Perché dobbiamo temere l'apocalisse zombie
​The Walking Dead / AMC

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Perché dobbiamo temere l'apocalisse zombie

Come la logica dell'apocalisse zombie logora la nostra fede nelle istituzioni e nell'umanità.

Niente può fermare i morti che camminano. Non un gruppo di sopravvissuti duri a morire, non una saturazione totale del mercato, e di certo non la qualità ripetitiva di qualsiasi trama di zombie in qualsiasi film, telefilm, e fumetto che, a questo punto, fa sì che ogni contatto con il fenomeno abbia il retrogusto di un non-morto deja-vu.

Gli zombie risorgono, mordono, proliferano. I furbi si adattano a questa nuova realtà, uccidi o sarai ucciso. I forti sopravvivono, mai fidarsi. I deboli obbediscono, o finiscono divorati. Sciacquate il tutto con il sangue, e via da capo.

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Questa premessa incredibilmente semplice—e semplicistica—motiva quello che sembra essere il più grande fenomeno sovrannaturale del secolo, e la raffigurazione del futuro più gettonata nell'intera cultura pop. E anche dopo anni di questa roba, il fenomeno zombie non mostra segno di voler rallentare la sua andatura trascinata e assetata di sangue. Il finale di stagione di The Walking Dead ha da poco coronato un'altra stagione dagli ascolti sbalorditivi (supera regolarmente la Sunday Night Football su NBC), in cantiere c'è una serie spin-off, il canale SyFy ha una sua versione di successo, Arnold Schwarzenegger è protagonista di un nuovo film di zombie, e il film del 2013 World War Z, che ha fatto mezzo miliardo di dollari, avrà un sequel il prossimo anno. Gli zombie sono più popolari che mai.

La cosa è sconvolgente per molti critici, che sostengono che la visione del mondo promossa dall'apocalisse zombie sia senza speranza e nichilista, e che la sua assoluta popolarità possa in realtà consumare la fiducia che riponiamo nelle istituzioni e negli altri esseri umani. Questo ethos da fine del mondo potrebbe alla fine dimostrarsi controproducente per qualsiasi comunità che intenda preoccuparsi dei suoi problemi reali e non-apocalittici—ah, ed è seriamente sconfessata dalla scienza sociale che esamina i comportamenti delle persone in mezzo ai disastri.

"Il genere degli zombie è unico in termi di misantropia," mi ha detto Daniel W. Drezner. Drezner è un professore di politica internazionale alla Tufts University, e autore di molti libri e articoli accademici che trattano dell'impatto della cultura zombie sul discorso politico.

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"Se vai in piena modalità prepper, aggravi la situazione"

La logica dell'apocalisse zombie dipinge gli esseri umani—quelli che sopravvivono, almeno—come inevitabilmente egoisti, pericolosi, e pronti ad attaccarsi a vicenda quando messi davanti alle difficoltà. È una visione malvagia del darwinismo sociale di una società che va in pezzi velocemente e facilmente; le uniche cose a tenerci insieme apparentemente sono i dipartimenti di polizia e l'elettricità. Una storia di zombie non riguarda mai davvero gli zombie, ovviamente. "Riguarda come gli esseri umani reagiscono a circostanze estreme, e non lo fanno bene," ha detto Drezner.

Per una comunità globale che affronta ora un numero sempre crescente di quel genere di circostanze estreme—cambiamenti climatici, epidemie, guerre—la cosa è un problema. Il critico dei media Douglas Rushkoff teme che la logica degli zombie restringa la nostra capacità di pensare a soluzioni. "Sembra quasi che le persone preferiscano immaginare l'apocalisse zombie" piuttosto che il loro futuro, ha detto a Yahoo News. È un prodotto di quello che chiama lo "shock del presente," e teme che possa renderci più inclini ad abbracciare il presupposto che il collasso sia inevitabile, e meno inclini a partecipare all'impegno civico o a progetti che possano migliorare le nostre comunità nel lungo termine.

Se crediamo che le cose siano destinate a precipitare, dopo tutto, perché fare qualcosa? Meglio invece fare scorta di beni in latta e serrare la porta (una soluzione insinuata, in effetti, dalle pubblicità apocalittiche dei "cibi per la sopravvivenza" in talk show conservatori come quello di Glenn Beck.) "Se vai in piena modalità prepper, aggravi la situazione," ha detto Drezner. "È molto più facile che la situazione diventi irrecuperabile."

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E ora, la logica zombie si sta facendo strada nel discorso popolare, dietro il pubblico di decine di milioni di persone che guardano ogni settimana telefilm e film di zombie, dietro quelli che organizzano zombie walk ed eventi a tema—persino istituzioni pubbliche, NGO, e politici fanno eco alla logica zombie nei loro sforzi di sensibilizzazione.

Per esempio il CDC ha messo online un PSA a tema zombie per sottolineare le tecniche di prevenzione delle malattie, che si è dimostrato così popolare che ha fatto crashare i server dell'agenzia. Cosa che, per come la vede Drezner, è sia una benedizione che una maledizione—un sacco di persone hanno guardato il PSA, ma in un contesto per cui le cose sono destinate ad andare malamente al diavolo. L'apocalisse zombie "esagera grandemente la fragilità della società. Usando questa metafora, si è aiutanti e complici della cosa che si cerca di evitare," ha detto Drezner.

