FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

La fabbrica degli eroi

Fulvio Pannese, in arte Pannaus, costruisce pezzi di supereroi. È un maniaco dei dettagli, che sia l'elmo di Ironman o il martello di Thor. Ora vuole lanciare una rivista di Cosplay e tornare in America per dare una cosa a Stan Lee.
Fulvio Pannese indossa un elmo di Ironman costruito con le sue mani. Immagine: Pannaus Props

Quando ho iniziato a fare gioco di ruolo dal vivo, mi sono comprato un paio di occhiali da sole tondi in stile John Lennon malvagio. Li ho pagati dieci euro su eBay, spese di spedizione incluse. Ho preso il mio camice da laboratorio e mi sono inventato un dottore gelido e manipolatore molto divertente da giocare.

Il fatto che tutti gli altri giocatori si impegnassero molto più di me a caratterizzare i loro personaggi—con trucchi, costumi seri, armi, gioielli, sangue finto e lenti a contatto—non è passato inosservato. All'inizio mi sentivo furbo perché, a differenza degli altri, avevo speso solo dieci euro di occhiali e utilizzato gli stessi vestiti davvero poco eleganti che indosso di solito.

Pubblicità

Tuttavia, quando i miei occhialini alla Darth Lennon si sono disintegrati, ho capito di essere stato un po' troppo superficiale. Dentro di me, ammiravo la dedizione che le altre persone dimostravano nei loro hobby. E così, quando ho visto i lavori di Fulvio Pannese esposti a Maker Faire Rome, ho subito capito che lui era uno di quelli che nel lavoro fa sul serio. Fulvio è di Roma, e fa supereroi. E il suo non è un hobby.

Nel 2011 ha fondato Pannaus Props e si è messo a costruire repliche di oggetti appartenuti a grandi supereroi dei fumetti. Tipo l'elmo di Ironman, quello di Capitan America e di Magneto. E il martello di Thor. Tutti mostruosamente curati nei dettagli, tanto che gli appassionati di prop e i cosplayer tartassano di richieste lui e il suo socio Riccardo Depaoli. Mi sono messo a fare lo stalker sulla pagina Facebook di Pannaus e ho scoperto che, oltre a essere stati accettati alla prossima Maker Faire di San Mateo, dovranno pure essere a Dallas per il Comicon. Negli stessi giorni.

Gli elmi di Ironman realizzati da Fulvio. Immagine: Pannaus Props

Qualche mese fa, Fulvio ha fatto un primo viaggio negli Stati Uniti, e ne ha approfittato per consegnare un elmo crossover a Karl Urban—il tipo che fa Eomer nel film ne Il Signore degli Anneli, tanto per intenderci. L'ultima sua idea è quella di lanciare una rivista di cosplay appoggiandosi a una campagna di crowdfunding su Indiegogo. Mi sembrava ci fosse abbastanza carne al fuoco per interrompere il suo lavoro da fabbro degli eroi. L'ho chiamato e gli ho chiesto che gli passa per la testa.

Motherboard: Ciao Fulvio, ci parli un po' del tuo ultimo progetto?
Fulvio Pannese: L'idea è nata una sera a casa di un amico cosplayer, Luca Morandi, che a cinquanta anni è uno dei Magneto più stilosi, accurati e ben fatti che conosca. Visto che lavora come art director in una società nel campo pubblicitario da anni ed è un mostro con photoshop, Luca nel tempo libero ha spesso creato dei posterini epici modificando normalissime foto di altri cosplayer.

Pubblicità

Cioè?
Prende le foto di cosplayer e le trasforma in qualcosa di fichissimo. Qualche settimana fa ero a casa sua, e mi fa vedere il suo portfolio stampato a mo' di rivista. Quella è stata la scintilla di tutto.

Tipo fulmine.
Sono anni che inseguo il sogno di creare una rivista e di averla stampata tra le mie mani. Quella del mio amico aveva dei prezzi di stampa buoni. Insomma, si potevano fare cose buone a prezzo contenuto, tutto con distribuzione indipendente.

Ti sei convinto.
Dai, mi ero già visto come sarebbe venuto fuori il lavoro. Meglio di così…

Il titolo?
Abbiamo usato il nome della nostra associazione: Heroes Factory, la fabbrica degli eroi. Perfetto, no?

Che si fa adesso?
Cerchiamo di capire che tipo di risposta e interesse c'è tra le persone. Ci siamo detti, i cosplayer ci tengono ad avere foto fighe. Chiediamo qualcosina in cambio e mettiamo tutto quanto in una rivista.

E tutte quelle storie sull'apocalisse dei giornali di carta?
Guarda, una cosa è avere un file su computer, un'altra avere una foto su una rivista che ti arriva a casa. È più affascinante, rimane per sempre. Penso che di questi tempi sia qualcosa di valore.

