Come la cartografia cambia la nostra realtà

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Come la cartografia cambia la nostra realtà

Nel corso della storia queste mappe hanno influenzato il mondo, la politica e il nostro modo di vedere ciò che ci circonda.

Sin da quando al primo anno di scuola ci è stato mostrato il planisfero sul muro della nostra classe, siamo stati abituati a pensare che la rappresentazione dello spazio sia un fatto oggettivo, non discutibile, scientifico e neutrale. Ma, ovviamente, non è così — "La mappa non è il territorio," direbbe qualcuno.

La cartografia, fin dai suoi albori, ha saputo produrre diverse rappresentazioni della realtà, plasmando la concezione di spazio e veicolando interpretazioni e narrazioni a seconda delle scelte di configurazione. Proprio per questo motivo, in alcuni casi storici, queste interpretazioni sono state sfruttate coscientemente da governi o imperi coloniali per costruire rappresentazioni strumentali al proprio potere.

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Oggi, anche il panorama urbano sta venendo plasmato dalle nuove tecnologie cartografiche in maniera più o meno indiretta, ma per capire come è necessario partire dall'inizio. "Quella che chiamiamo realtà è costituita da un complesso di rappresentazioni di significato sociale: relazioni, valori, identità," scrive la storica dell'arte e critica Rosalyn Deutsche nel suo lavoro Boys Town nel 1991.

La mappa del mondo di Gerardo Mercatore, Nova et Aucta Orbis Terrae Descriptio ad Usum Navigantium Emendate Accommodata, 1569. via Wikimedia

La mappa del mondo più diffusa è senza dubbio la proiezione cilindrica centrografica modificata di Mercatore, una proiezione proposta dal geografo nel 1590. Il vantaggio principale della proiezione consiste nella sua proprietà di rappresentare le linee di costante angolo di rotta con segmenti rettilinei.

La proiezione di Mercatore è tale da allungare sempre più le distanze man mano che dall'equatore si sale verso i poli, rendendo alcuni paesi più grandi di altri quando in realtà non lo sono. Questo problema è dovuto all'impossibilità di rappresentare una sfera su un piano mantenendo corrette tutte le distanze, tuttavia negli anni si sono susseguiti vari tentativi di rimediare alla cosa — l'ultimo viene dal Giappone e ha vinto nel 2016 il premio Good Design Award.

Nel 1973 Arno Peters pubblica la proiezione di Gall-Peters, un particolare tipo di proiezione che conserva le aree, scatenando così un dibattito politico. I sostenitori della proiezione di Peters affermavano che un'involontaria conseguenza della proiezione di Mercatore fosse rinforzare l'immagine coloniale dell'Europa a causa della sua deformazione che tendeva ad aumentarne le dimensioni rispetto, ad esempio, ai paesi del Nord Africa.

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La proiezione di Mercatore fu utilizzata strategicamente dagli Stati Uniti durante la Guerra Fredda in quanto, ingigantendo la zona russa e dell'Europa orientale, faceva intuire la presenza di un grande nemico, giustificando così l'ingente spesa bellica statunitense. Nell'aprile del 1946 la rivista americana Time pubblicò una mappa, intitolata "Communist Contagion", nella quale il mondo viene presentato separando il planisfero in corrispondenza dell'Unione Sovietica, rendendo così un'idea ingigantita dello stato, oltre che essere colorato in rosso, evidenziandone la minaccia paragonandola ad una "malattia".

Un'altra critica storica alla proiezione di Mercatore è aver sancito una posizione di superiorità all'Europa collocandola ulteriormente, ispirando mappe "capovolte" come quella di McArthur. Ma è un altro ancora l'elemento cartografico più esemplificativo dell'utilizzo della cartografia nella propaganda, e rappresenta l'inizio di un dominio non solo spaziale, ma anche temporale: il Meridiano di Greenwich.

Nell'ottobre del 1884, a Washington, si tiene l'International Meridian Conference, un incontro internazionale volto alla scelta di un meridiano che fosse usato come zero comune di longitudine e sistema di tempo standard mondiale. Nel suo testo Cartographic Fictions: Maps, Race, and Identity, Karen Lynnea Piper descrive dettagliatamente come si sia giuntia questo incontro e il dibattito che ne è scaturito.

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"L'istituzione del primo meridiano di Greenwich ha permanentemente sancito l'impero britannico come impero centrale nel mondo," afferma Piper. Sempre nel testo, si riporta che prima del 1884 esistevano già altri primi meridiani, come a Parigi, Lisbona, Rio de Janeiro e Washington, e ogni città del mondo aveva il proprio tempo, definito ponendo il mezzogiorno nel momento in cui il sole si trovava allo zenit.

L'avvento della ferrovia, tuttavia, fece sì che un treno passasse per più di venti zone orarie in un solo giorno. A causa di ciò, le ferrovie svilupparono un loro sistema temporale: un passeggero doveva però così tenere conto non solo dei vari tempi locali ma anche del tempo ferroviario. Da qui si decise per un'unificazione dei tempi.

"Cosa diavolo abbiamo in comune con Greenwich, rispetto a Timbuctoo, o Mosca, o Boston, o Astracan, o la capitale delle Cannibal Island?"

