Se anche voi avete sentito pronunciare la parola “sostenibilità” in tutti i settori merceologici esistenti e pensate che ormai abbia perso qualunque significato, vi capisco. Non a caso negli ultimi anni si parla di greenwashing, ovvero il marketing, accompagnato da pratiche vere o presunte, utilizzato da un’azienda per convincerci che “loro” stanno facendo di tutto affinché i loro prodotti o servizi siano a impatto zero. Ma non è questa vera sostenibilità, o almeno non sempre.“Faccio fatica a parlare di sostenibilità, perché ciò che gira intorno alla ristorazione di base non lo è”
Come riconoscere marketing e pratiche reali? Non è facile.Proprio qualche settimana fa gli echi di uno scandalo americano sono arrivati anche qui da noi: Blaine Wetzel, chef e proprietario del Willows Inn sull'isola di Lummi nello stato di Washington, sosteneva che tutti i prodotti utilizzati nel suo menu fossero coltivati sull'isola. Alcuni ex dipendenti hanno invece rivelato che Wetzel avrebbe sempre mentito sulla provenienza degli ingredienti che arrivavano dalla terra ferma, alcuni anche dalla grande distribuzione. In più nella cucina pare ci fosse un ambiente tossico e maschilista. Insomma non la favola sostenibile - a livello ambientale e umano - che raccontava lo chef.
Vegetariano non è per forza sostenibile
“La sostenibilità è complessità” mi dice Silvia Moroni, aka Parla Sostenibile su Instagram, “riguarda le persone, l'ambiente e l'organizzazione sociale. È una bellissima, soddisfacente e unica opportunità che abbiamo per vivere in armonia con gli altri, con il pianeta e con la nostra coscienza”.Silvia è una gastronoma laureata all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. In passato ha lavorato in un allevamento di capre, nella produzione di formaggio e nelle vendemmie, ha collaborato con Slow Food e il Banco Alimentare, e ora fa la consulente e nel frattempo tutti i giorni cerca di spiegare online la sostenibilità alimentare.Ad oggi nel nostro settore le probabilità di avere un inventario di magazzino sostenibile tendono a percentuali alte, ma non complete
Partiamo dalle basi: bisogna sicuramente stare attenti alla gestione degli sprechi, alla raccolta differenziata, all'approvvigionamento di prodotti “buoni, puliti e giusti”, così li definisce Silvia citando Slow Food, e poi “all'attenzione alla stagionalità e a una buona digitalizzazione che ottimizzano la trafila e gli acquisti. E poi una buona comunicazione aiuta a far comprendere il valore e la qualità di un offerta”.Secondo voi è fattibile per un ristorante con più di 20 coperti auto prodursi tutto il necessario, anche fossero solo i vegetali?
Attenzione a “Made in Italy = Sostenibilità”
I consumatori che desiderano essere virtuosi al 100% sono invogliati dallo storytelling del chilometro zero. Lo leggiamo ormai in moltissimi locali insieme a slogan green di ogni genere. È possibile per un ristorante con più di 20 coperti auto-prodursi tutto il necessario, anche fossero solo i vegetali? Questa è la trappola numero uno insieme alla dicitura “prodotti Made in Italy.” Nazionalità e sostenibilità possono essere due cose molto diverse. E non solo in Italia come abbiamo visto con il caso del ristorante Willows Inn.Questa è la trappola numero uno insieme alla dicitura “prodotti made in Italy.” Nazionalità e sostenibilità possono essere due cose molto diverse.
Lo spreco zero non esiste
A tal proposito faccio una chiacchierata anche Jacopo Ticchi della Trattoria Da Lucio a Rimini. “Faccio fatica a parlare di sostenibilità, perché ciò che gira intorno alla ristorazione di base non lo è. Ci impegniamo nella scelta del pesce, utilizzando solo quello dell'Adriatico ed evitando così viaggi intercontinentali, ma non basta,” mi confessa Jacopo. “Noi cerchiamo da lavorare grosse pezzature ed utilizzarne tutte le sue parti come testa, coda ed interiora. Con un pesce devono mangiare più persone possibili”.Prima di tornare in Romagna Jacopo ha lavorato quattro anni al Joia di Milano da Pietro Leemann e mi conferma che “i prodotti con cui si sostituiscono le proteine animali per equilibrare la dieta, come frutta secca e frutti esotici, non fanno parte del nostro territorio di conseguenza il discorso della sostenibilità decade automaticamente”.Ripetiamo quindi che vegano non è necessariamente sostenibile. “Il pesce che utilizziamo non è allevato e non proviene da una pesca a strascico, ma questo non basta. La richiesta del mercato è troppo alta: dovrei andare io a pescare con la mia canna ma...”.“Lavoro con animali di grosse pezzature e uso tutte le sue parti come testa, coda ed interiora. Con un pesce devono mangiare più persone possibili”
In tutto questo discorso il packaging gioca un ruolo importante: ormai sembra quasi superfluo spiegare perché è importante limitare l’uso della plastica monouso e fortunatamente diversi ristoranti hanno trovato nuove soluzioni, anche diverse dalla carta e cartone, notoriamente biodegradabili.“Il solo gesto di prenotare aiuta a prevedere, da parte della cucina, il consumo dei clienti, evitando sprechi inutili”
Cosa fare nel concreto quando vai al ristorante
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