Però siete anche gente moderna.
Ci siamo detti, per la rivista proviamo la via del crowdfunding. Magari anche come rampa di lancio per la nostra seconda idea. Che sarebbe un progettone più grosso in cantiere con Pannaus Props.

Ok, non farmi sbavare su troppe cose. Parlami un po' della rivista.
Il pacchetto finale è questo. Heroes Factory dà a tanti cosplayer che non hanno amici fotografi o photoshoppari l'opportunità di avere le loro foto heroizzate. Ma è rivolta anche a chi prende commissioni dai cosplayer e vuole pubblicizzarsi con qualcosa di più che una manciata di foto su una pagina Facebook. In più, per coloro che sono comunque curiosi e amano il mondo del making e del cosplay, inseriremo dei contenuti scelti da noi.

Pubblicità

Tipo?
Consigli per i costumi, tutorial di propping, notizie sui gruppi di costuming e approfondimenti su realtà ormai consolidate come 501St Italica (Guerre Stellari) e Umbrella Corporation Italian Division.

Un heroes journalism.
Diciamo di sì. Prima di cartoomics il mio socio Riccardo e io siamo andati a Lucca a fare un piccolo lavoro proprio per l'Umbrella e ho avuto modo di parlare con con il loro presidente, e gli ho chiesto come hanno fatto a procurarsi il loro elicottero.

S.T.A.R.S.! Scusa, per me Resident Evil è una sorta di romanzo di formazione.
Sì, ti dicevo: io per primo mi sono chiesto la storia di quell'elicottero, ma sono cose che per pudore o timidezza nessuno domanda. Mi piacerebbe parlarne nel primo numero della rivista.

E l'elicottero…
Alla fine è loro, lo hanno proprio comprato.

Capitan America e Ironman. Immagine: Antonio Amendola/Maker Faire Rome

Fico. Senti un po', immagino ci sia già un po' di concorrenza.
L'unica rivista cartacea che conosco si chiama CosplayGen. Però parla soprattutto di cosplayer di una certa fama e non è una cosa dal basso verso l'alto, ma dall'alto in basso. È la redazione a decidere chi mettere in copertina e non c'è post produzione nelle foto. Nel senso, se non hai foto fatte in un certo modo, è difficile che tu possa finirci. Non esiste un tipo di servizio come quello che vogliamo fare noi.

Che poi il mondo dei cosplayer non è tutto rose e fiori.
C'è questa diatriba che avanti da una vita. Certi dicono che il cosplay è aperto a tutti, che tutti sono liberi di mettersi qualsiasi costume. Molti dicono che il cosplayer interpreta un personaggio che tanto ci piace, a prescindere da tutto il resto. E mi sta bene, ma c'è un problema.

Pubblicità

Spara.
Un conto è se lo fai per i fatti tuoi, ma quando vai in pubblico non te ne puoi fregare del risultato. Magari non arrivi al metro e mezzo, pesi 80 chili, e hai addosso un costume da eroina di Mortal Kombat con tutte le cicce di fuori.

Senza essere sessisti.
Ma io ti parlo di donne e uomini. Ti faccio l'esempio del mio collega Andrea. Lui è alto uno e settanta. Ha fatto un Robocop e gli è venuto davvero bene, ma piuttosto bassino. Non so, dovresti essere alto almeno uno e ottantacinque. Naturalmente è venuto fuori il discorso della statura e, per tornare al discorso di prima, gli ho detto che è normale che lo avrebbero criticato. Ma penso di avergli dato anche una soluzione. Se qualcuno gli dicesse: “Sei un po' basso per essere Robocop”, lui dovrebbe rispondere “Lo so, ma mi piaceva troppo.” In questo modo, accettando le critiche, fai sapere che sei conscio dei tuoi limiti.

È dura fare l'eroe.
Ma no. Succede che c'è una mancanza di autocritica. È un po' naif mettersi un costume sperando che nessuno dica niente. Ti faccio un esempio. A qualche Romics fa, c'era una Bane nettamente in sovrappeso. Lo avrebbero distrutto di critiche se non avesse avuto un foglio in mano con scritto: “Io Batman me lo so magnato.” A quel punto vedevi le persone andare da lui a stringergli la mano e dirgli: “Sei un grande,” capisci?

Sta tutto nell'autocritica quindi?
Esattamente. Quello, e il non prendersi troppo sul serio. Se il personaggio è fatto così, e tu in un altro modo, scherzaci su. Se è un divertimento anche per te, tutti la prendono bene. Devi trovare un personaggio adatto a te. Se sono magro non faccio il ciccione. E viceversa.

