “attenti a coloro che sorrideranno per una bestemmia, spira in essi il soffio greve del Maligno”.

Uno dei primi rimedi che lei consiglia per liberarsi della bestemmia è quello di bestemmiare tantissimo. Come mai?
La ringrazio per la domanda perché mi dà occasione di smentire categoricamente una asserzione molto circolata sulla stampa ma del tutto destituita di fondamento. Non ho mai detto che per smettere bisogna bestemmiare tantissimo.

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Ho scritto, invece, che uno dei primi passi da compiere per smettere è rendersi conto che bestemmiare è socialmente riprovevole e dannoso. Solo come extrema ratio, per rendersene conto sulla propria pelle, suggerisco ai casi più gravi di passare una giornata intera a bestemmiare.

Ma non da soli, o nel conforto ovattato del proprio gruppo di sodali, bensì in contesti sociali in cui non lo si avrebbe mai fatto: davanti all’anziana madre, ad un vigile urbano che intima un “alt,” al salumiere che chiede cosa deve fare e se deve lasciare, al capo che ci offre una promozione, etc. Solo così, costoro comprenderanno realmente quanto è perniciosa la blasfemia. Ora spero che il mio metodo sia più chiaro.

Quali altri rimedi da lei testati si sono rivelati efficaci?
Passare alle “alterazioni eufemistiche” [ad esempio sostituire “Dio” con “Zio”] può essere un buon rimedio. Non in via definitiva, però, ma solo temporaneamente, prima di abbandonare del tutto ogni forma di coprolalia.

Ci sono poi innumerevoli altri suggerimenti, come tenere un diario della bestemmia, per rendersi conto ogni settimana di quanto inutilmente si sia imprecato, o esercitarsi duramente con stress test studiati ad hoc che comportano la volontaria sottoposizione a fattori scatenanti la bestemmia.

Primo fra tutti, l’esercizio che prevede una serie di iconici calci a piede nudo contro un comò in frassino, ma non solo: anche parlare di politica con un vecchio compagno di scuola, sistemare le bollette, rivedere la finale Italia-Francia di Euro 2000 e molti altri.

L’ultima cosa che volevo chiederle è personale: anche se sono veneto, ho qualche possibilità di redimermi dal Maligno? O sono destinato a perire nel girone dei bestemmiatori?
Per tutti c’è speranza, basta seguire alla lettera i dettami del mio Manuale. Se si fallisce, iniziare daccapo. Le testimonianze di alcuni ex-pazienti che ho riportato nell’ultima parte del Manuale depongono a favore dell’assoluta bontà e infallibilità del mio metodo.

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