FYI.

This story is over 5 years old.

Guida ai festival

Questo volontario si prende cura di chi è in acido ai festival

"Molti stanno passando un momentaccio. Noi li aiutiamo, e cerchiamo di trasformare questa negatività in qualcosa di positivo."
Foto dell'autore. 

Il festival Psy-fi di Leeuwarden è stato il primo in Olanda ad aver adottato una politica più tollerante nei confronti delle droghe. Qui le sostanze psichedeliche sono vendute alla luce del sole, è facile testarle e nel 2016, per la prima volta—seguendo l'esempio di altri festival come il Burning Man e il Boom in Portogallo—è stata allestita una tenda apposita per chi era in bad trip.

C'è anche un gruppo di volontari che gestisce la "psy-care", letteralmente "cura per la psiche". La tenda della psy-care è simile a quella del pronto soccorso, ma offre assistenza per la mente invece che per il corpo. "Alcuni visitatori sono lucidi, vogliono parlare di brutte esperienze passate con gli acidi. Molti, invece, hanno preso psicotropi e stanno passando un momentaccio. Noi li aiutiamo, e cerchiamo di trasformare questa negatività in qualcosa di positivo," ci ha detto Joost Breeksma.

Pubblicità

Foto via Thijs Roes.

Joost, 33 anni, è uno dei volontari che hanno lavorato nella tenda psy-care per tutta la durata dello Psy-fi 2017, dopo averlo già fatto al Boom Festival e al Burning Man.

"Ormai da tempo, in diverse nazioni, è cominciata la ricerca sugli effetti delle sostanze psichedeliche sul cervello umano. La ricerca si concentra su come queste sostanze influenzano la coscienza e in che modo possono essere usate per risolvere depressione, dipendenza, disturbi d’ansia e stress post-traumatico," ha spiegato Joost. "Negli anni Cinquanta si pensava che l’uso di psichedelici portasse all’insorgere di psicosi. Questo però era dovuto al fatto che allora gli esperimenti erano condotti in cliniche in cui soggetti sotto acido erano collegati a macchine e obbligati a rispondere a domande serie poste in modo autoritario dai medici. Si è presto scoperto che l’esperienza di una persona è fortemente influenzata dal contesto in cui si trova: le probabilità che succeda qualcosa di spiacevole sono molto più basse in un contesto rilassato e confortevole, circondato da persone che empatizzano con te.”

Che è esattamente quello che offre la psy-care. Dato che un festival rappresenta un contesto molto intenso, con temperature elevate, musica ad alto volume, notti in bianco e amici persi da qualche parte, viene messo a disposizione uno spazio sicuro per coloro che, sotto effetto di acidi, vogliono trovare un po’ di pace. "La tenda, ai festival, si trova nella posizione più tranquilla possibile. È molto lontana dal palco principale ma non del tutto isolata, così che chi ne ha bisogno possa trovarla facilmente. Abbiamo materassi con cuscini e tutti i beni di prima necessità. Coperte per riscaldarti, ombra, acqua, tè, delle merendine e matite colorate per chi vuole dare sfogo alla propria creatività sotto l'effetto degli acidi.”

Pubblicità

La tenda della psy-care al Boom Festival. Foto di Joost Breeksema.

A parte questo, nella tenda non ci sono altri stimoli, sebbene non la si possa definire certo asettica. "Non è un qualsiasi spazio bianco e noioso. Dato che però le percezioni sensoriali sono così intense durante il trip, evitiamo colori sgargianti e fantasie troppo vivaci. Non c’è nemmeno la musica."

I volontari collaborano con la sicurezza e con il pronto soccorso per far sì che chi sta avendo problemi a livello psicologico non finisca in ospedale. "Invece che somministrare sedativi e spedire chi si comporta in maniera 'anormale' in psichiatria, cerchiamo di rendere la loro esperienza con le sostanze psichedeliche tollerabile e positiva. E lo facciamo attraverso l'empatia, un approccio basato sull'intimità e sulle esigenze dei singoli," ha detto Joost.

Se una persona ha rovistato nel fango alla ricerca di cibo per mezz'ora o è in preda al panico perché crede che tutti si stiano trasformando in lupi mannari assetati di sangue, non è essere accalappiato dai buttafuori che gli serve.