Pubblicità

Dillo che è successo anche a te.
Sì, è vero. Ho rivisto delle foto del 2007 dover ero vestito da spartano di 300. Belle. Poi l'ho rifatto un paio di anni fa al Romics, ma non era più la stessa cosa. Un tempo c'avevo la tartarughina al suo posto. Mi sono detto, che senso ha fare lo spartano senza addominali? Che poi lo spartano è fico per definizione, insomma 300 lo abbiamo visto tutti e non posso stare li tutto serio e fico con la panza :D

Però così è difficile.
Guarda, in giro si dice che il desiderio di mettersi un costume supera il disagio. No, non è vero. Vuoi fregartene? Anticipa le critiche. Se hai qualche chilo in più e ti metti in testa “ok, faccio una versione ciccia di Catwoman,” la gente non ti dice nulla. Anzi, ti apprezza perché sei una grande.

Secondo te è più facile vestirsi da eroi o da villain?
Sai, alla fine ti rendi conto che eroi classici come Batman e Superman in effetti sono un po' noiosi. Alle fiere, se vuoi essere il più possibile “in character” più di stare in posa non puoi fare. Da uno cupo e serio come Batman non ti aspetti un sorriso. Tutti i cattivi, in generale, hanno libertà di movimento e azione molto superiori. Ti diverti di più.

Senza Robin tra le palle.
I classici DC sono statici. Sono eroi un po' piatti. Batman è sempre così. I cattivi invece hanno un fascino più grande per i cosplayer più esibizionisti. Ma fare il cretino in un costume dove si riconosce che sei tu non è facile. È più impegnativo, devi essere estroverso. I buoni sono fissi.

Pubblicità

Tutti?
Tutti a parte Ironman. Con lui puoi fare il fico e il cretino. È come nei giochi di ruolo: c'è chi si sceglie il personaggio legale buono e chi quello caotico. Insomma, il rispetto delle regole contro l'imprevedibile libertà d'azione.

Saggia scelta. Senti, adesso a cosa stai lavorando?
Ora sto finendo il martello di Thor di Dark World. Siamo abbastanza vicini alla fine, aspetto solo che mi arrivi il silicone per potere stampare tutto quanto. Finito quello, in lista c'è un elmetto di DeathStroke. Mi piacerebbe anche fare l'intero costume ma è un'impresa titanica.

Ogni tanto realizzate anche qualche replica per voi?
Per noi nulla, non abbiamo tempo. Mi piacerebbe molto, però. Per quanto io sia discostato dal mondo cosplay, in realtà sono nato proprio lì. Parlo di Guerre Stellari, quando facevamo le armature da storm trooper in cartone. Il problema è che non ho tempo. Vorrei costruirmela un'armatura di Ironman fatta bene. Ma è uno di quei progetti dove ti serve un finanziatore.

Molti dicono che il prop è un hobby. E negli hobby le critiche non sono mai benvenute. Mai.

Il mercato è tiranno.
In realtà i costumi finiti hanno un valore positivo anche se non li vendi. Sono quelli che ti fanno conoscere in giro. Guardando spesso altre pagine di props, abbiamo capito che alla fine gli oggetti singoli non hanno così tanta risonanza. Soprattutto nel caso di repliche dei film. Sono tutte cose che le persone hanno già visto al cinema.

Pubblicità

Vale anche per voi?
Se vedi Pannaus che fa un elmo magari dici “oh, 'mazza che figata.” Ma in realtà è roba che hai già visto altrove.

C'è chi riesce a fare la differenza?
Non so se conosci Volpin, un maker americano. È bravissimo, ha fatto un vero olofono di Futurama. E anche il Needler di Halo. Sono perfetti, se esistessero sarebbero fatti davvero così. Hanno più risonanza perché non esistono copie “reali” in quanto sono oggetti di videogiochi o cartoni animati. In quel caso una cosa del genere fa il giro del web e la nerd nation ci sbava sopra.

La qualità vince sempre?
Non è detto. Non puoi paragonare i costumi da cosplayer a quelli dei makers. Però, anche se i primi sono di qualità inferiore, avranno quasi sempre più condivisioni sui social. È un impatto a tutto tondo.

La gente non fa troppo caso ai dettagli.
Gli utenti dei social non sono Fulvio Pannese, che ti trova difetti ovunque (purtroppo! Non sai quanto mi piacerebbe non accorgermi di tante cose). Sono persone che vogliono essere intrattenute da personaggi a tutto tondo.

Dimmi dell'avventura negli Stati Uniti. Si respira un'aria migliore?
In ogni posto in cui vai, chi non è del mestiere non capisce che tipo di lavoro c'è dietro ogni tua creazione. Vale per tutti, chi fa prop, arte, grafica, musica. Io faccio prop e non posso capire tutto il lavoro che c'è dietro al pezzo suonato da un violinista. A me può sembrare un pezzo qualsiasi, ma magari dietro ci sono cinque mesi di prove e vesciche alle dita.

