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Tecnologia

Perché 'INSIDE' è il videogioco indie del momento

Il nuovo titolo degli sviluppatori di Limbo è incredibile—Non c'è molto altro da aggiungere.
via Playdead

Era il luglio del 2010 quando, per l'ormai storica Xbox 360 di Microsoft, usciva Limbo: si tratta del titolo che, assieme a Braid di Jonathan Blow del 2008, contribuì al definitivo affermarsi della scena indipendente dei videogiochi. L'opera prima di Playdead, lo studio di sviluppo di Limbo, condivideva con il gioco di Blow la struttura di platform bidimensionali con elementi puzzle—I due videogame, però, non potevano essere più diversi: se Braid appariva come una colorata fiaba malinconica, il bianco e nero di Limbo donavano all'opera di Playdead delle forti tinte horror, anche grazie alle morti cruenti del bambino protagonista ad evidenziare i fallimenti del giocatore.

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L'indubbio fascino estetico di Limbo e la sua narrazione mai esplicita, che porta ad un'interpretazione non univoca delle tematiche del gioco, ne hanno decretato l'enorme successo, attirando non solo le lodi della critica o dei videogiocatori più dediti, ma anche quelle del grande pubblico. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se i Playdead sono tornati con INSIDE, attualmente disponibile per Xbox One e PC, per riprendere il loro discorso sul modo di intendere i videogiochi iniziato sei anni fa con Limbo.

Perché INSIDE ha davvero molto di Limbo dentro sé, a cominciare dalla struttura di gioco. Anche questa volta il giocatore è chiamato a controllare un ragazzino e a muoverlo in un platform bidimensionale dove, spesso, enigmi ambientali e prove di destrezza fermeranno il suo cammino. Tutto inizia con un'affannosa fuga da uomini dal volto mascherato, intenti ad arrestare la corsa di un bambino che deve agire e pensare piuttosto velocemente, superando anche brevi sezioni da stealth game. Le guardie sono implacabili e i loro cani ancor di più: se i primi sono inamovibili nel catturare il fuggitivo, per poi ricondurlo non si sa esattamente dove, i secondi sono ben più crudeli, pronti ad eseguire il loro compito anche sbranando l'obiettivo.

Ancora una volta, la violenza in INSIDE è presente e sa persino essere raccapricciante, con effetti sonori che evidenziano sin troppo bene il rumore di ossa e membra che si spezzano sotto le fauci canine.

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Mentre il giocatore aiuta il ragazzino nella sua fuga, alternando successi a disfatte, cominciano a fioccare le domande: da cosa fuggiamo? E perché? Qual è il motivo dietro tanta determinazione da parte dei nostri inseguitori? La mente non può che volare al nazifascismo e ai relativi campi di concentramento: e se INSIDE fosse la storia di un ragazzino che cerca di non essere vittima dell'Olocausto?

INSIDE appare subito come una lunga lotta ad un potere costituito che ingloba tutto con il suo grigiore.

Ma forse la risposta non è così semplice. La narrazione di INSIDE infatti non è mai esplicita, ma scorre via, trovando spesso il suo svolgimento sui fondali di schermate in cui i toni scuri dominano, talvolta spezzati da affascinanti giochi di luce. Ancora una volta, come in LIMBO, il "gioco" non è limitato solo a ciò che è visibile su schermo, ma finisce per includere lo stesso giocatore che è portato a interrogarsi continuamente sul senso delle proprie azioni e su quelle del suo avatar virtuale. Ecco allora che quando il bambino, tramite un macchinario, è chiamato a comandare degli strani omuncoli senza volontà pur di proseguire, la prospettiva sembra ribaltarsi.

Perché INSIDE appare subito come una lunga lotta ad un potere costituito che ingloba tutto con il suo grigiore che, però, viene rotto dalla maglietta rossa del ragazzino in fuga; tuttavia, per proseguire, il giocatore è chiamato a sfruttare gli stessi esseri assoggettati dal sistema che tenta di scardinare dall'interno. Un sistema, per giunta, fatto quasi esclusivamente da adulti che però, verso il termine, non possono che provare empatia per ciò che sembra spezzare la routine a cui sono abituati. I due bei finali, uno "canonico" e l'altro riservato solo a chi è in grado di scovare tutti gli oggetti nascosti nel gioco, sono anche loro aperti e soggetti a diverse interpretazioni.

via Playdead

INSIDE, preso nei suoi singoli aspetti, presenta dei punti deboli. Come evidenziano alcune delle recensioni più critiche su Steam, il gameplay può a volte apparire semplicistico e a volte la sensazione di trovarsi di fronte a un "trial and error" è fortissima; allo stesso tempo, qualcuno potrebbe obiettare che 20€ non sono pochi per un titolo che dura appena una manciata di ore. Eppure, queste problematiche si fanno sempre più lontane man mano che si prosegue nel gioco. Vuoi per le splendide animazioni del protagonista che per fluidità riportano alla mente quello dello storico Prince Of Persia, vuoi ancora perché riesce a far comprendere al giocatore la strada da intraprendere senza alcuna riga di testo, spiegando al contempo, seppur ambiguamente, il suo mondo che sembra attingere tanto dal cinema impressionista degli anni Trenta quanto dalla narrativa di fantascienza di fine Ottocento.

L'amalgama di INSIDE, imperfezioni comprese, finisce per funzionare benissimo, regalando un'esperienza estremamente coinvolgente. L'ottimo punteggio di Metacritic ne testimonia la buona accoglienza di pubblico, mentre su Steam fioccano giorno giorno dopo recensioni di utenti entusiasti del titolo Playdead. Un gioco che, per certi versi, è ancora più estrema di Limbo, rinunciando ancor di più all'aspetto ludico per portare avanti il discorso, quello della casa di sviluppo danese, che vede nel videogioco un potente mezzo espressivo. Opere come INSIDE sembrano dargli ragione, ancor più del precedente Limbo.