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Tecnologia

L'arte Post-Fail racconta il fallimento dell'utopia tecnologica

Nel 2017 la narrazione del futuro non può più essere utopica, ma nemmeno necessariamente distopica.
Una parte della mostra al Fotomuseum Winterthur. Tutte le immagini: per gentile concessione degli artisti.

Quando non lavora per arredare i salotti buoni o per esporre nelle gallerie più prestigiose, chi si occupa di produrre arte nel 2017 ha il ruolo di dare vita a degli immaginari. Non tanto per far volare alto con la fantasia chi entra in contatto con le opere, quanto per creare dei punti fermi — emotivi e razionali — che forniscano delle chiavi di interpretazione della realtà. È l'idea alla base di SITUATIONS/Post-Fail, la mostra sulla pratica post-fotografica nell'era di internet organizzata dal Fotomuseum Winterthur in collaborazione con il Link Art Center di Brescia.

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SITUATIONS/Post-Fail è un'esposizione sul concetto di post-fallimento tecnologico, uno spunto di riflessione da cui sono scaturite una serie di opere in cui viene messa in crisi la rappresentazione realistica del mondo per mezzo della fotografia. La mostra, curata da uno degli artisti del collettivo IOCOSE, Matteo Cremonesi, risponde all’interrogativo sul significato del fare arte oggi, partendo dal presupposto che la narrazione del futuro non può più essere utopica — nessuno è più davvero ottimista per quanto riguarda la tecnologia — ma non ha nemmeno senso che sia distopica: l'avvenire, per definizione, è ancora da decidere.

"L'idea di Post-Fail è stata formulata per la prima volta durante una residenza di IOCOSE a Bangalore, nell'autunno del 2014" ha spiegato Matteo Cremonesi a Motherboard. "Bangalore è considerata la Silicon Valley indiana per via della forte presenza di aziende che si occupano di IT, che hanno rimodellato e trasformato l'agglomerato urbano. E-city è infatti la parte dove si trovano le sedi delle grandi multinazionali, e dove sono stati costruiti nuovi quartieri residenziali per ospitare manager e lavoratori. Le architetture futuristiche, pulite e ordinate di queste gated communities sono in netto contrasto con la povertà e il disordine che si trovano al di fuori."

Bangalore è stata quindi un esempio tangibile, in forma di città, della condizione astratta di Post-Fail, il luogo in cui i quattro artisti di IOCOSE hanno riscontrato le conseguenze reali dell'ideologia californiana sull’innovazione tecnologica. "Quello scenario ha reso evidente ai nostri occhi una serie di dinamiche che appartengono anche ad altri luoghi, ma che facciamo fatica a identificare e riconoscere perché ci siamo immersi. Tra queste, la profonda disuguaglianza. La realtà è molto più complessa, contraddittoria e problematica di quanto non si veda a colpo d'occhio," ha continuato Cremonesi.

"Dal punto di vista dell'artista, se per esempio si parla di fotografia, Post-Fail significa accettare la crisi di uno dei suoi fondamenti, ovvero il principio di rappresentazione e registrazione di ciò che in quel preciso momento si trova davanti all'obiettivo della macchinetta. Pensa per esempio all’idea di cyberspazio come luogo libero e libertario, che rappresentava un'utopia per i movimenti di controcultura californiani degli anni Sessanta. Oggi non esiste in quella forma. Comunque l'obiettivo della mostra non era fornire una soluzione, ma descrivere una condizione, prenderne coscienza. E da lì, poi, capire quali prospettive si aprono," ha concluso.

SITUATIONS/Post-Fail è visitabile fino al 4 febbraio al Fotomuseum Winterthur, in Svizzera.