Pubblicità

Un bilancio dell'avventura?
Ok. Contro: eravamo a Dublin, un posto con una vita sociale nulla, dove se non hai una macchina non puoi fare NULLA. A capodanno non è stato sparato un singolo botto. Una stella di Natale, nulla. Pro: è stata una bella opportunità, soprattutto per l'elmo crossover che abbiamo fatto e consegnato a Karl Urban. Gli Stati Uniti sono un paese più grande e interessante, alcuni materiali costano meno, le vernici di più. Il sistema delle bombolette spray è diverso e più scomodo e ne abbiamo pagato le conseguenze. Naturalmente.

L'elmo crossover (Dredd, Il Signore degli Anelli e Star Trek) consegnato a Karl Urban. Immagine: Pannaus Props

Com'è la gente?
Grosse differenze non ce ne sono. Gli americani sono molto più inclini ad amare tutto ciò che è fantasy related. Si emozionano di più, un po' come i bambini.

Che teneri.
Se ci sono più persone che si emozionano, Com'è la gente?hai più potenziali clienti. Da quanto abbiamo iniziato, il 70 percento delle cose fatte da noi le spediamo negli USA. Un pacco lo paghi 12 dollari, e arriva in tre giorni. Qui in Italia costa l'equivalente di 42 dollari e ci mette tre settimane.

Scelta difficile, no?
Per fortuna parlo e scrivo bene in inglese, e le persone si fidano di me. Mai avuti clienti scontenti, e se proprio qualcosa non va ridiamo loro i soldi. Per questo tipo di mercato il passaparola è il migliore amico e anche il tuo peggior nemico.

Pubblicità

Le parole sono importanti, come diceva coso…
Non hai idea di che disastri puoi generare se dici qualcosa di sbagliato. Una volta ho scritto su Facebook che un elmo di Dredd verniciato con uno schema di colore bianco e rosso, anziché nero e rosso, a me non piaceva. Ho usato il termine “ugly” e quasi non finivo crocifisso in sala mensa. Era pure uno dei miei prop! È arrivata una valanga di commenti acidi, poi l'allarme è rientrato. Per mezz'ora tutti erano pronti a farmi la pira funeraria.

Cacchio.
Bisogna sempre stare attenti, i clienti sono per prima cosa dei fan di Dredd, Magneto e tanti altri personaggi. Cammini in una cristalleria. Se ti muovi bene, la gente rimane affascinatissima, ma se ti muovi male è un disastro.

Una sorta di prop nazi.
Dei prodotti licenziati, se non sono fatti bene, si parla tranquillamente male. Nessun problema. Ma nessuno parla mai male di un prodotto fatto da un fan in pubblico o sui social. Anche se li vende, nessuno ne parla mai male. Se dici “senti, ma qui questa cosa non mi pare molto…” ti dicono “questo è il mio Dredd, se non ti piace sono affari tuoi.” Molti dicono che il prop è un hobby. E negli hobby le critiche non sono mai benvenute. Mai.

Ma perché?
La gente preferisce stare zitta piuttosto che dire “a me non piace.” E' un tipo molto strano di omertà. Io che vendo repliche non posso criticare nessuno. Anche se fosse palese che una mia replica è migliore di un'altra, me lo devo tenere per me. La pubblicità comparativa vale dappertutto, tipo la guerra tra Pepsi e Coca Cola, ma non nei campi che le persone chiamano hobby. Al massimo puoi sperare che qualche fan ultra fedele dica che il tuo prop è migliore di quello di X e Y, ma non succede quasi mai. La qualità non è ripagata, e questa è la cosa che mi frustra di più. Sembra quasi di non arrivare mai. Ti alleni per mesi, anni ma stai sempre a metà e spesso non sai neanche perché.

Che si fa?
Ti spremi le meningi e ti inventi qualsiasi cosa tu possa fare per “make an impression.” A maggio torniamo in America con uno stand al Dallas Comicon. Dopo l'esperienza con Urban e la grande risonanza che ne uscita fuori, abbiamo deciso di fare un secondo e un terzo crossover. C'è Stan Lee a Dallas, e lui ha ispirato la nostra seconda creazione.

Grande.
Riccardo qualche settimana mi fa mi ha detto una cosa che mi ha fatto ridere: “A Fu', te sei come Di Caprio. Bravissimo a fare quello che fai. Ma non ti considerano mai.” Ho riso parecchio.

Avrai un tuo meme, come Leo.
Mi basterebbe la sua popolarità e un centesimo dei suoi soldi. Comunque sia, la cosa bella di questo lavoro, nonostante a volta sia difficile, è che ogni volta che finisci un progetto è sempre un'emozione. È una cosa per cui vale la pena finire sotto a un ponte. Anche ora che ho 36 anni.

Nessun ponte. Sarai crocifisso in sala mensa.
[Ride].