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Tecnologia

Il modello matematico per la diffusione dell'Ebola si sta dimostrando efficace

E purtroppo, se il modello matematico è esatto, l'epidemia di Ebola è ancora lontana dall'estinguersi.
Immagine: CDC/Flickr

Parte del fascino dell'epidemiologia riguarda la possibilità di descrivere e prevedere epidemie altamente dinamiche con modelli matematici semplici ed efficaci. Ma quanto possono essere efficaci i modelli nel definire perfettamente la diffusione di una malattia?

Chiarire il come si possa diffondere una malattia all'inizio di un'epidemia è una sfida piuttosto difficile, visto che i contagiati sono pochi e le variabili, invece, molte. Ma un metodo sviluppato recentemente per lo sviluppo di proiezioni sul breve periodo di malattie, chiamato modello IDEA, sembra promettere bene e sta anche eseguendo un ottimo lavoro nel tracciare l'attuale epidemia di Ebola.

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"Se confermato, le implicazioni di una tale scoperta porrebbero essere importanti," scrive il creatore del modello su un documento pubblico del 2013 pubblicato su PLOS One, "per esempio, potrà essere possibile di prevedere, con un alto grado di accuratezza, la dimensione finale e la durata di un'epidemia stagionale di influenza entro due settimane dall'inizio di essa."

Il grafico sopra mostra l'attendibilità del modello per l'attuale epidemia di Ebola. Per adesso è praticamente impeccabile. Se il modello IDEA continuerà a prevedere la diffusione della malattia con la stessa precisione, possiamo aspettarci che l'Ebola cominci a scomparire a Dicembre, con un totale di 14,000 casi. In questo momento, secondo il CDC statunitense, ci sono o ci sono stati circa 8,400 casi. C'è ancora tempo.

Dunque come funziona il modello? Un paio di settimane fa abbiamo parlato del famigerato numero r_0—che è utilizzato per calcolare la trasmissibilità di una malattia in termini di ulteriori contagi per singolo contagiato—e di un modello conosciuto come SIR, che descrive perfettamente le impressionanti dinamiche coinvolte nell'integrare segmenti di persone a rischio (S, susceptible), contagiate (I, infected) e immuni (R, per recovered) esposte all'epidemia.

Il modello SIR è solitamente utilizzato per vedere quanto possa crescere un'epidemia all'interno di una popolazione, con i soggetti a rischio che vengono contagiati e questi ultimi che talvolta guariscono o ne diventano immuni. (Un esempio esplicativo è questo modello per una potenziale epidemia zombie.) Se combinato con r_0, il modello può prevedere la potenza di un'epidemia.

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In generale, i modelli epidemici si sviluppano a partire dalla struttura SIR, e ogni modello aggiunge un nuovo compartment. Per esempio, il modello SEIR aggiunge una "E" per i gruppi di popolazione che sono stati esposti alla malattia e stanno incubando l'agente patogeno, ma non sono ancora contagiosi—come quando, per quanto riguarda l'Ebola, il "paziente zero" statunitense Thomas Eric Duncan è salito sul suo volo dalla Liberia a Settembre.

Il modello MSIR aggiunge una "M", un gruppo all'interno del quale si trovano soggetti con una innata e naturale immunità alla malattia. Nel frattempo il modello SIS elimina completamente dall'equazione il gruppo dei soggetti immuni, proponendo una dinamica tipica per i comuni raffreddori e influenze, nella quale essere stati contagiati una volta non offre alcuna futura protezione.

Ci sono diverse altre variazioni del modello base a compartment, ma difficilmente questa è l'unica strategia di definizione in giro. Per andare a completare i modelli precedenti, potremmo passare al modello IDEA.

IDEA sta per "incidence decay and exponential adjustment." Sì, infine siamo arrivati a parlare davvero di faccende esponenziali nel vero senso della parola, piuttosto che nella solita espressione che vuol dire "un sacco."

Una dei creatori del modello IDEA, Amy Greer, scrive che il modello "si basa sull'idea che possiamo utilizzare semplici dati della sorveglianza della sanità pubblica e trasformare queste informazioni in proiezioni affidabili e accurate di cosa può succedere sul breve periodo in una epidemia."

