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Tecnologia

Il cartone animato definitivo per spiegare il sesso ai bambini

L'educazione sessuale in Italia non è mai stata così all'avanguardia.
Giulia Trincardi
Milan, IT
Screencap

L'educazione sessuale è uno di quei temi eternamente e incomprensibilmente controversi, soprattutto in Italia. Ben prima che si sollevasse il deprimente polverone "gender", le istruzioni fornite in materia dalle scuole che ho frequentato in gioventù viaggiavano già tra il ridicolo e il vagamente criminale, per riassumersi—salvo le dovute quanto rarissime eccezioni—in una palude di fondamentale inutilità.

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Il primo corso di educazione sessuale che ho ricevuto a scuola, alle medie, era incluso nelle ore di scienze dedicate all'anatomia genitale. La mia professoressa di fede ciellina decise di trasformare il tutto in un'accorata esaltazione dell'astinenza pre-matrimoniale alla prima risata soffocata in classe durante il video stile Super Quark che illustrava peni e vagine.

Affidare l'educazione sessuale agli insegnanti deve essere sembrata, ad un certo punto, una mossa maledettamente ignorante a qualcuno dei piani alti, perché la mia seconda avventura nel magico mondo della riproduzione approvata dal Ministero è stata delegata a esterni "specializzati". Durante il mio primo anno di liceo, un gruppetto di volontari del consultorio della mia città si palesarono in classe per spiegarci un paio di cose. Quel paio di cose riguardavano strettamente le percentuali di morte per AIDS, la fallibilità intrinseca a qualsiasi mezzo contraccettivo e qualche strampalato discorso sui vantaggi dati dall'essere la mela più in alto sull'albero.

Di fatti utili e visioni costruttive del sesso neanche l'ombra—non da parte delle istituzioni, almeno.

Ecco perché, quando qualche sera fa la mia coinquilina ha nominato la serie animata

L'albero della vita

, decantandone la psichedelia e l'approccio esplicito tardo-rivoluzione sessuale, sono rimasta sconvolta. Qualcuno aveva ricevuto un'educazione sessuale che non era puro terrorismo, per di più condita del fascino che solo le animazioni veramente brutte hanno.

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La prima puntata di L'albero della vita, disponibile su YouTube.

La serie, prodotta dallo studio di animazione francese Folimage all'inizio degli anni Novanta, per idea del fondatore dello studio Jacques-Rémy Girerd, si suddivideva in capitoli brevi, ognuno dedicato a un aspetto specifico della sessualità e della riproduzione. Era pensata per i bambini tra i 4 e i 12 anni e sfruttava perfettamente l'archetipo narrativo della nonna canta storie—pur imbottendolo di contenuti scientifici. Anna e Paolo, cugini tra loro, si fanno raccontare dalla nonna (che amo pensare abbia un passato da sufraggetta brucia-reggiseni che ha sfidato la propria famiglia pur di laurearsi in biologia con una tesi su Alfred Kinsey) perché uno di loro ha il pene e l'altra la vagina, come si fanno i bambini, e via discorrendo. La nonna prende spunto dall'album fotografico di famiglia per introdurre i vari argomenti, che sono poi illustrati in dettaglio da orsetti, cellule e quadri rinascimentali.

Come praticamente chiunque appartenente alla mia generazione, ho assimilato le prime nozioni di biologia dalla serie animata Esplorando il corpo umano—altro capolavoro dell'animazione francese prodotto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta—finita su Mediaset con il titolo di Siamo Fatti Così (se l'avete letto come lo pronunciava Cristina D'Avena, siete della squadra). Anche Esplorando il corpo umano antropomorfizzava le cellule per illustrarne le funzioni in modo più comprensibile ai bambini, ma in nessuna puntata la serie arrivava a spiegare che cosa fosse un clitoride. Cosa che fa invece L'albero della vita, addirittura associando al dettaglio anatomico una squadra di delfini felici che fanno le capriole in aria. L'associazione clitoride-delfini felici sembra una di quelle immagini potenti da introiettare in infanzia, una di quelle che sanno tornare utili, come la psichedelia in Dumbo.

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"Nascosto sotto la pelle, c'è un piccolo bottoncino, che si chiama clitoride." Screencap via

Bisogna dire che la serie si dimostra eccessivamente ingenua di tanto in tanto: quando la nonna spiega a Paolo che gli spermatozoi sono grandi sostenitori del lavoro di squadra—genuinamente felici per il fortunato che entra per primo nell'ovulo—sta chiaramente mentendo, per evitare che il bambino si prenda male, sapendo che ad ogni eiaculazione i suoi testicoli genereranno le truppe per una guerra all'ultimo sangue.

Il famosissimo spirito di squadra degli spermatozoi. Screencap via

Per essere un prodotto di oltre vent'anni fa, però, la sensazione generale che trasmette è stranamente positiva, con tematiche che fanno da presagio alle politiche anti-shaming che spopolano oggi tra YouTube e Tumblr. Nella prima puntata, quando la nonna mostra una foto di Paolo bimbetto al mare con gli organi genitali in vista, l'imbarazzo del bambino viene smorzato subito dalle parole della vecchia, "È difficile parlare delle proprie parti più intime come del tuo pisellino. Ma vedete, tutti gli esseri viventi hanno un sesso—ci sono i maschi e le femmine ed è così dalla notte dei tempi," dice, mentre si vede un'allegorica foglia di fico cadere dai genitali di un'intera fattoria di animali.

Prosegue poi parlando della struttura e della forma del pene—spiegando come la seconda vari da persona a persona, come fanno naso e mento—e dell'erezione, che può capitare "sotto la doccia, durante il sonno, o anche al risveglio, senza che ci sia un motivo particolare. È del tutto normale, ed è anche piuttosto piacevole." Insinuare che la sessualità sia legata al piacere anziché alla vergogna in un cartone per bambini? Come dicevo, pura avanguardia.

Screencap via

Non stupisce quindi che le cassette VHS di questa serie animata siano diventate una sorta di Santo Graal dell'educazione sessuale per bambini; doppiata in italiano e distribuita con il quotidiano Repubblica nel 1993, la serie è poi diventata merce di contrabbando su forum risalenti alla metà degli anni 2000, quando YouTube non era ancora l'affidabile pozzo senza fondo che è oggi.

Siamo d'accordo che vedere questo cartone alle medie o alle superiori sarebbe stato ridicolo, perché per quanto Anna e Paolo siano sorprendentemente intelligenti per la loro età—tanto da ricordarsi la parola "cromosomo" di puntata in puntata—restano due bambini che si fanno spiegare la differenza tra un pene e una vagina, cosa che a una certa età hai già chiara per forza. Ma perché questo capolavoro dell'educazione sessuale non ha fatto parte della mia istruzione alle elementari? Sarebbe stato probabilmente sufficiente a creare un cuscinetto di consapevolezza in grado di contrastare la stupidità delle informazioni distribuite successivamente da qualsiasi insegnante incapace.

Oggi la serie è interamente disponibile su YouTube, dove qualche commento suggerisce che sia ancora materiale di lezione per certi illuminati professori. È bello pensare che qualche bambino stia imparando ancora oggi—grazie a Anna, Paolo e la loro nonna—i nomi scientifici degli organi genitali, a non vergognarsi del proprio risveglio ormonale e ad associare per sempre il clitoride a un branco di delfini felici.