Dunque come siamo finiti sotto l'incantesimo fatalista degli zombie? In un articolo pubblicato nel 2014 sul Journal of Social Research, Drezner fornisce un quadro dell'esplosione della cultura zombie, e del suo impatto sul discorso pubblico.

"Il genere diventa più popolare durante tempi di incertezza, guerra o recessione," mi ha spiegato. "Al cinema, per esempio, ha preso il volo dopo l'11 settembre." Ha citato una ricerca del 2008 secondo cui un terzo dei film sugli zombie è stato sfornato dopo il 2001. Ora ce ne sono ancora di più. "La crisi finanziaria del 2009 ha innescato un altro picco."

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La globalizzazione e la tecnologia—e il nostro palese fare affidamento su di essi, e la nuova vulnerabilità che ne deriva—hanno reso zombiedom un popolare canale espiatorio delle nostre ansie. "È un concetto molto plastico," ha detto Drezner. "Quando Romero ha girato La Notte dei Morti Viventi, la causa di tutto erano le radiazioni. Ora sono le epidemie. È la natura che torna per prenderci a morsi—abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. Questo è quello che la società si merita."

Le basi della logica zombie vanno a braccetto anche con i principi conservatori della linea dura (auto-sufficienza, individualismo, isolazionismo), che sono stati sempre più forzatamente articolati negli ultimi quindici anni. Nel suo libro del 2012, Thomas Edsall esamina il lavoro del professore di Wharton Philip Tetlock, che ha scoperto che i conservatori "hanno una tolleranza minore al compromesso; vedono il mondo in termini di 'noi' contro 'loro'; preferiscono usare la forza per ottenere un vantaggio; sono 'più inclini ad affidarsi a regole di valutazione semplici (buono contro cattivo) per interpretare questioni di politica', sono "motivati a punire chi viola le norme sociali (e.g., chi devia dalle norme tradizionali di sessualità o di comportamento responsabile) e a scoraggiare gli approfittatori." Suona familiare? È più o meno la descrizione della bussola morale di chi sopravvive con successo agli zombie. Buffo, allora, che i Repubblicani tendano a detestare The Walking Dead.

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A prescindere, la proliferazione della cultura zombie, a questo punto, è da capogiro. Come facciamo noi, pubblico, a essere ancora affascinati dallo stesso scenario, dagli stessi cattivi a encefalogramma piatto, dalle stesse deserte lande desolate? "Si auto-nutre," ha detto Drezner. "Ogni volta che qualcuno dice che abbiamo raggiunto l'apice zombie, salta fuori qualcos'altro."

La paura è che quel che si nasconde nella saturazione della cultura zombie sia una rassegnazione implicita: be', è così che le cose andranno. Come reagisce questo gruppo di sopravvissuti? Con violenza estrema, sia contro gli uomini che i non-morti. Di nuovo.

"Il problema con il genere zombie è il concetto che coglie fondamentalmente male: sottovaluta le mille risorse che possono rivelare gli esseri umani," ha detto Drezner. Non cercate tanto lontano da questa stagione di The Walking Dead, che offre una reiterazione estremamente esplicita dell'autoritarianesimo cinico e fascista di fronte alla calamità.

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Rick Grimes e il suo gruppo di guerrieri da strada induriti dall'apocalisse sono efficienti, brutali assassini. Devono esserlo, ci viene detto, per poter sopravvivere. Si rimettono tutti al poliziotto Rick, ancora la massima autorità, per quanto deforme sia diventata la sua mente. Sono sono stati recrutati ad Alexandria, una comunità protetta dalle sue mura che, in qualche modo, funziona ancora come una vera comunità nel bel mezzo della fine del mondo. Ogni volta che incontrano una comunità in The Walking Dead, sappiamo che prima o poi verrà fatta a pezzi. Gli zombie, che sono ora gestiti come parte di una routine da Rick e compagnia, hanno smesso da tempo di rappresentare la vera minaccia; ora la minaccia sono le altre persone.

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Prendete i residenti di Terminus, che erano in origine gente accogliente, finché predoni stupratori non li hanno convinti che l'unica scelta fosse diventare cannibali assassini, per sopravvivere. I membri di Alexandria, invece, possono anche essersi organizzati in una società dall'aria pacifica, dove ognuno fa la sua parte per far funzionare il posto, ma sono in realtà naif senza speranza, a mala pena capaci di fare qualcosa nel mondo reale senza finire ammazzati.

Deanna, leader di Alexandria, scherza sul fatto che "i comunisti hanno vinto, alla fine." Questa cosa, più di qualsiasi altra, articola il perché, secondo la logica zombie, quel luogo sia destinato alla rovina. The Walking Dead è guidato da valori conservatori e Hobbesiani—la forza individuale è metro di sovranità, la sottomissione all'autorità è una necessità sociale, e i gruppi esterni sono intrinsecamente pericolosi, da trattare con sospetto.