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Il modello tenta di sistemare i consueti inconvenienti del numero r_0, il quale, secondo i creatori di IDEA, spesso fallisce a giustificare accuratamente gli sforzi per il controllo epidemico.

Come per i modelli a compartment, r_0, al massimo della sue capacità, si ferma alle proiezioni per il principio di u'epidemia utilizzando un gruppo di valori iniziali. In una situazione di contagio le cose cambiano in fretta, comunque, e le contromisure della sanità pubblica possono aggiungere una marea di variabili al tutto.

Inoltre, nel caso dell'Ebola, come può un ricercatore definire il modo in cui la disinformazione e le proteste hanno ostacolato gli sforzi per limitare il contagio attraverso le quarantene? IDEA è progettato per essere efficace in questi contesti.

Se vi ricordate, r_0 tecnicamente è definibile come il numero medio di infezioni secondarie che ci si può aspettare vengano generate da una infezione iniziale. In altre parole, è il numero di persone a cui ogni individuo contagiato potrebbe trasmettere la malattia prima che, lui stesso, diventi non contagioso.

Il valore r_0 dell'Ebola è circa 1.5 negli Stati Uniti e più vicino al 2 nell'Africa Ovest. Tenete in mente che 1.5 è un valore iniziale e che con l'aumentare dei controlli e delle contromisure, dovrebbe diminuire.

Le cose si fanno confuse quando bisogna calcolare la diminuzione di questo valore, secondo Greer. Il suo modello utilizza un nuovo valore d per variare r_0 in questa maniera:

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La questione principale qui è proprio il valore d (discount), che è un fattore che cambia nel corso del tempo e che rappresenta elementi attenuativi al diffondersi dell'epidemia, chiamato così perché assomiglia agli sconti nei modelli finanziari. Qui è inteso a rappresentare gli sforzi fatti per controllare il contagio: vaccinazioni, quarantene, etc. Maggiore è il valore d, minore è il risultato I, che rappresenta il numero totale degli individui contagiati.

Utilizzando questo valore I iniziale, possiamo verificare come cambi nel tempo, data questa equazione, dove il valore Ret nel momento 0 è r_0.

In questo modo, moltiplicando il valore R in un determinato momento, che è definito dal valore Ret, per la prima equazione che abbiamo ottenuto usando d, avremo il numero di individui contagiati che possiamo aspettarci al prossimo intervallo di tempo (giorni, probabilmente).

Tutto questo per dire che il modello IDEA è un modo decisamente più dinamico per rapportarci alla trasmissibilità di una malattia, visto che è un modello che varia continuamente in base ai vari meccanismi di controllo che potremmo mettere in atto per limitare il contagio, o, invece i loro effetti osservati.

Girare attorno algebricamente all'equazione sopra, assieme ad altre equazioni nel modello che prevedono variabili in una popolazione immune o vulnerabile all'epidemia, ci fornisce diverse previsioni utili: il tempo stimato prima che un'epidemia fermi la sua crescita, una stima del numero totale di individui contagiati, e così via. Il modello può anche fornire agli epidemiologi un modo per determinare quanto efficienti siano le loro contromisure.

Greer e il suo team hanno provato il modello su dei dati riguardanti un'epidemia di H1N1 a Nunavet, in Canada (dunque una fetta di popolazione ragionevolmente isolata.) Potete vedere i risultati qui sotto. Non male: i modelli hanno tracciato i dati osservati decisamente bene. (Il valore SI fa riferimento a quanti differenti intervalli di tempo, i ts sopra, sono calcolati.)

In un'epidemia simulata, i ricercatori hanno scoperto che il loro modello si è comportato decisamente bene con valori r_0 bassi o moderatamente bassi, con i quali il modello SIR potrebbe avere difficoltà. Secondo Greer e il suo team, la proiezione generata da IDEA calzava sostanzialmente a pennello.

"Abbiamo scoperto che le proiezioni più adatte per il modello IDEA per sistemi a contagio dinamico con un valore r_0 basso o intermedio erano davvero buone, con parametri, derivati in 3-4 generazioni, capaci di generare una proiezione intera della epidemia simulata con una accuratezza notevole," conclude il team nel loro documento per PLOS One.