"Una volta le guardie mi hanno chiamato alle sei del mattino perché uno si stava comportando in maniera aggressiva al pronto soccorso. C'era un tizio punk con la cresta rossa, ricoperto di sangue, che stava lì seduto e guardava tutti con diffidenza. Quando sono arrivato, era circondato da sei Schwarzenegger in uniforme," ha ricordato Joost. “Può essere davvero un’esperienza terribile, soprattutto per uno straniero. Un’uniforme diventa subito il segno che hanno fatto qualcosa di illegale. Mi sono avvicinato al ragazzo molto cautamente. Era italiano, quindi cercando di parlare la sua lingua gli ho chiesto se voleva andare in un posto più tranquillo. Lui si è calmato subito, ha sorriso, mi ha messo un braccio intorno al collo ed è venuto con me alla tenda. Quando era calmo a sufficienza, siamo tornati al pronto soccorso perché gli pulissero le ferite. Aveva fatto uso di troppe droghe diverse, tra cui ketamina. Sanguinava perché era caduto più volte di faccia. Il giorno dopo ci ha portato una bottiglia di porto come ringraziamento.”

Pubblicità

Foto via Flickr.

Joost è uno dei volontari chiamati sitter, perché il suo compito è essenzialmente quello di sedersi accanto a una persona in acido e comunicare tranquillità e felicità. Non cerca di mettere in atto nessun tipo di processo terapeutico rivoluzionario, ma fa quello che può per migliorare la situazione. Secondo Joost, il fatto di aver avuto esperienze con gli psichedelici in prima persona aiuta: così conosci lo stato di vulnerabilità e sensibilità che una persona in acido attraversa.

La squadra ideale è formata inoltre da un infermiere e uno psichiatra, e da volontari che provengono dai contesti più disparati e parlano più di una lingua. Si cerca inoltre di bilanciare il numero di uomini e donne nel team. Questo perché se, ad esempio, una ragazza durante il trip viene travolta dai ricordi del padre o di un ex fidanzato violento, sarà difficile che voglia confidarsi con un uomo.

"Una volta abbiamo visto un ragazzo nudo in mezzo a un lago, che parlava da solo. Ho cercato di comunicare con lui dalla sponda, ma non mi ha risposto. Il punto è che non puoi assolutamente capire in che mondo si trovi, in quel momento, la persona. Magari sta parlando con un’onda, con l’universo o con suo padre defunto. Sono entrato in acqua e gli ho parlato per un quarto d’ora in modo gentile. Gli ho detto che si stava facendo buio, che da noi sarebbe stato al sicuro e al caldo e che avevamo vestiti asciutti per lui. Alla fine mi ha seguito, e dopo essersi asciugato e disteso sotto una coperta insieme a me è cambiato completamente, diventando super attivo. Ho passato ore lì con lui a disegnare e colorare. A un certo punto si è chiesto come sarebbe stato avere una pistola per spararsi un colpo in testa. Ma non era in modalità suicidaria, sembrava piuttosto curioso e ingenuo. Dopo un po’ ha detto di essere stanco ed è andato a dormire," ha raccontato Joost.

Pubblicità

Anche quando il 'paziente' va a dormire, il sitter gli resta accanto: "Una volta sono rimasto accanto a un ragazzo per sei ore senza avere il minimo contatto con lui. Lo abbiamo portato via dal concerto quando l'abbiamo trovato a terra, immobile e quasi catatonico, in mezzo alla gente che ballava. Aveva gli occhi spalancati ma non era cosciente. Lo abbiamo fatto stendere su un letto con una bottiglia d’acqua a portata di mano. Ogni tanto si metteva seduto e beveva un sorso. Quando è tornato in sé, ci ha detto di aver vissuto un’esperienza incredibilmente profonda—per noi invece è stato un turno incredibilmente noioso. Per quanto non siamo stati di grande utilità, è stato un bene che fossimo lì per evitare che si scottasse e finisse disidratato."

