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Conte ha staccato la spina al governo, dopo aver cazziato definitivamente Salvini

Dopo più di un anno insieme al governo, Giuseppe Conte si è improvvisamente accorto che Salvini è inaffidabile, autoritario e pensa solo al proprio interesse personale.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Giuseppe Conte mentre parla al Senato, il 20 agosto 2019. Grab via web tv del Senato.

Dopo giorni in cui si sono susseguiti scenari di ogni tipo sulla crisi di governo, alle tre di questo pomeriggio il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha pronunciato una lunga e durissima requisitoria in Senato contro il principale responsabile di questo bordello: Matteo Salvini.

Mentre quest’ultimo ha continuato a fare faccine e gesticolare come un tarantolato, e i deputati leghisti hanno fatto un po’ di gazzarra dagli scranni, Conte si è tolto tutti i macigni dalle scarpe evidentemente accumulati negli ultimi 14 mesi; rivendicando comunque “i molti risultati” ottenuti dal governo gialloverde—come gli orridi decreti sicurezza che, è bene ricordarlo, hanno visto l’adesione convinta del M5S.

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La decisione della Lega, ha esordito il presidente del consiglio, è “oggettivamente grave”: non solo Salvini si è rimangiato il “solenne impegno che il leader della Lega aveva assunto con il contratto di governo,” ma ha fatto una scelta che comporta “gravi rischi per il paese” a livello di tempistica. Se si votasse in autunno, infatti, sarebbe “altamente probabile” l’esercizio provvisorio di bilancio e l’aumento dell’Iva: in altre parole, getterebbe il paese in una “vorticosa spirale di incertezza politica e insostenibilità finanziaria.”

Il ministro dell’interno, insomma, è stato un “irresponsabile” che ha inseguito “interessi personali.” E di più: ha dimostrato una “scarsa sensibilità istituzionale” nonché una “grave carenza di cultura costituzionale.” Il presidente del consiglio ha inoltre ricordato le numerose volte in cui Salvini ha fatto il capopopolo e non il ministro (dandogli sostanzialmente del nullafacente), tirato in ballo il caso “Moscopoli,” e si è poi detto “preoccupato” per la concezione di governo del ministro dell’interno, dato che “le crisi si risolvono in Parlamento, non nelle piazze. Non abbiamo bisogno di persone con pieni poteri.”

Conte—che è un devoto di Padre Pio—ha anche criticato pesantemente l’utilizzo di croci e Madonne da parte di Salvini, parlando di “episodi di incoscienza religiosa che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e nello stesso tempo oscurare il principio di laicità che è tratto fondamentale dello Stato moderno.”

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Al termine della sua orazione, il presidente del consiglio ha poi confermato quello che era nell’aria: non ci sono più le condizioni per far andare questo governo. “Intendo completare questo passaggio nel modo più lineare,” ha concluso, “[e alla fine del dibattito] mi recherò dal presidente della repubblica per rassegnare le mie dimissioni.”

Matteo Salvini, che la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha inspiegabilmente chiamato ancora una volta “presidente,” è intervenuto subito dopo Conte. “Rifarei tutto quello che ho fatto,” ha attaccato, “non ho paura del giudizio degli italiani.”

Il segretario leghista si è poi lanciato in un confusionario comizio: ha paragonato Conte a Saviano, ripetuto come un disco rotto i soliti slogan (tipo l’Italia “non è schiava di nessuno”) e le solite bufale sull’immigrazione, e chiesto la protezione del “cuore immacolato di Maria per il popolo italiano.”

Nonostante sia stato lui a innescare la crisi, Salvini ha incredibilmente lasciato aperto uno spiraglio per una nuova alleanza con il M5S: secondo lui ci sarebbe lo spazio per tagliare i parlamentari e approvare una fantasmagorica manovra economica da 50 miliardi di euro.

Dopo Salvini ha preso parola un altro protagonista di questa crisi—il redivivo Matteo Renzi, che in questi giorni è stato tutt’altro che il “senatore semplice di Scandicci,” come aveva annunciato dopo le elezioni del 2018. “Il governo populista ha fallito,” ha dichiarato, “il populismo funziona bene in campagna elettorale, un po’ meno quando si tratta di governare.”

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L’ex segretario del Partito Democratico ha accusato il governo di aver creato un “clima d’odio” e chiesto di far sbarcare le persone ancora in ostaggio sulla Open Arms (mai menzionate da Conte, va detto). In seguito ha lanciato diverse frecciate a Salvini e alla Lega, dicendo che “questo è un Parlamento e non un Papeete” e che il partito di Salvini “ci porterà fuori dall’Europa per entrare nel rublo.” Infine, ha garantito che lui non farà mai parte di un nuovo esecutivo “giallo-rosso” (cioè M5S e PD).

A questo proposito, ossia una delle ipotesi più gettonate nei retroscena giornalistici, è intervenuto anche il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti. “Tutto quello che Conte ha detto questo pomeriggio su Salvini,” ha scritto in un post su Facebook, “non può che essere condiviso. Ma attenzione anche ai rischi di autoassoluzione.”

In pratica, dice Zingaretti, un’eventuale trattativa non può prescindere dal riconoscimento del disastro del governo gialloverde; e questa presa di posizione, almeno per il momento, rende decisamente impervia la strada di un accordo tra i due partiti.

Mentre sto scrivendo, il dibattito parlamentare è ancora in corso e finirà intorno alle 20. Dopodiché, per l’appunto, Conte dovrebbe salire al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. A quel punto, con ogni probabilità, la presidenza della Repubblica annuncerà l’inizio delle consultazioni per verificare l’esistenza di maggioranze alternative; maggioranze che al momento (e sottolineo al momento) sembrano però non esserci.

Se c’è una cosa che ci ha insegnato la nefasta esperienza del governo gialloverde, infatti, è che nel 2019 la politica italiana si svolge letteralmente giorno per giorno—e spesso e volentieri nemmeno i protagonisti sanno dove diavolo stanno andando a parare.

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