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Tecnologia

La musica da ascoltare dopo una lesione cerebrale

Forse le canzoni preferite possono davvero aiutare il cervello.
Image via Wikimedia Commons.

È un fatto molto comune quello di associare una canzone a un particolare momento della nostra vita. Un pezzo di musica può riportarci alla mente un posto, una persona, una relazione, gli anni passati. Può ricordarci cose a lungo dimenticate o dare ai nostri ricordi una nuova prospettiva. Ok, ma questa nostra tendenza—quella di associare musica e ricordi—può essere usata per aiutare la memoria autobiografica in caso di lesione cerebrale?

Secondo un nuovo studio pubblicato su Neuropsychological Rehabilitation, è possibile. Amee Baird e Séverine Samson hanno esaminato il fenomeno noto come “Music-Evoked Autobiographical Memories (MEAM),” in soggetti con lesioni cerebrali acquisite (ABI). Precedenti studi avevano analizzato i MEAM sia nelle persone mentalmente sane che in quelle affette dal morbo di Alzheimer, ma questa è la prima volta in cui vengono presi in esame pazienti con ABI.

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Lo studio si è svolto in questo modo: cinque pazienti e cinque soggetti di controllo avevano 30 o 60 secondi per ascoltare una canzone, giusto il tempo di sentire il ritornello. Durante l'ascolto, ogni soggetto doveva compilare un questionario per valutare la familiarità, il gradimento e quali ricordi affioravano assieme alla musica.

Le canzoni erano state selezionate tra le prime nella classifica Billboard Hot 100, in un intervallo di tempo che partiva dall'età di cinque anni per ogni partecipante. Di conseguenza, il numero di canzoni variava a seconda degli anni del soggetto.

Tutti i pazienti del test—tranne uno—hanno dichiarato che le canzoni evocavano dei ricordi, inoltre quelle che causavano i MEAM risultavano anche più gradevoli e familiari. Da notare che la frequenza dei MEAM era molto simile nei pazienti e nei soggetti di controllo. Nei pazienti ABI la frequenza andava dal 38 al 71 percento, nel gruppo di controllo dal 41 al 71 percento.

Basandosi sulle interviste fatte ai partecipanti, i ricercatori hanno ipotizzato che la musica favorisca il riaffiorare dei ricordi più di quanto facciano gli indizi verbali. “In generale,” sostengono, “il nostro studio fornisce le prove che la musica può stimolare la memoria autobiografica anche in seguito a gravi lesioni cerebrali.”

Al soggetto numero cinque—quello che non ha avuto MEAM—è stata riservata un'attenzione particolare da parte dei ricercatori. Maschio, poco sopra i 30 anni, la sua lesione al cervello era dovuta a un episodio di ipossia—una carenza di ossigeno—causata da un tentativo di impiccagione. Durante il primo test ha dichiarato di non riconoscere il 56 percento delle canzoni proposte. In seguito è stato sottoposto a un secondo test, utilizzando 20 canzoni che, a detta della sua famiglia, lui conosceva bene. Sulla nuova selezione, il paziente numero cinque ha accompagnato le melodie canticchiando, sebbene totalmente fuori tono. Nonostante tutto, nel questionario dichiarava di avere bassa familiarità con queste canzoni.

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In generale, il nostro studio fornisce le prove che la musica può stimolare la memoria autobiografica anche in seguito a gravi lesioni cerebrali.

Baird e Samson ipotizzano che lo strano comportamento del soggetto numero cinque potrebbe avere a che fare con un “danneggiamento della percezione del tono acustico,” cosa che spiegherebbe perché cantava usando la tonalità sbagliata. “Ricerche precedenti hanno dimostrato che il riconoscimento di melodie familiari dipende più dalla percezione della tonalità che da quella del ritmo.”

Questo studio, per quanto interessante, rappresenta solo una goccia nel mare. Una ricerca condotta su cinque pazienti non può certo pretendere di dimostrare in assoluto che le persone con amnesia dovuta ad ABI traggano beneficio dalla musicoterapia. “I risultati del nostro studio contribuiscono ad approfondire la scarna letteratura relativa a musica e riabilitazione cognitiva in seguito a lesioni cerebrali. Inoltre evidenziano i potenziali benefici dell'utilizzo di musica come stimolo per la riabilitazione in casi di amnesia,” scrivono gli autori.

La parola chiave qui è potenziale. C'è l'opportunità di effettuare altri studi, cosa che gli autori si augurano di fare presto. “Speriamo che questa ricerca possa incoraggiare altri scienziati a intraprendere studi clinici sull'argomento. Proprio perché sono necessari gruppi di studio più numerosi per dimostrare l'utilità dei MEAM nei casi di ABI.” In altre parole, ulteriori ricerche con più partecipanti potrebbero fornire una comprensione maggiore dei meccanismi della memoria e di come utilizzare al meglio la musica per la terapia riabilitativa in seguito a lesioni cerebrali.

@heyiamlex