I sitter fanno turni di sei-otto ore. Quando il turno finisce, subentrano altri sitter. "Una volta c'era un ragazzo che aveva freneticamente camminato avanti e indietro con una mia collega per ore. Quando è arrivato il momento di subentrarle, abbiamo camminato tutti e tre insieme per un po’. Lei mi ha presentato ma lui evidentemente ha registrato l'informazione. Ha continuato a dire numeri a caso dallo zero al dieci. Sei, cinque, quattro, zero, zero, zero, due otto. Ho passato più di due ore a corrergli dietro, finché all'improvviso non ha realizzato di aver preso degli acidi e di essere in trip. Voleva andarsene e tornare dai suoi amici. Quando gli ho chiesto se aveva bisogno del mio aiuto, mi ha risposto, 'Per favore, vattene’.' E se ne è andato,” ha detto Joost.

Pubblicità

I sitter non obbligano nessuno a rimanere nella tenda: restare è una scelta del singolo. Diventa però frustrante quando le persone decidono di andarsene senza dire una parola una volta riprese, perché si vergognano di quello che è successo.

Foto via Flickr.

A volte il compito del volontario è davvero semplice. Ad esempio, Joost ha ricordato che una volta una coppia danese aveva mangiato una space cake, e si erano convinti entrambi di essere sull'orlo dell'infarto. Gli ha dato del tè e qualcosa da mangiare, continuando a ripetere che la cannabis non ha effetti negativi sull'organismo. Mezz’ora dopo stavano dormendo come due angioletti.

"Se l’individuo riesce a comunicare, cerchiamo sempre di capire di quali droghe ha fatto uso e quando. A volte se ne dimenticano e pensano che le sensazioni che stanno vivendo non passeranno mai. In questi casi può essere d’aiuto dire, 'Ehi, sei fatto di un acido, l'effetto dura dalle otto alle dieci ore. Tra tre ore ti sentirai meglio'."

C'era anche un altro ragazzo che aveva mischiato acidi ed MDMA e non riusciva più a trovare i suoi amici. Voleva soltanto sedersi su un letto, solo, ascoltare della musica e piangere. “Bisogna stare attenti," ha detto Joost. "Quel ragazzo, ad esempio, si sentiva al sicuro perché ero seduto accanto a lui, ma andava anche in paranoia perché pensava che lo fissassi troppo. È davvero difficile riuscire a trovare il giusto equilibrio in questi casi."

Pubblicità

Durante il suo primo vero turno, al Boom festival, Joost è stato preso a calci in faccia. La sicurezza gli aveva consegnato un ragazzo portoghese che urlava e si dimenava. Aveva la barba, i dreadlock ed era ricoperto da uno spesso strato di polvere. "Al Boom c’è una tenda a parte, dove gli individui più aggressivi o rumorosi possono stare da soli. Quando le guardie l’hanno lasciato andare credevo di essere a distanza di sicurezza, ma mi ha raggiunto il labbro con un calcio e sono caduto all'indietro," ha detto. Per farlo calmare, tre di noi gli si sono seduti sopra e l’hanno avvolto in un lenzuolo. “Urlava cose di ogni genere su stupri e orientamento sessuale. Guardava nella mia direzione, ma era come se mi attraversasse. Pensavamo stesse rivivendo qualche ricordo represso.

Più tardi invece ci ha detto che aveva leccato 500 microgrammi di acido (cinque dosi) dalla mano di un tedesco. Pensava di essere in una zona di guerra, di dover combattere i demoni e strisciare in un lago di sangue. Quando l’abbiamo bloccato ha pensato che volessimo cucirlo al pavimento per espiantargli gli organi e scambiargli i genitali."

La parte più difficile di questo lavoro è saper distinguere tra chi sta passando un brutto momento dovuto all’acido e chi mostra sintomi psicotici e ha bisogno di assistenza professionale e di medicinali. “Non conosciamo la storia della persona. Non sappiamo, ad esempio, se ci sono casi di psicosi in famiglia o se sta lottando contro la depressione. Le sostanze psichedeliche possono innescare situazioni complesse. Come quella volta che sono andato a prendere un ragazzo francese che aveva cercato di strangolare la doccia per tre ore, completamente nudo. È rimasto con noi per tre giorni, confuso e spaesato. Alla fine, è stato portato in un centro per la salute mentale e ho saputo che ci è rimasto per qualche settimana.”

Questo articolo fa parte della Guida di VICE ai festival.