Nel mondo di The Walking Dead, l'idea che le persone possano cooperare per ricostruire una società dopo l'apocalisse non è altro che un sogno utopico e destinato al fallimento. (È anche il motivo per cui il governo è visto come inutile, persino malvagio; il CDC in un primo momento è inutile, poi una minaccia a tutti gli effetti.)

È un peccato—soprattutto perché non è affatto veritiero. (Almeno per ora, finché non soccombiamo del tutto alla logica zombie.) Il libro scritto da Rebecca Solnit del 2009, A Paradise Built in Hell, esamina come le comunità tendano in realtà a rispondere ai disastri nella vita reale e lavora per correggere il falso mito, presentato sia dalla narrativa che dai media, che le persone diventano abomini quando sopraggiunge una catastrofe. Mentre i racconti di zombie raggiungono la perfezione al collasso, e i media scelgono spesso di mettere l'enfasi sui saccheggi dopo i disastri naturali, la realtà è che gli esseri umani più tipicamente si alleano, aiutano i bisognosi a trovare cibo, riparo e risorse.

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"L'idea di fondo è quella di persone sopraffatte dalla paura e dall'egoistico desiderio di sopravvivere al punto che il loro giudizio, i loro legami sociali, persino la loro umanità sono sopraffatti, e questo può succedere quasi istantaneamente quando le cose vanno male—il vecchio concetto di ritorno alla natura bruta, anche se per paura e non per cattiveria intrinseca," scrive. "Si presume che siamo tutti bombe antisociali sul punto di esplodere… Hollywood nutre ampiamente queste credenze. I sociologi, invece, no."

Solnit cita il lavoro di ricercatori, specialmente quello del pionere degli studi catastrofici, il professore Enrico Quarantelli, che ha dimostrato come il comportamento cooperativo sia in realtà molto più comune dell'egoismo in tempi di calamità. I decenni di ricerca da lui compiuta mostrano che, in genere, "invece di instaurare una competizione senza pietà, l'ordine sociale rimaneva in piedi" quando succedeva un disastro.

Fin dalla seconda stagione di The Walking Dead, dopo l'ennesimo capitolo di lotta contro orde di zombie ex-umani e feccia umana, ho pensato che la cosa più interessante che la serie potesse offrire fosse far giungere i personaggi a una zona sicura dove riunirsi, ed esaminare come possa essere ricostruire davvero una civilizzazione. Ma ogni volta che provavano qualcosa del genere, arrivava un maniaco con un carro armato. O predatori sessuali apocalittici. O cannibali borghesi.

Motivo per cui Alexandria, in un primo momento, mi aveva esaltato. Manteneva la promessa di costringere la serie a considerare alcune domande di filosofia sociale. Invece, l'ideologia da legge marziale di Rick è vendicata in fretta e furia. Gli imbranati collettivisti Alexandriani non sanno mantenere l'ordine in casa loro, lasciano che gli zombie entrino per i cancelli, e per colpa della loro codardia un Grimesiano finisce ucciso. Come scrive Zack Handlen sul AV Club, "Invece di presentarci una situazione ambigua in cui il tempo che Rick ha passato là fuori ha reso difficile per lui adeguarsi nuovamente alla vita 'normale', abbiamo un branco di molli imbecilli che hanno bisogno di una lezione su come si resta in vita."

L'eroe dell'apocalisse zombie. AMC

Restare in vita, ovviamente, rispettando l'autorità dell'individuo più forte, mandando a morire facinorosi e deviati, e decidendo a priori che chiunque fuori dalle mura voglia ucciderti. È uno scenario parecchio dannoso, anche per l'apocalisse.

Per fortuna, ci sono altri segnali che la logica zombie si stia forse evolvendo. Alcuni dei nuovi prodotti apocalittici esplorano oltre il circolo vizioso da sopravvissuti in cui siamo bloccati al momento. Maggie, il veicolo Schwarzenegger, vede un padre che resta al fianco della figlia, cercando una cura, mentre lei passa lentamente al mondo zombie, e anche Warm Bodies, film del 2013, umanizza l' "altro" zombie, attraverso una commedia romantica. Last Man on Earth potrà non essere una serie a tema zombie, ma è apocalittica, e la satira che fa offre una rappresentazione molto più ottimistica dei drammi del ri-civilizzare un mondo morto.

Ugualmente, c'è una certa preoccupazione che la logica zombie possa mantenere il suo status dominante, e che questa filosofia a encefalogramma piatto possa trascinarsi in avanti a tempo indeterminato, abbassando la nostra attenzione e soffocando la nostra capacità di immaginare il futuro.

"Brutale, Hobbesiana, guerra tutti contro tutti," ha detto Drezner. "Certo, è una possibilità." Ma è una orribile, e non dovremmo puntare a contrastare questo scenario, anziché celebrarlo? "In un altro, i benefici della cooperazione tra individui diventano visibili," ha detto Drezner. Ecco un'idea. "Trovare nuovi territori, e riuscire a configurare una zona di pace in una zona di anarchia."