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Tecnologia

Con questo videogioco aiuti a risolvere un vecchio enigma della fisica quantistica

E metti seriamente in discussione una delle teorie di Einstein.
Immagine: ICFO

Quando chiudi gli occhi, non pensi che il mondo non sia più lì soltanto perché non lo vedi. Allo stesso modo, tutto ciò che sappiamo sull'età della Terra, il sole e la luna suggerisce che tutti questi corpi celesti stavano facendo il loro molto prima che noi scimmie glabre evolvessimo per apprezzarle. E se la tua osservazione del mondo lo stesse davvero creando?

È un'idea tanto intrippante quanto controintuitiva, ma uno degli esperimenti più partecipati della storia della fisica ha dato lo sviluppo maggiore a questa ipotesi. Conosciuto come il BIG Bell test, ha coinvolto oltre 100.000 persone che hanno usato i loro cellulari per contribuire a processare i dati di 12 istituti di ricerca sui quanti in tutto il mondo. Questi volontari — conosciuti come Bellsters — hanno giocato a un videogioco per istruire più di 100 scienziati su come combinare i misuramenti di particelle in entanglement e i device superconduttori.

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L'esperimento è stato creato per chiudere il loophole della "libertà di scelta" negli esperimenti quantici, che di base ammontano alla nozione che le particelle potrebbero influenzare il modo in cui i ricercatori scelgono di misurarli. Avendo queste misure dettate da un diverso gruppo di 100.000 stranieri, comunque, sarebbe impossibile predire in anticipo come provvedere alle misurazioni. Questo vorrebbe dire, in linea di principio, dare ai ricercatori dettagli sull'esistenza del mondo indipendentemente dal modo in cui nostre osservazioni danno forma al mondo.

Il primo risultato dello studio è stato pubblicato ieri su Nature, e suggerisce che la nostra osservazione del mondo lo influenza in maniera sostanziale.

L'AZIONE SPETTRALE DI EINSTEIN

L'idea che il mondo esista indipendentemente dalla nostra osservazione è parte integrante della teoria del realismo locale di Einstein, secondo la quale non solo le particelle hanno valori prima di misurarle, ma che sono anche collegate con la velocità della luce. Se gli oggetti possono influenzarsi l'un l'altro all'istante, ci sarebbe un serio problema per la teoria della relatività di Einstein.

Il realismo locale sembra intuitivamente vero, ma era un punto di contesa tra Einstein e il suo sfidante Neils Bohr, un fisico il cui lavoro ha fondato la meccanica dei quanti. Contrariamente al realismo locale, Bohr ha suggerito che noi creiamo effettivamente — o se non altro alteriamo — il mondo misurandolo. Questo significa non solo che le particelle non hanno valori definiti prima del nostro intervento, ma anche che parlare di cose come la posizione di un atomo non ha senso prima della misurazione.

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In un famoso paper pubblicato nel 1935, Einstein e altri due fisici hanno analizzato l'interpretazione di Bohr e dedotto che sfociasse in un paradosso dove le informazioni potevano essere condivise all'istante. Questa "azione a distanza" potrebbe violare la relatività nella misura in cui l'effetto su una particella a distanza, in entaglement, non è il risultato di una causa passata. Einstein e i suoi colleghi avevano dedotto che questo significasse che la descrizione della realtà di Bohr fosse insufficiente a descrivere cosa stesse accadendo davvero. Invece, hanno conseguito alcune "variabili locali nascoste" che stavano influenzando le particelle in entanglement. In altre parole, non è che i valori di una particella non esistono prima di essere misurate, è che non abbiamo ancora trovato tutte le variabili nascoste che ci permetterebbero di conoscere i valori associati alle particelle, così come le loro posizioni.

Il dibattito Einstein-Bohr è continuato per altre tre decadi finché un fisico di nome John Stewart Bell ha dichiarato che la fisica classica di Einstein, pur permettendo delle variabili locali nascoste, non potrà mai riprodurre le predizioni della meccanica quantica. E lui ha progettato un test per dimostrare perché è questo il caso.

Il test di Bell, di base, coinvolge un paio di particelle in entanglement — soltiamente fotoni — e li manda in posti diversi, dove viene misurata una delle loro proprietà — come il tempo di arrivo, il colore, o lo spin. Se le misurazioni di ogni particella sono la stessa cosa, ci sono due implicazioni: o la misurazione di una particella ha influenzato all'istante le proprietà dell'altra, o la misurazione stessa è stata il risultato di particelle che avevano quella proprietà. Se le misurazioni sono discordanti, l'influenza della teoria di Einstein sulle particelle sarebbe invalidata.

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Negli ultimi decenni, comunque, sono state fatte dozzine di test di Bell e per ora tutte hanno supportato la meccanica dei quanti piuttosto che la teoria delle variabili nascoste di Einstein.

Two ICFO researchers play the video game that generated randomness for the quantum experiment. Image: ICFO

IL BIG BELL TEST

Anche se ognuno di questi test di Bell hanno rafforzato la tesi relativa a una visione della realtà basata sulla meccanica quantistica, nessuno di essi può fare definitivamente chiarezza sulla controversia tra Einstein e Bohr. Il motivo è che per ora non è mai stato condotto un test di Bell davvero perfetto. Invece, ogni test di Bell è stato influenzato da almeno un loophole che permette al risultato del test di essere interpretato in un modo che è ancora coerente con il realismo locale.

