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Tecnologia

La prossima missione di esplorazione della NASA sfrutterà un satellite italiano

ArgoMoon è il nano-satellite italiano scelto per accompagnare la missione Orion, il cui lancio è previsto per la fine del 2018.

La prossima missione di esplorazione (Exploration Mission EM-1) della NASA ha una data: è prevista per la fine del 2018, sfrutterà—per la prima volta—lo Space Launch System (SLS) e farà volare per la seconda volta il veicolo spaziale, ancora in progettazione, Orion Multi-Purpose Crew Vehicle. L'obiettivo: esplorare prima gli asteroidi, poi gli spazi cislunari e, infine, Marte.

La missione EM-1 sarà accompagnata, oltre che dalla capsula Orion priva di equipaggio, da 13 CubeSAT, che per capirci sono dei nano-satelliti 20x30x10 centimetri imbottiti di hardware, materiali e tecnologie pronte per essere testate sul campo. Se tutte queste ottime notizie non vi bastassero, ecco la ciliegina sulla torta: uno di questi CubeSAT si chiama ArgoMoon, è sviluppato dalla italiana Argotec ed è stato l'unico CubeSAT europeo selezionato dalla NASA per la missione.

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Considerata la situazione generale, pensare che la NASA abbia scelto un progetto italiano per accompagnare una sua missione non può che rendere euforici, l'ASI continua a essere in prima linea, promuovendo e sostenendo le eccellenze scientifiche e tecnologiche del nostro Paese. La scelta di ArgoMoon da parte della NASA consolida ulteriormente il ruolo di prestigio dell'Italia a fianco dei maggiori paesi che conducono attività spaziali," spiega Gabriele Mascetti a capo dell'Unità Volo Umano e Microgravità dell'Agenzia Spaziale Italiana.

Un simpatico CubeSAT. via NASA

ArgoMoon si occuperà dello scatto di alcune foto nell'ambito della missione EM-1 e testerà dei nuovi sistemi di comunicazione—Oltre che essere l'occasione perfetta per provare sul campo la tecnologia italiana, EM-1 è anche un'ottima opportunità per ottenere dati e valutare nuove soluzioni per l'espansione dei programmi spaziali nano-satellitari, "I CubeSat sono i droni del futuro e saremo i primi a testarli così lontano dalla Terra, nelle condizioni estreme dell'orbita translunare," spiega David Avino, managing director di Argotec.

Abbattere costi e tempistiche attraverso l'introduzione di moduli satellitari dalle dimensioni così ridotte è una di quelle tipiche prospettive futuribili a cui nessuno pensa finché non si consumano: a pensarci bene era praticamente ovvio che il futuro dell'esplorazione spaziale non sarebbe stato condotto da titaniche megattere galattiche delle dimensioni della Morte Nera, ma da sciami di micro-unità economiche, semplici e agili.

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"L'idea è proprio quella di sviluppare progetti spaziali più sostenibili: per ora questi CubeSAT sono stati sviluppati dalle università, quindi manca effettivamente una prova di bilancio su campo industriale, ma l'obiettivo è creare dei moduli che possano essere progettati e sviluppati in maniera più efficiente ed economica, sia per quanto riguarda i tempi che per quanto riguarda i costi," mi spiega Anna Frosi, ingengere aerospaziale di Argotec. "Il problema principale è che questo tipo di satelliti durano poco: riescono a sopravvivere alle radiazioni per tre, sei mesi."

"L'obiettivo è creare dei moduli che possano essere progettati e sviluppati in maniera più efficiente ed economica, sia per quanto riguarda i tempi che per quanto riguarda i costi."

Resta da chiedersi cosa, effettivamente, ArgoMoon porterà nello spazio, "I sistemi di comunicazione che testeremo saranno fondamentali per le future esplorazioni—ArgoMoon farà parte del programma di lancio SLS, che porterà nello spazio anche la capsula Orion. ArgoMoon effettuerà dei test su materiali e tecnologie innovativi, oltre che sui sistemi di comunicazione: l'obiettivo è lavorare a qualcosa di nuovo che possa aiutarci concretamente in seguito," continua Anna.

Ma quanto costa sviluppare un CubeSAT? Si può davvero pensare a un futuro spaziale popolato da stormi di cubetti 10x10x10 pronti a svolgere gli stessi compiti che prima necessitavano di enormi zarri laminati che incespicavano nel cosmo? "È difficile parlare di costi, per ora: i CubeSAT finora sono stati sviluppati dalle università, e per quanto in questo contesto spesso le spese riescano a rimanere contenute, il più delle volte il problema reale è che questi costi non vengono computati nei bilanci," mi spiega Anna. "Inoltre, prima si è sempre parlato di CubeSAT progettati per lavorare in un'orbita terrestre—In questo caso, invece, si tratta di andare molto più in là, nello spazio profondo, dove l'ambiente e le radiazioni sono molto più ostili; per questo i costi lievitano. Nell'insieme concorre anche il fatto che stiamo sfruttando tecnologie italiane: in questo caso, sia i costi che l'orgoglio per il progetto aumentano."

Quindi, è ancora presto per parlare utilizzando l'indicativo. Le certezze non arriveranno prima del 2018—Senza dubbio, il traguardo raggiunto da Argotec e dell'ASI è incredibilmente significativo per il coinvolgimento italiano nei programmi di esplorazione spaziale.

Segui Federico su Twitter: @nejrottif