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Queste creature appena scoperte sono talmente inattive che ci costringono a ridefinire il concetto di ‘vita’

"Sembra che la maggior parte di questi organismi vivano a regimi energetici che sono sotto quello che credevamo possibile per restare in vita."
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT
Un carotaggio sul fondale marino nel 2014. Immagine: Geoff Wheat, NSF OCE 1130146, e la National Deep Submergence Facility
Un carotaggio sul fondale marino nel 2014. Immagine: Geoff Wheat, NSF OCE 1130146, e la National Deep Submergence Facility

L’espressione “low energy” (“a basso consumo energetico”) viene normalmente usata come termine dispregiativo per indicare pigrizia o apatia. Ma per le misteriose forme di vita nascoste nelle profondità degli oceani terrestri—un habitat senza luce e praticamente privo di sostanze nutritive—essere “low energy” è l’unico modo per sopravvivere.

Ora, un team di scienziati ha scoperto che queste creature straordinarie “sussistono con un flusso di energia inferiore a quanto era stato considerato in precedenza il minimo per sostenere la vita, mettendo in discussione il limite di potenza della vita,” secondo uno studio pubblicato il 5 agosto 2020 su Science Advances.

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Mettiamolo in prospettiva: la potenza sviluppata da un umano medio è la stessa che serve per far funzionare una ventola da soffitto. Questi organismi hanno una potenza di circa 50 quintilioni (nella scala americana, è come dire cinquanta volte un miliardo di miliardi) più bassa di così, secondo le rilevazioni di questo studio. Questa scoperta significa che certe forme di vita possono essere così incredibilmente inattive che siamo costretti a rivedere la nostra concezione di vita sulla Terra (o nell’universo intero).

“C’è questo habitat nei sedimenti sotto il fondale marino che ci era totalmente sconosciuto solo pochi decenni fa,” ha detto il principale autore dello studio James Bradley, scienziato ambientale della Queen Mary University di Londra, al telefono.

“Questo è visto come un ambiente molto limitante dal punto di vista dell’energia, ma contiene una grande abbondanza di vita microbica,” ha proseguito. “Il numero di cellule contenute nei sedimenti del substrato marino globale è equivalente al numero di cellule in tutte le terre emerse o in tutti gli oceani del pianeta.”

Gli scienziati si sono imbattuti nell’esistenza di questa biosfera decine d’anni fa estraendo dei carotaggi in tutto il mondo, dalle regioni costiere agli oceani aperti. Queste spedizioni hanno rivelato che la vita, sotto forma di cellule microbiche intatte, ha trovato una strada anche in nicchie che possono trovarsi anche chilometri sotto il fondo del mare.

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Bradley e i suoi colleghi hanno usato raccolte di dati globali da queste esplorazioni del fondale per calcolare la disponibilità di energia di queste forme di vita estremamente frugali. Il modello numerico del team si è concentrato su come l’ecosistema digerisce particelle di carbonio organico—perlopiù i resti di cose morte—che piovono sul fondo da livelli più alti dell’oceano.

“I dati raccolti ci fanno pensare che l’ossidazione di carbonio organico, il consumo di questa materia organica, sia la primaria fonte di energia per la vita nella sottosuperficie,” ha spiegato Bradley. “È un sistema isolato dalla luce e si basa sull’input di questo materiale organico che affonda e si posa sul fondale, lo penetra e si deposita.”

“Abbiamo usato un modello numerico per prevedere il flusso di energia attraverso il sistema, il numero di cellule che ci sono e il tasso di carbonio organico che si è degradato e che fornisce una parte dell’energia,” ha detto.

Come potrai immaginare, la vita in queste zone buie si muove a un ritmo diverso dal nostro lussurioso mondo di superficie. Nella sottosuperficie le cellule microbiche viventi esistono in una specie di vita sospesa che può durare anche un milione di anni.

“Sembra che la maggior parte di questi organismi vivano a regimi energetici che sono sotto quello che credevamo fosse possibile per il mantenimento minimo—solo per restare in vita—quindi l’idea che ci sia una crescita diffusa o divisione cellulare non sembra molto probabile,” ha detto Bradley.

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“Si tratta delle stesse cellule, o almeno di parenti molto vicine a quelle che sono state depositate decine di migliaia, centinaia di migliaia o anche milioni di anni fa?” ha aggiunto. “Penso che sia una domanda valida.”

Fa impressione l’idea di condividere questo pianeta con forme di vita che riescono a svolgere le attività biologiche di base consumando così poco carburante. Ma questo fa anche luce sulla potenziale abitabilità di altri mondi nel sistema solare, come Marte o Europa, e sulle possibilità che pianeti che orbitano attorno ad altre stelle possano ospitare vita propria.

“Quello che vediamo in questo studio è che questi organismi hanno una relazione con l’energia radicalmente diversa dalle forme di vita che conosciamo,” ha detto Bradley. “Se è possibile che degli organismi sopravvivano per un tempo lunghissimo con un apporto meno che minimo di energia, allora è il caso di allargare l’idea degli habitat in cui potremmo andare a cercare la vita.”

Questa considerazione è piuttosto stuzzicante se pensiamo a pianeti come Marte, che gli scienziati pensano sia stato potenzialmente abitabile per i microbi più di tre miliardi di anni fa. Forse i microbi marziani si sono ritirati nella sottosuperficie eoni fa e sono rimasti ad aspettare che sul pianeta rosso tornassero condizioni favorevoli a una vita più “attiva”.

Nessuno può saperlo, naturalmente, ma è un segnale incoraggiante che la biosfera più profonda, che è l’ecosistema più alieno che si possa incontrare sulla Terra, brulichi di vita, per quanto strana e antica. Le scoperte degli scienziati si riferiscono a sedimenti che risalgono fino a 2,6 milioni di anni fa, ma il team spera di recuperare ulteriori campioni che arrivino anche a 50 o 100 milioni di anni.

“Sarebbe bello essere in grado di espandere questa struttura numerica fino ad arrivare a comprendere quegli ambienti,” ha detto Bradley. “C’è da aspettarsi di scoprire che gli ambienti più antichi sussistano a livelli di energia uguali o addirittura inferiori a quelli che abbiamo rilevato qui.”

“Mentre continuiamo a esplorare siti a cui è ancora più difficile accedere, siti che sono più caldi, siti che sono stati isolati, diciamo, dalle dinamiche della Terra per periodi di tempo più lunghi, potremmo cominciare a trovare aree dove non esiste vita,” ha concluso. “Ma finora, nella maggior parte dei posti in cui abbiamo cercato, abbiamo trovato queste cellule-zombie.”