Uno dei loophole dei test di Bell più recentemente discussi è il cosiddetto loophole della “libertà di scelta”, che spiega come il modo che viene scelto da un ricercatore sceglie per misurare una particella quantistica potrebbe influenzare il risultato di quella misurazione. Secondo Morgan Mitchell, uno dei ricercatori principali del Big Bell Test e professore dell’Institute for Photonic Science (ICFO) in Spagna, nei test di Bell passati i ricercatori sceglievano alcuni aspetti di una particella quantistica stessa per capire come misurare le particelle entangled.

“Stanno cercando di capire se queste particelle hanno un qualche tipo di connessione, ma allo stesso tempo stanno dando per scontato che non ci sia nessuna connessione tra la particella che decide il metodo di misurazione e la particella che viene misurata,” mi ha spiegato Mitchell al telefono.

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In altre parole, la libertà di scelta si trasforma in una “variabile locale nascosta” che spiega i risultati ottenuti durante il test. Questa condizione finisce per invalidare il risultato dell’esperimento, visto che è un po’ come permettere a uno studente di scriversi da solo le domande dell’interrogazione.

Mitchell mi ha spiegato il problema paragonandolo a un dottore che studia gli effetti di una nuova medicina. Perché il periodo di prova della medicina fornisca risultati precisi è necessario che ci sia un gruppo di controllo, e per questo i partecipanti al periodo di prova vengono divisi in due gruppi: a uno viene data la medicina, all’altro no. Alcuni di questi partecipanti potrebbero essere affetti dalla malattia che la medicina cerca di curare, mentre gli altri potrebbero essere perfettamente in salute.

Quando il dotto deve decidere quali partecipanti mettere in qualche gruppo, potrebbe essere inconsciamente influenzato da dei bias durante la selezione, e potrebbe piazzare tutti i partecipanti malati in un gruppo e tutti quelli sani nell’altro. Questo fattore finirebbe per inquinare parecchio i risultati dell’esperimento e potrebbe restituire un quadro non realistico degli effetti della medicina. Per eliminare i bias, il dottore potrebbe decidere di creare i gruppi partendo da una scelta a caso, come il lancio di una moneta o un tiro di dadi.

La situazione è molto simile per i fisici che misurano i sistemi quantici, nel senso che potrebbero finire per introdurre dei bias nelle loro misurazioni scegliendo di misurare un sistema quantico in un modo piuttosto che in un altro. Per combattere questo bias, Mitchell mi ha spiegato che anche loro devono introdurre un aspetto casuale nella scelta. Ciononostante, a differenza del dotto, il fisico non può semplicemente lanciare una moneta per eliminare il loophole della libertà di scelta, visto che la moneta potrebbe influenzare fisicamente il sistema che viene misurato in un modo che il fisico non può ancora comprendere. Per questo motivo, la fonte di casualità deve essere cercata altrove.

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“Vogliamo allontanarci il più possibile dalla fisica per decidere come misurare le particelle,” ha detto Mitchell. “Dobbiamo sostituirla con qualcos’altro; La cosa che ci sembra meno correlata in assoluto con queste particelle sono gli esseri umani. Nessuno crede che qualche particella determini le scelte di una persona.” Questa era l’idea dietro il Big Bell Test, che ha fatto giocare oltre 100.000 persone a un gioco per smartphone con lo scopo ultimo di introdurre randomicità nelle misurazioni dei sistemi quantistici in corso in 12 laboratori in giro per il mondo.

Nel gioco, gli utenti creano sequenze randomiche di bit (ovvero, 1 e 0). Un algoritmo di machine learning prende gli input del giocatore e cerca di indovinare quale numero il giocatore avrebbe cercato di indovinare al turno successivo, come modo di misurare la randomicità della sequenza (potete provarci anche voi

qui

). Tutti i bit generati dai giocatori — circa 90 milioni in totale — sono poi stati inoltrati ai laboratori quantici che li hanno usati come input per decidere come avrebbero misurato i loro sistemi quantistici. Dato che il pattern di questi bit non poteva essere indovinato in anticipo, erano una fonte efficace di randomicità per i 12 test di Bell, il che significa che i risultati dei test non erano soggetti al loophole di libertà di scelta.

Al ICFO, Mitchell e i suoi colleghi hanno eseguito due esperimenti diversi i cui risultati sono stati pubblicati su Nature. Un esperimento legava via entanglement un singolo fotone con una nube di milioni di atomi, che fungeva da “memoria quantica,” La nube di atomi raccoglieva lo stato entangled e poi lo trasferiva a un singolo fotone. Ognuno dei fotoni è stato poi misurato con un dispositivo i cui parametri sono stati determinati dagli input provenienti dalle persone che stavano giocando. Nel secondo esperimento, due fotoni di colore diverso sono stati legati e misurati usando “modulatori elettro-ottici” i cui parametri sono stati determinati dalle sequenze di bit generate dal gioco.

In entrambi i test, i risultati hanno “chiaramente” contraddetto la teoria del realismo locale di Einstein, ancora una volta. Era la prima volta che un test di Bell non era soggetto al loophole di libertà di scelta. Stando a Mitchell esistono ancora altri loophole da chiudere — viste però le dimensioni di questo test, almeno uno possiamo considerarlo risolto.

“La meccanica quantistica può dare grandi risultati, ma resta estremamente strana e difficile da accettare,” ha detto Mitchell. “Ci racconta cose assurde, come particelle che comunicano tra loro più velocemente della luce, o che ciò che decidiamo di misurare ha un effetto sulla fisica. Stiamo cercando di comprovare questa cosa noi stessi in maniera stabile. Ad ogni loophole chiuso aumenta la stabilità.”