La scelta di universalizzare il tempo di Greenwich tuttavia non fu esente da critiche. In una lettera al Blackwoods Magazine un lettore si chiedeva, "Cosa diavolo abbiamo in comune con Greenwich, rispetto a Timbuctoo, o Mosca, o Boston, o Astracan, o la capitale delle Cannibal Island?". In un'altra lettera anonima inviata all' Illustrated London News qualcuno definì l'introduzione del tempo di Greenwich "Un disperato tentativo di annichilire Tempo e Spazio".

Che una scelta del genere ponesse qualcuno al centro del mondo era chiaro a tutti, e la dominazione britannica come potenza coloniale, combinata con il potere navale e l'avanzato sviluppo delle tecnologie di navigazione, arrivò con il Meridiano al suo apice.

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Sempre nel 1884 si tenne un altro incontro internazionale, la Berlin West African Conference, nella quale Otto von Bismarck invitò alcuni paesi europei e gli Stati Uniti allo scopo di regolare le attività commerciali europee in Africa centro-occidentale nelle aree dei fiumi Congo e Niger. La conferenza portò alla cosiddetta "corsa all'Africa", un periodo di continue rivendicazioni europee sui territori africani che proseguì fino all'inizio della Prima Guerra Mondiale

L'Africa dopo la conferenza di Berlino del 1884.

La cartografia fu in questa fase uno strumento indispensabile da parte delle potenze coloniali, capace di instaurare un ordine politico inerente la strutturazione degli Stati, intesi come corpi territoriali ben delimitati e con relazioni reciproche regolate da questi limiti.

Una delimitazione per giunta costruita "da altrove" rispetto alle zone in esame, con poca conoscenza del territorio africano e senza interpellare i popoli coinvolti, portando così un totale disconoscimento delle identità territoriali africane. Un gruppo di bianchi seduti attorno al tavolo che discutono di come definire il resto del Mondo.

Se pensiamo ai casi di strumentalizzazione politica della cartografia e della zona oraria non possiamo non ricordare il caso della Spagna: probabilmente tutti almeno una volta ci siamo chiesti perché mai la Spagna, che si trova praticamente a sud dell'Inghilterra, quindi i momenti di alba e tramonto coincidono quasi con quelli britannici, adotti il tempo UTC+1, cioè quello di Francia, Germania e Italia.

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Il 21 maggio del 1942 il dittatore Francisco Franco decise di cambiare infatti il fuso orario da quello geograficamente definito per unificarlo a quello del suo alleato politico Hitler.

Il 21 maggio del 1942 il dittatore Francisco Franco decise di cambiare infatti il fuso orario da quello geograficamente definito per unificarlo a quello del suo alleato politico Hitler, come in senso di vicinanza. Più volte si è discusso in Spagna di tornare all'orario di Greenwich, ma ancora non si è attuato il cambiamento.

Per concludere arriviamo ai nostri giorni. Negli anni '70 vengono sviluppati i primi modelli di sistema di posizionamento globale, GPS, un sistema che grazie ad una rete dedicata di satelliti, fornisce ad un dispositivo le proprie coordinate geografiche. Con le nuove tecnologie di geolocalizzazione e la diffusione di massa di strumenti digitali abbiamo aperto una nuova era della cartografia.

Non solo per la prima volta siamo noi stessi all'interno della mappa, modificandola con i nostri percorsi e i nostri dati ma anche per aver sempre più declinato ad altri la definizione stessa dello spazio che percorriamo.

Le mappe digitali ci dicono dove andare, dove mangiare, dove bere, dove dormire e quali luoghi visitare.

Se siamo in città e apriamo Google Maps per guardarci attorno in quel momento un algoritmo proprietario sta decidendo cosa in una certa area è importante o meno per noi: può indicarci uno specifico ristorante perché sponsorizzato, o scegliere la segnalazione dei luoghi in base al profilo di nostri gusti e opinioni raccolti negli anni dalle nostre mail, dalle nostre ricerche.

Ma soprattutto, gli algoritmi in questione sono ad accesso chiuso e non possiamo quindi sapere le regole con le quali lo spazio attorno a noi viene, letteralmente, definito. È il sogno di qualunque colonizzatore di sempre.

Per provare a fornire diverse cartografie, diverse narrazioni dello spazio, sono nati di recente diversi progetti. i-See è una mappa generata dagli utenti che segnala la posizione delle telecamere di videosorveglianza di New York, per sensibilizzare sul tema del controllo sociale. Il gruppo di attivisti che l'ha progettato, l'Institute for Applied Autonomy (IAA) ha anche coniato il termine di cartografia tattica (tactical cartography) per indicare rappresentazioni spaziali "che affrontano il potere e promuovono giustizia sociale".

Un progetto italiano, simile a i-See è quello di Anopticon, che mappa le telecamere nelle città della penisola, e di cui abbiamo già parlato su Motherboard. Un altro progetto interessante è Mapping Postkolonial Munchen, un sito che raccoglie informazioni riguardo la colonizzazione dello spazio urbano europeo,indagando come la geografia di Monaco è determinata e può determinare processi di stampo coloniale. Ovviamente i lavori simili sono tantissimi: uMap è un servizio molto facile da usare, che tramite l'utilizzo di OpenStreetMaps permette in pochi semplici passaggi di creare la propria mappa, come mappe di critica sociale o di segnalazione di luoghi oscurati dalla cartografia mainstream. Mappe per creare nuove rappresentazioni, nuove narrazioni.