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Tecnologia

La prima sentenza italiana che assolve i link ai film in streaming

Perché link a film in streaming + banner pubblicitario non equivale per forza a lucrare su un'opera coperta da diritto d'autore.

Se un sito contiene link che rimandano a streaming di film e musica coperta da diritto d'autore non compie direttamente un illecito, neanche se ospita dei banner pubblicitari. È quanto si deduce da una sentenza emessa a febbraio dal Tribunale di Frosinone e resa pubblica solo recentemente dall'avvocato Fulvio Sarzana. Il legale ha difeso il gestore dei siti filmakers.biz, filmaker.me, filmakerz.org e cineteka.org su cui erano presenti i link incriminati. La sentenza è la prima di questo genere in Italia e in Europa.

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Come mi ha spiegato al telefono Sarzana — che ha seguito alcuni dei più famosi leading case italiani in materia di diritti fondamentali e nuovi media, — "la sentenza ha due principali conseguenze: la prima significa che ospitare su un sito dei link che rimandano a materiale protetto da diritto d'autore non è illegale — il problema riguarda piuttosto la piattaforma in sé, che ospita i film o la musica in questione. Il secondo aspetto rilevante è che la mera presenza di pubblicità sul sito finito sotto giudizio non era indice del fatto che stesse guadagnando dei soldi sfruttando delle opere tutelate."

Nello specifico: il sito ospitava al suo interno un blog in cui gli utenti potevano discutere argomenti di più varia natura, come spesso capita, in qualcuna delle discussioni erano presenti diversi link. Gli utenti, quindi, non visitavano il sito per usufruire direttamente dei prodotti protetti da diritto d'autore ma per interagire con gli altri attraverso il blog. Di conseguenza, anche la presenza dei banner pubblicitari non rimanda a un'attività di sfruttamento di opere protette a fini di lucro. Insomma, per trattarsi di attività di lucro, il guadagno deve essere collegato alla singola opera.

"Questa decisione, per la prima volta, mette in evidenza come il file sharing sia un risparmio di spesa e non una attività con finalità di lucro."

Come si legge nella sentenza, gli articoli per la tutela del diritto d'autore riguardano "la comunicazione al pubblico a fini di lucro di un'opera protetta dal diritto d'autore, o di parte di essa, attuata mediante la sua diffusione in un sistema di reti telematiche, attraverso connessioni di qualsiasi genere. Con l'espressione 'a fini di lucro' deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto," viene riportato. "Ne consegue che, al fine della commissione dell'illecito in esame, deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, per il tramite della messa in condivisione in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero risparmio di spesa."

Sarzana ha continuato "questa decisione, per la prima volta, mette in evidenza come il file sharing sia un risparmio di spesa e non una attività con finalità di lucro: la sentenza ha anche una sua rilevanza sociale, d'altro canto la pratica di condivisione dei file è ormai diffusissima." Quando ho chiesto cosa comporterà questa decisione a livello italiano ed europeo, l'avvocato ha specificato che "per delle modifiche a livello europeo, sarebbe necessario un interesse per la questione a livello comunitario, ma a livello italiano è un traguardo importante."

Da ora in poi, infatti, non sarà più dato per scontato che i siti che forniscono accesso ad altre piattaforme di streaming — che possono essere anche illegali — tramite link vengano oscurati in automatico dopo essere stati denunciati alle autorità. Infatti, la sentenza del giudice riguardante il ricorso contro una ordinanza-ingiunzione del 2015 per la quale al gestore era stato ingiunto di pagare una sanzione amministrativa che ammontava a 546.528,69 ha concesso al proprietario di filmakers.biz di risparmiarsi un bel salasso.